Le immagini oniriche realizzate durante la pandemia possono riflettere la situazione storico sociale e culturale in cui siamo immersi. La nostra mente però non è una tabula rasa e ciascuno di noi si rapporta con la realtà ed elabora quello che vive attraverso il filtro della propria fantasia e sensibilità

La pandemia, evento morboso di natura infettiva esteso a tutta l’umanità, rientra nella categoria dei “disastri”. Il disastro è una situazione di stress collettivo legato a situazioni in seguito alle quali è impedito lo svolgimento di funzioni essenziali del vivere sociale. Pandemia e disastro sono sinonimi di crisi o “catastrofe” termine che nella Poetica di Aristotele indicava il punto culminante della tragedia caratterizzato dal passaggio brusco del protagonista da uno stato di benessere ad uno di infelicità di fronte alla soluzione, di solito luttuosa, del dramma. La catastrofe, come suggerisce l’etimologia della parola, è un rivolgimento, un rovesciamento improvviso che introduce una discontinuità, una frattura nella vita di una persona, di una comunità o dell’intera umanità. Karl Jaspers, agli inizi del Novecento, accennava alle psicosi da catastrofi, fenomeni psicopatologici
collettivi e reattivi ad eventi di particolare gravità. In seguito si sono individuati i “Disturbi post traumatici da stress”, ai quali oggi si fa continuo riferimento o le varie “sindromi da disastro”. Andando oltre le descrizioni sintomatologiche e le categorie nosografiche molti ricercatori si sono concentrati in tempi recenti sullo studio dei sogni cercando di comprendere a quali modificazioni essi vadano incontro in seguito ad eventi catastrofici in particolar modo nel periodo dell’emergenza da coronavirus. Mettere in relazione sogno e realtà storico sociale, nello specifico la pandemia da Covid-19, comporta implicitamente…


L’articolo prosegue su Left del 29 gennaio – 4 febbraio 2021

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