«Signora, lei è rovinata», è così che una farmacista di Roma ha risposto a Sara de Simone prima di comunicarle che il Plaquenil, farmaco che assume tutti i giorni da anni, non era più disponibile. «Ho chiamato a tutte le farmacie che ho trovato su internet», racconta, ma la risposta è stata sempre la stessa: «Non sappiamo quando tornerà disponibile».
Il Plaquenil, nome commerciale dell’idrossiclorochina, è un antimalarico utilizzato nella terapia delle malattie reumatiche come quella di Sara, la Sindrome di Sjögren. Da un paio di settimane risulta difficile reperirlo in qualsiasi farmacia del territorio nazionale: «Mi hanno contattato tantissimi pazienti, da Torino a Sciacca, e nessuno di loro mi ha detto: “Sono tranquillo perché qui da me c’è”. A Roma poi la situazione è proprio disperata, non si trova da nessuna parte, neanche il generico», racconta Sara. L’improvvisa scomparsa sarebbe da ricollegare all’utilizzo del Plaquenil come farmaco sperimentale per curare il Covid-19, abbinato agli antivirali. La Sanofi, la casa farmaceutica che lo produce, non riesce a coprirne la domanda.
Della questione si è interessata subito l’Anmar, l’Associazione nazionale malati reumatici. La presidentessa, Silvia Tonolo, dopo aver ricevuto anche da Federfarma la conferma che il farmaco era introvabile, ha inviato una lettera all’Aifa, l’Azienda italiana del farmaco, al viceministro della Salute Sileri e alla Sanofi. L’azienda francese ha fatto sapere che, nelle ultime due settimane, ha distribuito più del doppio del quantitativo standard del prodotto, per cui non risulta nessuna carenza. Il problema sarebbe dovuto a un ritardo nella catena distributiva causato dalla forte richiesta. La soluzione suggerita ai malati cronici è quella di farsi fare dal proprio medico una ricetta rossa con procedura “ordine urgente” con cui i farmacisti possono contattare direttamente la casa farmaceutica e ottenere prima il farmaco.
I farmacisti, però, sostengono di aver già tentato questa strada, senza risultati. «C’è un dato oggettivo: il farmaco non si riesce a trovare», ripete Sara, la cui rabbia, specifica, non è solo individuale ma “politica”, perché riguarda tutti i pazienti come lei. «Perché nessuno ci ha avvertiti? Il Sistema sanitario nazionale, gli specialisti, le autorità. Perché abbiamo dovuto scoprire da soli, così soli, che il nostro farmaco viene impiegato negli ospedali lasciando noialtri sprovvisti? Non si potevano razionalizzare le scorte? Avete i nostri nomi, le nostre esenzioni sono registrate», scrive Sara in un post su Facebook.
La Sanofi ha assicurato che sta aumentando la produzione del Plaquenil e che il suo utilizzo negli ospedali non interferirà con le terapie dei malati cronici. «Una farmacista di Cagliari ha detto che sono passati quelli dell’ospedale a prendere tutte le scatole rimanenti», afferma però Sara che si chiede chi, in questa storia, stia dicendo la verità.
I malati che assumono regolarmente il Plaquenil temono che l’Aifa, che dovrebbe controllare la disponibilità dei farmaci, non abbia la situazione sotto controllo. Il farmaco in questione, infatti, non risulta nella lista dei medicinali carenti stilata dall’Agenzia, ed è grave, secondo molti, che continui a ripetere che il farmaco sia presente sul territorio quando invece è introvabile. «L’Aifa ha autorizzato l’idrossiclorochina off-lable, quindi senza emettere un protocollo specifico», afferma Silvia Tonolo: «L’Aifa può controllare anche questo tipo di farmaci?», si chiede.
Se il Plaquenil della Sanofi non risulta nei farmaci carenti, nella lista c’è però la clorochina Bayer, anch’essa promossa per essere utilizzata con i malati di Covid-19. «Già non si trova normalmente, come potremmo mai trovarlo ora che verrà utilizzato da molte più persone?», si chiedono i malati reumatici. Silvia Tonolo a riguardo solleva un altro dubbio: «Quando inizieranno a circolare le nuove scorte dei farmaci in questione, chi avrà precedenza, le farmacie ospedaliere o quelle territoriali a cui i malati cronici fanno riferimento? Va bene anche aspettare qualche settimana, capiamo la situazione di emergenza, ma se l’assenza di questo farmaco mi modifica la qualità della vita e mi fa peggiorare la patologia, non vedo perché dovrei rinunciarci».
Sara de Simone e molti altri come lei fanno appello all’articolo 32 della Costituzione: «Quello alla salute è un diritto fondamentale, deve essere garantito a tutti», dice Sara, che aggiunge: «Avere una malattia reumatica non vuol dire avere soltanto mal di schiena o mal di collo. Sono malattie degenerative che interessano tutto il corpo. Interrompere un piano terapeutico è pericolosissimo, perché vorrebbe dire andare incontro a danni su tutto l’organismo», spiega Sara. Macchie sul corpo, ulcere, dolori articolari e muscolari, affanno, danni a organi come fegato, reni o polmoni: queste solo alcune delle conseguenze a cui andrebbero incontro i malati reumatici se interrompessero la terapia con il Plaquenil o con la semplice clorochina, diverse a seconda della patologia.
Anche in Francia, primo paese dove idrossiclorochina e clorochina sono state utilizzate nelle cure per il Covid-19, i malati reumatici non riescono più a trovare i farmaci per loro indispensabili, tanto che il governo ne ha bloccato l’esportazione e ne ha limitato la vendita con due decreti. Il ministro della Salute francese, Olivier Véran ha confermato che l’idrossiclorochina può essere prescritta e somministrata ai pazienti con coronavirus solo negli ospedali che li hanno in carico o comunque sotto prescrizione medica. I decreti sono stati espressamente richiesti dai farmacisti francesi che per giorni hanno rimandato indietro i cittadini che volevano fare scorte di Plaquenil.
In Italia, è stata la Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) a raccomandare l’utilizzo dell’idrossiclorochina solo sui pazienti Covid-19 con polmonite o su anziani sintomatici o a rischio, e sempre associata agli antivirali. La stessa Sanofi, in uno degli ultimi comunicati lanciati in Italia, ha chiesto il supporto al personale sanitario per razionalizzare le scorte, riservando il Plaquenil solo se essenziale per continuare una terapia. Ha inoltre specificato di venderlo sotto prescrizione medica, evitando l’accaparramento incontrollato.
Va ricordato poi che per l’Organizzazione mondiale della sanità «non ci sono ancora sufficienti evidenze scientifiche sull’efficacia dell’idrossiclorochina» e che il farmaco potrebbe avere gravi effetti collaterali, per cui la somministrazione va accompagnata da esami clinici di controllo.
Nonostante l’impegno preso da Sanofi, nessuno ha dato garanzie su quando il farmaco tornerà disponibile nelle farmacie. Questo genera preoccupazione e ansia nei malati reumatici che, nell’emergenza Covid, rientrano nella categoria dei pazienti più a rischio, perché spesso sono immunodepressi per via delle terapie che seguono.
I problemi per questa categoria di malati non riguardano solo l’accaparramento dei farmaci, ma anche l’accesso alle terapie ospedaliere. Molti hanno dovuto rinunciare o perché i propri centri di riferimento sono stati trasformati in centri Covid o per evitare l’esposizione al virus, più frequente negli ospedali. In alcuni casi l’infusione del farmaco non può essere sostituita con altre modalità di somministrazione, in altri si è potuto sostituire la flebo con la terapia sottocutanea.
Quest’ultimo è il caso del Tocilizumab, altro farmaco utilizzato in reumatologia e ora impiegato per la cura del Covid-19. La Società Italiana Reumatologia (Sir) ha invitato i pazienti interessati ad adottare la terapia sottocutanea anche per evitare «di interferire con gli approvvigionamenti del farmaco intravenoso che sarà principalmente dedicato, in questa fase, all’emergenza epidemica». La stessa Società ha interpellato la Roche, casa farmaceutica del Tocilizumab, la quale ha «assicurato che sta facendo ogni sforzo per non fare mancare il farmaco sottocutaneo ai presidi reumatologici», così da garantire la continuità delle terapie. Eppure Francesco Le Foche, responsabile del Day Hospital di immunoinfettivologia del Policlinico Umberto I di Roma, in un’intervista a Il Sole 24 Ore ha affermato che: «Il Tocilizumab è difficile, se non impossibile, da reperire in questi giorni negli ospedali. Non abbiamo mai avuto una richiesta così alta e la forte carenza è dovuta alla grande Richiesta per l’utilizzo in pazienti con Covid-19».
L’emergenza sanitaria quindi sembra estendersi anche a chi non è direttamente affetto da coronavirus, producendo una gran quantità di vittime collaterali a cui le istituzioni e gli enti coinvolti faticano a dare risposte. Questo ruolo viene quindi coperto da associazioni che riuniscono pazienti, parenti e reumatologi, come l’Anmar già citata o il Gruppo italiano per la lotta alla sclerodermia (Gils), che in questi giorni sta stilando una lista sempre aggiornata dei servizi offerti dagli Scleroderma unit, i centri di riferimento per i malati di Sclerosi sistemica. La gran parte di questi ha confermato le terapie per infusione solo ai casi più urgenti, ma tutti hanno un numero o un’email di riferimento da contattare per dubbi o problemi. «È importante che i malati cronici non si sentano abbandonati», dice Carla Garbagnati, presidentessa del Gils, «Mi ha chiamato una signora di Molfetta che aveva bisogno di aiuto e le ho fornito la lista dei centri che poteva chiamare. Qualche giorno dopo mi ha ricontattata per ringraziarmi perché aveva risolto e non si era sentita sola».
Il Gils sta inoltre monitorando la presenza dei farmaci sul territorio, in modo da sapere sempre dove iniziano a scarseggiare: «Appena qualche reumatologo ci dice che sta finendo un farmaco, facciamo la segnalazione: è una rete. Per le malattie rare fare rete è fondamentale, perché è facile essere dimenticati», dice Carla.
Questa rete è molto attiva non solo nelle associazioni di riferimento, ma anche sui gruppi Facebook delle associazioni.
In questi giorni di emergenza si riempiono di domande, consigli e preoccupazioni. G.P., adolescente della provincia di Caserta, scrive per la zia: «Da agosto è senza una cura perché è diventato impossibile recuperare la clorochina Bayer. Le sue patologie stanno prendendo il sopravvento e ora è terrorizzata visti i nuovi scenari». Chiede se qualcuno può consigliarle qualcosa. Una ragazza dice che ha a disposizione tre scatole intere che non utilizzerà perché le hanno cambiato la terapia. Si mettono d’accordo, gliele invierà per posta, sfidando le file e le limitazioni di questi giorni di quarantena.
Carla Garbagnati in questa emergenza vede anche un’opportunità: «Per la cura del Covid hanno trovato proprio due farmaci usati in reumatologia, forse questa è la volta buona per dare un input importante alla ricerca delle malattie rare e reumatiche. L’epidemia ci sta dimostrando che abbiamo tutti bisogno di studiare anche le malattie che coinvolgono poche persone, perché un giorno quello studio potrebbe essere utile a tutta la collettività».