Fino a poco tempo fa non esisteva una risposta europea alla crisi causata dal coronavirus e ogni Paese andava da solo. L’Unione europea non era capace di coordinare le politiche. Adesso la situazione è un po’ cambiata. Dopo lunghe trattative finalmente l’Eurogruppo ha trovato un accordo nella notte del 9 aprile. Si è approvato un pacchetto di aiuti di 540 miliardi di euro che poggia su tre pilastri. Il primo: i Paesi più colpiti dal virus possono ricevere dal Mes (Meccanismo europeo di stabilità) 240 miliardi di euro per combattere le conseguenze della pandemia. Il secondo pilastro è un fondo di garanzia della Banca europea degli investimenti (Bei) con 25 miliardi di euro per permettere alle imprese investimenti fino a 200 miliardi e infine il terzo è costituito dal programma Sure (Support to mitigate unemployment risks in an emergency), 100 miliardi per proteggere i lavoratori – una sorta di cassa integrazione europea. In più – questo si potrebbe chiamare il quarto pilastro – l’Eurogruppo ha preso l’impegno a lavorare per il Fondo per la ripresa economica nei prossimi anni.
Quello che non è stato concordato sono gli eurobond, oggi chiamati anche coronabond. Gli appelli internazionali da parte di economisti, politici, intellettuali ed anche del mondo della cultura, con personaggi di grande rilievo come per esempio Jürgen Habermas o Margarethe von Trotta, non sono stati ascoltati. Questo accordo è fallito per l’opposizione in particolare dei governi dei Paesi Bassi e della Germania. Il governo tedesco – che era già stato responsabile del rifiuto di tali bond e quindi di un aiuto comune alla Grecia con conseguenze catastrofiche a livello umano per il popolo greco – oggi vuole che…
* Heinz Bierbaum, docente di Economia all’Università di scienze applicate del Saarland, è presidente del partito della Sinistra europea
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