Il razzismo nordamericano di cui è rimasto vittima George Floyd è in buona sostanza lo stesso che pervadeva il fondatore de “Il Giornale”

Era già successo. Le attiviste di Non una di meno avevano versato vernice rosa sulla testa di Indro Montanelli formato statua. Mica al tempo di quegli slogan così fastidiosi per certuni: «Tremate, tremate, le streghe son tornate», solo un anno fa. L’8 marzo, manco a dirlo. Rivendicazione in nome di Destà, la bambina etiope («animalino selvatico ma docile» per dirla col “gran maestro del giornalismo”) «comprata assieme a un cavallo e un fucile per 500 lire». Diceva – il “gran” – che era usanza (certo, non obbligatoria, ma «usanza»). Si diceva «madamato», significava stupro. Beh, l’interpretazione di quel «madamato» da parte del “maestro” pare sia stata molto estensiva, stando allo stesso manuale coloniale sui Principi di diritto consuetudinario dell’Eritrea pubblicato a cura del Ministero delle Colonie.

Come spiega il collega Maurizio Peggio – che di quel manuale possiede una copia – «è vero che nel diritto eritreo esisteva un matrimonio a termine chiamato damòz, che venne reso illegale dopo la guerra di liberazione dall’Italia, ma quell’istituto prevedeva diverse misure a protezione della sposa che però non vennero mai rispettare dalla dominazione coloniale italiana». Era inoltre previsto che l’età delle spose-bambine non fosse inferiore ai 14 anni, e che lo sposo-adulto non avesse un’età che superasse i 5 anni di differenza. Consuetudine, a cui si appellava Montanelli (e ora i suoi fan) voleva 3 anni al massimo di differenza. Lui ne aveva tre volte tanti (rispetto ai 5 non ai 3): cioè come quei barbagianni che in certe regioni del mondo sposano (comprano) spose-bambine provocando tutto il nostro occidentalissimo sdegno. Si sdegnano pure quelle voci corse in aiuto dell’onore montanelliano.

Nessuna «legge del luogo», quindi, come qualcuna di quelle voci ha acrobaticamente cercato di spiegare su giornali e tv. Va anche ricordato anche che la pedofilia (ché è di questo che stiamo parlando) era inquadrata come reato già dal fascistissimo Regio decreto dal codice Rocco. Sento già il rumore degli «e allora questo?», «e allora quello?». Portandomi avanti ricorderò i criminali Luigi Cadorna e Nino Bixio. Di loro ci si ricorda raramente e malamente, il “gran maestro” è invece regolarmente attenzionato da qualche anno…

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