Rispetto al 2018 è triplicato il numero di chi non si può permettere un periodo di vacanza: sono 24 milioni, il 55 per cento degli italiani adulti. Persiste la paura del contagio ma pesano soprattutto i problemi economici o la necessità di lavorare nei mesi estivi

Le riviste di settore prevedono che le prossime vacanze saranno più green e di breve durata, flessibili, destagionalizzate e di prossimità. Soprattutto, però, saranno per pochi. Per il turismo, 13% del Pil, è una delle recessioni più gravi della sua storia, 20 miliardi andati in fumo tra alloggio, ristorazione, trasporto e shopping (stime Coldiretti) di fronte ai quali i 2,4 miliardi stanziati dal governo per il bonus sono un pannicello caldo – la Francia ne ha stanziati 18 di miliardi di euro.
Rispondendo a un sondaggio di Ecobnb, community del turismo sostenibile (2 milioni di utenti l’anno) il 37% degli intervistati prevede una settimana di vacanza, il 26% solo pochi giorni, il 25% due settimane, solo il 7% tre settimane o più. Il 55% degli italiani adulti non andrà proprio in vacanza, secondo una ricerca commissionata dal portale Facile.it. Significa 24 milioni, di persone, dato triplicato rispetto al 2018, il 43% per problemi economici, il 28,7% per paura, una percentuale che al Sud e nelle Isole schizza al 37,6%. «La paura di viaggiare oggi è sopravvalutata: le informazioni e le immagini di persone che sono partite spingeranno a farla diminuire per imitazione, naturalmente se non si accenderanno nuovi focolai», suggerisce Nicolò Costa, che insegna sociologia del turismo a Tor Vergata. Con i suoi studenti Costa ha provato, durante il lockdown, a intercettare le tendenze. «Si è intensificato un processo già in atto – spiega a Left -, lo scivolare verso il basso della scala sociale è iniziato già da prima del coronavirus».

Al primo posto, tra i gruppi sociali che non si muoveranno da casa, ci sono le persone ridotte in povertà. Una ricerca di Coldiretti ha appena rivelato che c’è un milione di poveri in più grazie alla crisi innescata dal Covid. Salgono quindi a 3,7 milioni le persone che hanno bisogno di aiuto per mangiare. Fra i nuovi poveri ci sono coloro che hanno perso il lavoro, piccoli commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere, le persone impiegate nel sommerso rimaste senza sussidi e non hanno risparmi accantonati, come pure molti lavoratori a tempo determinato o con attività saltuarie. Le maggiori criticità si registrano…

L’inchiesta prosegue su Left in edicola dal 29 maggio

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