«È arrivato il momento di agire», scrivono alcuni dei maggiori intellettuali africani che, pur vivendo in Paesi diversi e lontani, hanno fatto rete e hanno stilato un appello collettivo per spingere a ripensare profondamente il modello di sviluppo che genera sempre maggiori disuguaglianze fra Nord e Sud, aggravate ora dalla pandemia di Covid-19. È necessario un radicale cambio di paradigma scrivono in una lettera aperta ripresa dal Guardian il 13 aprile scorso ma rilanciata anche da molti altri media. Abbiamo ripensato a quelle autorevoli parole, tornando questa settimana a fare rotta verso Sud, accendendo i riflettori sul Meridione italiano da cui poteva ripartire una fase 2 utile a tutta l’Italia. E tornando ad occuparci di Africa alla ricerca di un cambio di prospettiva, di un nuovo modo di vivere e di pensare la società.

In Italia «la locomotiva del Nord non traina più». Il sistema capitalistico che sfrutta risorse e persone mostra sempre più la corda. È emersa con drammatica evidenza la sua totale incapacità nell’affrontare emergenze come questa pandemia, essendo tarato sulla massimizzazione del profitto, considerando le persone solo se e in quanto utili nel ciclo produttivo. Lo abbiamo descritto e denunciato nelle scorse settimane, analizzando il neodarwinismo sociale made in Great Britain ma anche tutti i limiti del tanto decantato modello Lombardia, basato sulla privatizzazione della sanità e sul “produrre a tutti i costi”, che ci è costato perdite umane inaccettabili.

Dal Sud d’Italia e dall’Africa arrivano voci e proposte che hanno un “suono” diverso sulle quali non possiamo non riflettere, perché ci interrogano profondamente.

Ne abbiamo compreso la grandissima portata anche leggendo quella lettera firmata da un centinaio di intellettuali africani. Fra loro il nigeriano Wole Soyinka, premio Nobel per la letteratura nel 1986, il saggista Makhily Gassama e lo scrittore Cheikh Hamidou Kane, solo per citare i primi firmatari.

La lettera va subito al sodo, fin dalle prime righe: «La pandemia del nuovo coronavirus sta mettendo a nudo quello che le classi medie e ricche delle principali megalopoli del continente hanno fatto finora finta di non vedere», scrivono gli autori rivolgendosi ai leader africani, ma non solo. «Per evitare che la crisi, non solo sanitaria, legata alla pandemia di Covid-19 degeneri chiediamo ai nostri politici di agire con compassione, intelligenza e tatto in questa situazione straordinaria con cui tutto il mondo si sta confrontando», ha detto Ndongo Samba Sylla, economista senegalese della Fondazione Rosa Luxemburg di Dakar, all’africanista Andrea De Giorgio di Internazionale. «Per fare ciò, però, dobbiamo ristrutturare i nostri sistemi politici dalle fondamenta, rimettendo al centro l’essere umano» ha ribadito Sylla che è coautore di questo manifesto.

Vale la pena riportarne qualche altro brano: «L’Africa e il sud del mondo devono svegliarsi e riprendere in mano il proprio destino, alla luce delle enormi risorse materiali e umane di cui dispongono... Le diverse forme di resilienza e creatività messe in campo in questi giorni da tanti giovani scienziati e ricercatori africani sono la prova delle enormi potenzialità del nostro continente...». E ancora si legge nel documento: «Bisogna rimettere al centro il valore di ogni essere umano, a prescindere dall’identità o dall’appartenenza, dalla logica del profitto, del dominio e della monopolizzazione del potere».

Purtroppo là dove al governo ci sono leader autoritari come in Egitto, in Turchia, là dove ci sono governi corrotti o ancora subalterni a modelli coloniali come in Sudafrica il modello di lockdown all’occidentale non ha funzionato per tutti. Nei Paesi più poveri dell’Africa troppo spesso le bidonville obbligano a vivere accalcati in spazi ristretti, il distanziamento sociale e la possibilità di avere accesso all’acqua per lavarsi le mani sono condizioni irraggiungibili. Ancor peggiore è la condizione dei profughi come raccontano in questo speciale Africa i reportage di Antonella Napoli e l’approfondimento di Stefano Galieni. E se il Covid-19 fa paura in Africa, ancor più fa paura la malaria che uccide ancora moltissimo in un continente depredato di risorse, dipendente dagli aiuti internazionali, intrappolato nella morsa del debito, sfruttato dalle multinazionali.

Per uscire da questa spirale «è necessario un nuovo ordine mondiale che rimetta l’essere umano e l’umanità al centro delle relazioni internazionali: l’agricoltura, le fonti di energia rinnovabili, le infrastrutture, la formazione e la salute».

Anche su questo punto il nuovo manifesto degli intellettuali africani offre spunti di riflessione ineludibili: «L’Africa deve riconquistare la libertà intellettuale e la capacità di creare. Deve smettere di subappaltare le proprie prerogative, riconnettersi con le realtà locali, abbandonare l’imitazione sterile, adattare la scienza, la tecnologia e i programmi di ricerca ai propri contesti storici e sociali». Dalla loro visione anche noi abbiamo molto da imparare.

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L'editoriale è tratto da Left in edicola da venerdì 22 maggio
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«È arrivato il momento di agire», scrivono alcuni dei maggiori intellettuali africani che, pur vivendo in Paesi diversi e lontani, hanno fatto rete e hanno stilato un appello collettivo per spingere a ripensare profondamente il modello di sviluppo che genera sempre maggiori disuguaglianze fra Nord e Sud, aggravate ora dalla pandemia di Covid-19. È necessario un radicale cambio di paradigma scrivono in una lettera aperta ripresa dal Guardian il 13 aprile scorso ma rilanciata anche da molti altri media. Abbiamo ripensato a quelle autorevoli parole, tornando questa settimana a fare rotta verso Sud, accendendo i riflettori sul Meridione italiano da cui poteva ripartire una fase 2 utile a tutta l’Italia. E tornando ad occuparci di Africa alla ricerca di un cambio di prospettiva, di un nuovo modo di vivere e di pensare la società.

In Italia «la locomotiva del Nord non traina più». Il sistema capitalistico che sfrutta risorse e persone mostra sempre più la corda. È emersa con drammatica evidenza la sua totale incapacità nell’affrontare emergenze come questa pandemia, essendo tarato sulla massimizzazione del profitto, considerando le persone solo se e in quanto utili nel ciclo produttivo. Lo abbiamo descritto e denunciato nelle scorse settimane, analizzando il neodarwinismo sociale made in Great Britain ma anche tutti i limiti del tanto decantato modello Lombardia, basato sulla privatizzazione della sanità e sul “produrre a tutti i costi”, che ci è costato perdite umane inaccettabili.

Dal Sud d’Italia e dall’Africa arrivano voci e proposte che hanno un “suono” diverso sulle quali non possiamo non riflettere, perché ci interrogano profondamente.

Ne abbiamo compreso la grandissima portata anche leggendo quella lettera firmata da un centinaio di intellettuali africani. Fra loro il nigeriano Wole Soyinka, premio Nobel per la letteratura nel 1986, il saggista Makhily Gassama e lo scrittore Cheikh Hamidou Kane, solo per citare i primi firmatari.

La lettera va subito al sodo, fin dalle prime righe: «La pandemia del nuovo coronavirus sta mettendo a nudo quello che le classi medie e ricche delle principali megalopoli del continente hanno fatto finora finta di non vedere», scrivono gli autori rivolgendosi ai leader africani, ma non solo. «Per evitare che la crisi, non solo sanitaria, legata alla pandemia di Covid-19 degeneri chiediamo ai nostri politici di agire con compassione, intelligenza e tatto in questa situazione straordinaria con cui tutto il mondo si sta confrontando», ha detto Ndongo Samba Sylla, economista senegalese della Fondazione Rosa Luxemburg di Dakar, all’africanista Andrea De Giorgio di Internazionale. «Per fare ciò, però, dobbiamo ristrutturare i nostri sistemi politici dalle fondamenta, rimettendo al centro l’essere umano» ha ribadito Sylla che è coautore di questo manifesto.

Vale la pena riportarne qualche altro brano: «L’Africa e il sud del mondo devono svegliarsi e riprendere in mano il proprio destino, alla luce delle enormi risorse materiali e umane di cui dispongono… Le diverse forme di resilienza e creatività messe in campo in questi giorni da tanti giovani scienziati e ricercatori africani sono la prova delle enormi potenzialità del nostro continente…». E ancora si legge nel documento: «Bisogna rimettere al centro il valore di ogni essere umano, a prescindere dall’identità o dall’appartenenza, dalla logica del profitto, del dominio e della monopolizzazione del potere».

Purtroppo là dove al governo ci sono leader autoritari come in Egitto, in Turchia, là dove ci sono governi corrotti o ancora subalterni a modelli coloniali come in Sudafrica il modello di lockdown all’occidentale non ha funzionato per tutti. Nei Paesi più poveri dell’Africa troppo spesso le bidonville obbligano a vivere accalcati in spazi ristretti, il distanziamento sociale e la possibilità di avere accesso all’acqua per lavarsi le mani sono condizioni irraggiungibili. Ancor peggiore è la condizione dei profughi come raccontano in questo speciale Africa i reportage di Antonella Napoli e l’approfondimento di Stefano Galieni. E se il Covid-19 fa paura in Africa, ancor più fa paura la malaria che uccide ancora moltissimo in un continente depredato di risorse, dipendente dagli aiuti internazionali, intrappolato nella morsa del debito, sfruttato dalle multinazionali.

Per uscire da questa spirale «è necessario un nuovo ordine mondiale che rimetta l’essere umano e l’umanità al centro delle relazioni internazionali: l’agricoltura, le fonti di energia rinnovabili, le infrastrutture, la formazione e la salute».

Anche su questo punto il nuovo manifesto degli intellettuali africani offre spunti di riflessione ineludibili: «L’Africa deve riconquistare la libertà intellettuale e la capacità di creare. Deve smettere di subappaltare le proprie prerogative, riconnettersi con le realtà locali, abbandonare l’imitazione sterile, adattare la scienza, la tecnologia e i programmi di ricerca ai propri contesti storici e sociali». Dalla loro visione anche noi abbiamo molto da imparare.

L’editoriale è tratto da Left in edicola da venerdì 22 maggio

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