«Il Brasile si è trasformato nel principale focolaio di trasmissione del virus Covid-19 nel mondo. Il governo brasiliano ha perso la mano nel controllo della pandemia», a dirlo è il professor Domingos Alves, docente alla facoltà di medicina all’università di Ribeirão Preto, nello Stato di São Paulo. La conferma è arrivata anche dall’Oms: venerdì 22 maggio Michael Ryan, direttore esecutivo del programma per le emergenze sanitarie, ha dichiarato che l’America Latina è diventato il nuovo epicentro del coronavirus.
Già a inizio mese le Nazioni Unite ammonivano il Paese sudamericano, affermando che le politiche del presidente Jair Bolsonaro stavano mettendo a rischio la vita di milioni di brasiliani. L’appello è caduto nel vuoto ed ora il Brasile fa i conti con una crisi non solo sanitaria, ma anche politica ed economica. Per questo motivo (e non solo) i partiti dell’opposizione reclamano a gran voce l’inizio della procedura di impeachment nei confronti del presidente Bolsonaro. L’esercito, che in alcuni momenti della pandemia sembrava scontento della gestione dell’emergenza, ha smentito ogni ipotesi di intervento per bocca del generale e ministro della Sicurezza istituzionale Augusto Heleno.
In poche settimane la nazione carioca è diventata il secondo Paese per numero di contagi, dopo gli Stati Uniti e prima della Russia, con più di 300mila casi. Per il portale Covid-19 Brasil, costituito da un gruppo di ricercatori ed esperti brasiliani che si occupa di monitorare il virus nel Paese, il dato è fortemente sottostimato. Secondo i loro studi e calcoli i casi sarebbero più di tre milioni, ossia dieci volte tanto quelli riportati dalle statistiche ufficiali. Una discrepanza così marcata è dovuta al fatto che in Brasile si fanno troppi pochi test a causa della scarsità dei tamponi.
Attualmente, su 5.570 città brasiliane, 3.398 hanno almeno una persona infetta. Nel Nord, la zona più povera e disagiata del Paese, la situazione è ancor più drammatica: qui si registra il più alto numero di contagi e di morti e il sistema sanitario è al collasso. Ardigò Martino, docente di antropologia medica presso l’Università Federale del Mato Grosso do Sul, parla di una decisione presa a tavolino dal governo. Martino, durante un incontro organizzato lo scorso 18 maggio dalla Siam (Società italiana di antropologia medica) sull’emergenza Covid-19 in Brasile, ha posto l’accento sul fatto che il nord-est del Paese è volutamente lasciato a se stesso da Bolsonaro perché lì vivono gli afro-discendenti, in gran parte elettori del Pt, partito dell’ex presidente Lula. Vittime del coronavirus e delle politiche scellerate di Jair Bolsonaro sono anche gli indios dell’Amazzonia, che sono stati contagiati dai garimpeiros (i moderni cercatori d’oro), e gli abitanti delle favelas, all’interno delle quali muoiono il 150% degli infetti, come dice Ardigò Martino. L’elevato numero di decessi è da attribuirsi ad una mancata diagnosi tempestiva.
A peggiorare la situazione interna si sono aggiunti i contrasti che il presidente Bolsonaro ha avuto con i suoi due ministri della salute: prima con Luiz Henrique Mandetta e poi con il successore Nelson Teich. Mandetta è stato cacciato perché favorevole alle misure del lockdown e perchè molto popolare tra i brasiliani ben più del presidente stesso, fatto che non piaceva per nulla a Bolsonaro. Mentre Teich, che nel suo primo giorno da ministro della salute aveva dichiarato di essere allineato alle posizioni del presidente, si è dimesso lo scorso 15 maggio, perché non voleva autorizzare, su pressione di Bolsonaro, l’utilizzo della clorochina come farmaco anti Covid-19. Ci ha pensato il neo ministro (ad interim), il generale Eduardo Pazuello, a soddisfare le richieste del presidente Jair Bolsonaro. Sono 21 i militari che in questo momento si trovano al ministero della Salute, di cui solo due hanno esperienze pregresse nel campo medico o della sanità. Pazuello ha dato il via libera all’uso dell’idrossiclorochina nei casi più lievi di coronavirus. Tuttavia uno studio appena pubblicato dalla rivista scientifica The Lancet ha smentito che l’antimalarico possa produrre dei benefici nei pazienti affetti da Covid-19, ma anzi aumenterebbe il rischio di morte e causerebbe problemi al cuore.
Il Brasile è l’unico Paese al mondo ad aver cambiato due ministri della salute e uno della giustizia durante la pandemia. A Mandetta e Teich si è aggiunto l’ex giudice superstar Sergio Moro, famoso per l’Operazione Lava Jato, la Mani Pulite brasiliana, che ha lasciato l’incarico perché contrario a rimuovere, su pressante richiesta del presidente, i vertici della Polizia Federale che stavano indagando sui traffici poco chiari della sua famiglia, in particolar modo dei suoi tre figli.
La crescita esponenziale del virus in Brasile preoccupa i vicini sudamericani, su tutti l’Argentina, ma anche gli Stati Uniti. Il presidente Donald Trump ha infatti deciso di chiudere le frontiere ai cittadini brasiliani a partire dal 29 maggio ufficialmente con lo scopo di proteggere il suo popolo dal diffondersi del contagio. Un duro colpo per Bolsonaro, per cui Trump è da sempre un punto di riferimento e con cui condivide l’essere contrario alle misure di lockdown e favorevole all’uso della clorochina.
Nonostante la delicata fase che sta attraversando il Paese, il presidente Jair Bolsonaro organizza grigliate con gli amici, va in moto d’acqua sul Lago Paranoá a Brasilia e trova tempo anche per fare ironia sull’aumento dei contagi, affermando di non essere in grado di fare miracoli pur chiamandosi Messias (Messia) di secondo nome. Boa sorte Brasil.