Da oltre vent’anni è noto il rapporto tra inquinamento prodotto dalle attività umane e aumento delle malattie soprattutto tra gli anziani. Oggi che sono loro i più colpiti da Covid-19 è ancora più urgente ragionare su un diverso modello di sviluppo, specie in Pianura padana

Geograficamente la Pianura padana (o anche padano-veneta) comprende gran parte della popolazione del Nord Italia (esclusi solo gli abitanti di montagna), nelle regioni Piemonte, Lombardia, Emilia e Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia, per un totale di oltre 20 milioni di abitanti. Quando si osserva dall’alto questa area, attraverso i satelliti, si nota, anche quando il cielo è sereno, una costante presenza di una coltre di foschia grigio-giallognola: non sono né nubi né nebbia (che pure si trovano spesso nel cielo), ma smog, cioè un insieme di gas e particelle inquinanti.

Sono più di vent’anni che scienziati di varie discipline (biologi, ambientalisti, chimici ed epidemiologi) documentano il grave inquinamento, soprattutto atmosferico, della Pianura padana e il rilevante numero di malati e morti che questa condizione comporta. Nel Nord Italia gli inquinanti, gas e particelle sospese (aerosol e polveri fini), prodotti dalle diverse attività, restano a lungo nell’aria che poi respiriamo, la cui qualità non solo è peggiore rispetto al resto d’Italia, ma non ha pari, in senso negativo, in tutta l’Unione europea, secondo l’Agenzia europea per l’ambiente (Aea).

Le cause di questa situazione sono molteplici: anzitutto va ricordato che la Pianura padana è circondata da montagne: ad ovest e a nord le Alpi e a sud gli Appennini, rimane aperta solo la parte ad est, dove troviamo il mare Adriatico. Questa condizione geografica rende l’aria stagnante per buona parte dell’anno e quindi gli inquinanti perdurano a lungo nell’aria, salvo quando piove o arrivano forti venti.

Inoltre le regioni padano-venete sono densamente abitate (vi vive oltre un terzo di tutti gli italiani) e qui si trovano la maggior parte delle…

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