Non è bastata la candidatura di Pablo Iglesias e una partecipazione al voto elevata, oltre il 75%, per permettere alla sinistra di sparigliare quelle destre madrilene al governo della regione da 26 anni.

La destra spagnola vince senza ambiguità e si tiene ben stretta Madrid e la sua regione. Questo è il risultato delle elezioni per il nuovo governo della Comunità di Madrid, convocate in fretta e furia a marzo dalla presidente Isabel Ayuso, del Partito Popolare, per evitare una possibile mozione di sfiducia pensata dal Psoe e da Más Madrid, la formazione nata da una scissione di Podemos. È così che si è arrivati a queste elezioni decisive per il futuro della comunità e della gente di Madrid, ma determinanti anche per il resto della Spagna. Non è bastata una partecipazione al voto elevata, oltre il 75%, per permettere alla sinistra di sparigliare quelle destre madrilene al governo della regione da 26 anni. Ogni sforzo è stato inutile, anche la candidatura diretta di Pablo Iglesias, che ora annuncia di voler abbandonare la politica istituzionale.

C’è stata una crescita per Podemos, 3 seggi in più, e il consolidamento di Más Madrid, che smette di essere “il partito di Errejón” con la nuova leadership di Mónica García e supera il Psoe che ha ottenuto il peggior risultato di sempre. Ai socialisti che hanno perso ben 13 seggi e al suo candidato Gabilondo non resta che l’opposizione. Dal fronte della destra liberale scompare Ciudadanos, formazione in caduta libera da più di un anno e mezzo. La vittoria netta è tutta per il Partito Popolare: si aggiudica un numero di seggi che supera in blocco quelli di tutta la sinistra. Ayuso è il punto di riferimento della nuova destra, si affaccia dal balcone della sede di partito e urla che «la libertà ha trionfato a Madrid» e Casado, il presidente dei popolari, la stringe tra le braccia e afferma che questo risultato è una vera mozione di sfiducia nei confronti del sanchismo.

Isabel Díaz Ayuso è arrivata a queste elezioni preceduta da un’enorme popolarità per aver permesso alle imprese, a tutti i negozi, ai bar e ai ristoranti di rimanere aperti nonostante le severe restrizioni stabilite in piena pandemia dal governo Sánchez. Lo aveva detto a gran voce «.. la sera compro dove voglio, consumo dove mi va. E se vado a messa, a una corrida o in discoteca, lo faccio perché ne ho voglia. Vivo a Madrid e per questo sono libera.. in queste elezioni si sceglie il modello di paese che vogliamo». I sondaggi avevano previsto l’ampia vittoria per la leader del Partito Popolare e adesso è stata sciolta anche l’incognita della maggioranza assoluta necessaria per poter governare da sola, con questo risultato sarà sufficiente l’astensione di Vox, il partito dell’ultradestra con idee contrarie alla democrazia. Resta l’appoggio incondizionato e i suoi 13 seggi a disposizione di Ayuso, per facilitarne l’investitura.

È stata una campagna elettorale davvero bizzarra e senza esclusione di colpi, tra minacce di morte ai candidati e dibattiti elettorali in televisione abbandonati dai partecipanti, con slogan inneggianti al fascismo e alle libertà, mentre in tutta l’area di Madrid la stolta gestione della pandemia, tra un aperitivo e l’altro, faceva salire il tasso di infezione ben al di sopra della media nazionale.

Ora è in gioco come uscirà dalla pandemia la regione che registra il maggior numero di morti e contagi e quale strada prenderà per la ripresa economica, ma è chiaro che il risultato di questa elezione trascende le elezioni regionali. Chissà se Madrid resterà allineata con il governo Sánchez nella gestione dei fondi europei e con l’idea del governo di coalizione per un maggior impegno di investimento nei servizi pubblici. Ora, con questa ascesa della destra e una possibile riluttanza di Bruxelles ad accettare le riforme pensate dal governo spagnolo per il lavoro e per le pensioni, con un prevedibile ritardo nel pagamento dei fondi di salvataggio dell’Ue che potrebbe riportare il Pil nazionale a una crescita negativa, le prospettive del dominio elettorale di Sánchez potrebbero presto cambiare.