Delfini nei porti di Cagliari e Trieste, cigni nei canali di Burano e vicino alle paratie dei navigli, a Milano. A Venezia, i germani reali fanno il nido all’attracco dei vaporetti, a piazzale Roma. A Sassari, cinghiali fra piazza Italia e Corso Umberto, in pieno centro storico. A Pula, nel sud ovest della Sardegna, cervi e daini fanno capolino sui campi da golf e si rinfrescano nelle piscine delle ville del resort di Is Molas. L’erba spunta indisturbata tra la pavimentazione a piazza del Plebiscito, a Napoli, e a piazza del Campo, a Siena. Si sono riaffacciati anche fiori e piante selvatiche. Spiagge e strade centrali, località turistiche e parchi urbani, sempre affollati, improvvisamente deserti. Con la natura che è tornata protagonista, anche in città.
«Uscì a camminare per il centro, la mattina. S’aprivano larghe e interminabili le vie, vuote di macchine e deserte, le facciate delle case, … erano chiuse come spalti … Marcovaldo capì che il piacere non era fare cose insolite, quanto il vedere tutto in un altro modo: le vie come fondovalli, o letti di fiumi in secca, le case come blocchi di montagne scoscese, o pareti di scogliera». Anche il Marcovaldo di Calvino per un periodo dell’anno riesce ad appropriarsi della città nella quale vive. Immaginandola diversa. Ma terminato quel tempo la città tornerà come “prima”.
Accadrà lo stesso, ora. È più che probabile. L’allentamento progressivo delle misure imposte dalla pandemia suggeriranno il ritorno alla consueta “normalità”. Anzi provocheranno un’accelerazione, repentina. In nome della ripresa economica. Che tutti vogliamo. Ma che non dovrebbe sacrificare i nostri paesaggi. Né i luoghi della cultura, né quelli naturali.
Con questa preoccupazione il Forum “Salviamo il paesaggio”, una rete civica nazionale di oltre mille tra associazioni e comitati, e di decine di migliaia di singoli aderenti, alla fine di marzo ha inviato una lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Chiedendo una ripresa che non cannibalizzi le nostre reclamizzate specificità. Suggerendo finalmente una visione, «per collegare economia, occupazione, benessere sociale e tutela ambientale». Per evitare che i molti progetti per i quali erano state avviate le procedure di Valutazione di impatto ambientale prima che si scatenasse la pandemia, nelle prossime settimane vengano approvati. Dalle montagne al mare l’Italia sarà sotto assedio. Di nuovi impianti eolici e fotovoltaici, di nuove centrali geotermiche, ma anche di nuove discariche e nuovi termodistruttori e, nelle aree montane, di nuove strutture sciistiche. In nome della rincorsa alle energie rinnovabili. Perché il turismo non prevede deroghe. Mai. Naturalmente con l’urbanistica peggiore ancora protagonista.
Nuove costruzioni invaderanno le coste più celebri. A partire dalla Sardegna, dove il nuovo Piano casa, che la maggioranza di centrodestra ha fortissimamente voluto, mette a rischio le norme di tutela delle coste, contenute nel Piano paesaggistico regionale approvato nel 2006. L’hotel “Le Dune Piscinas”, un albergo da poche camere, affacciato sulla spiaggia di Piscinas, ad Arbus, nel Sud Sardegna? Da riqualificare con servizi implementati. Gli oltre 70mila mq., dei quali più di 12mila in prossimità della costa, a Monte Turnu, nel Comune di Castiadas? Da “valorizzare” con un hotel stellare. Due interventi per un unico programma immobiliare. Al quale la giunta Solinas ha riconosciuto ad aprile «il preminente interesse generale e la rilevanza regionale». Nonostante l’esistenza di vincoli paesaggistici, di conservazione integrale e culturale. Salvo poi fare marcia indietro, almeno riguardo al progetto di Monte Turnu, dopo le proteste di opposizione e associazioni ambientaliste. Ora a decidere sull’hotel stellare sarà l’ufficio Tutela del paesaggio della Regione, che dovrà comunque attenersi al parere vincolante della Soprintendenza per l’archeologia, le belle arti e il paesaggio. Insomma la partita è tutta da giocare.
Altrove nuovi impianti geotermici stravolgeranno pezzi di territori. A partire dalla Toscana. Alle porte del sito Unesco della Val d’Orcia, nel comune di Abbadia San Salvatore, la società Sorgenia Geothermal srl ha presentato alla Regione il progetto della centrale geotermica “Le Cascinelle”. Le strutture si estenderanno su 53.400 mq, il corrispondente di undici campi di calcio. Senza contare che l’area d’intervento ha una forte valenza archeologica, per la presenza diffusa di ritrovamenti di età romana e medievale, oltre che di un tratto della via Francigena. Il coordinamento Ecosistema val d’Orcia, che da mesi ne denuncia le diverse criticità, ha richiesto a Sorgenia un’inchiesta pubblica, rimasta finora senza risposta. Intanto ci sono i pareri negativi della Soprintendenza, della Commissione paesaggistica dell’Unione dei comuni e dell’ufficio tecnico del Comune di Abbadia San Salvatore. Dal 9 marzo l’istruttoria è stata sospesa.
Sul fronte del fotovoltaico, che già conta tanti impianti, l’allarme si è acceso sul Lazio, nel quale sono stati presentati diversi progetti. Come quelli previsti tra Montalto, Arlena, Tuscania, Tessennano e Viterbo. In tutto ventiquattro tra impianti e centrali fotovoltaiche, estesi su oltre 2.100 ettari. In pericolo c’è la sopravvivenza di ambiti archeologici, tra l’età etrusca e quella medievale, ma anche l’agricoltura locale. Per questo il Mibact sta provando ad opporsi in ogni modo. «Non siamo in Arizona», ha tuonato Margherita Eichberg, soprintendente per l’area metropolitana, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale.
Possono mancare nuovi impianti eolici? Certo che no! In Basilicata che già guida la classifica delle regioni, si continuano a presentare progetti. Come quello della società Inergia Lucana srl per la realizzazione del parco eolico “Piani di Piedina”, costituito da dieci aerogeneratori nel territorio di Venosa.
Pendono giudizi anche su diversi elettrodotti. Il caso più eclatante? Il “Ciminna”, che coinvolge ventiquattro comuni e sei province siciliane. Regione, Cassa depositi e prestiti e Terna hanno firmato un accordo di programma che prevede anche la realizzazione di questa infrastruttura. Peccato che i 171 km di tracciato siano stati già bocciati sia dal Tar che dal Consiglio di Stato. Ma Terna non demorde.
I rifiuti da smaltire sono un problema. Così diverse regioni e comuni cercano una soluzione. A Morgongiori, nell’oristanese, l’amministrazione comunale ha avuto l’idea di realizzare una discarica per rifiuti non pericolosi, provvista di cella per quelli contenenti amianto, in una cava dismessa. Un impianto con una volumetria utile di 175mila mc. Sul monte Arci, un’area di grande valore ambientale. Senza contare che gran parte dei terreni nei quali si vorrebbe realizzare il progetto non sono nella disponibiltà del Comune che ne ha solo la gestione. In attesa della Via il Comune ha affidato il progetto alla società A&T Project Srl.
Nel territorio di Tarquinia, in località Pian d’Organo, la Società 2A2 Ambiente si propone di realizzare un termodistruttore di rifiuti con recupero energetico. Un impianto che dovrebbe trattare 481mila tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi all’anno. Centinaia di migliaia di trasporti di rifiuti e di ceneri a due passi da una delle più importanti necropoli etrusche. In un territorio a vocazione agricola. Per questo diverse associazioni ambientaliste tra cui il Gruppo di intervento giuridico hanno manifestato le loro contrarietà.
Spostandosi nelle regioni settentrionali cambiano le criticità, ma non le preoccupazioni. Un esempio? Il collegamento sciistico fra il Comelico, nel Bellunese, e la Val Pusteria, in Alto Adige. Un progetto che prevede due nuovi impianti di risalita e tre nuove piste, oltre ad un ampio bacino per l’innevamento artificiale, nei pressi di Bagni di Valgrande, in prossimità delle sorgenti sulfuree. A dicembre il Mibact ha posto un vincolo sull’area in gran parte interessata dal progetto. Ma le popolazioni locali e tutti gli amministratori, da Fdi al M5s, passando per la Lega, non demordono. Il turismo prima di tutto.
Sono molti i progetti che incombono su tanti territori. Basta scorrere le liste dei procedimenti autorizzativi regionali in corso, per averne una piena consapevolezza. Per rendersi conto del rischio che corre il paesaggio e con esso le persone che lo abitano. In pericolo ci sono l’ambiente naturale e le testimonianze del passato. Insieme alla salute di intere comunità.
«Non si può mica continuare ad accettare tutto quello che sta succedendo adesso, questi imbrogli … Ci si può battere … Si può fare molto», dice Masera, il vecchio falegname che in gioventù era stato comunista, a Quinto Anfossi, il protagonista de La speculazione edilizia di Calvino.
Nel caso in cui la ripresa non terrà nel giusto conto il nostro patrimonio ambientale come quello artistico-storico-archeologico sarà necessario farsi sentire. Cercando di indirizzare le politiche, piuttosto che subirle, ancora. In fondo, come il Marcovaldo di Calvino si tratta solo di «vedere tutto in un altro modo».
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