Real Madrid e Villareal. Poi l’Inter e la Fiorentina. E questa estate il passaggio al Centro storico Lebowski. In Promozione. Così il giocatore spagnolo ha aderito al progetto di calcio popolare fondato da un gruppo di ultras di Firenze

Quella del Centro storico Lebowski è una storia di calcio. E una storia politica. Romantica, per favore, no. Quasi tutti in queste settimane l’hanno raccontata così: la squadra di dilettanti in cui va a giocare il campione che fino a due mesi fa giocava in Serie A, la società in mano ai tifosi, i valori di una volta, un quadretto virato seppia in cui ogni cosa sta nel posto in cui dovrebbe stare. Borja Valero Iglesias, trentasei anni, spagnolo di Madrid, il calciatore che dopo quasi un decennio in Serie A tra Fiorentina e Inter ha deciso di continuare a tirare calci a un pallone accettando una proposta che alle stesse persone da cui era stata concepita sembrava nient’altro che una magnifica visione, ha in effetti sembianze da uomo d’altri tempi. La lunga barba scura che pende da un cranio spoglio, la faccia scavata, occhi scaltri, un fisico e un’attitudine da filosofo quasi più che da atleta. Real Madrid, la cantera e tre presenze in prima squadra, Maiorca, West Bromwich, Villareal. Poi la Fiorentina, cinque stagioni di fila, le tre all’Inter, un’ultima, quella chiusasi a maggio, ancora con i viola. Pensava di rinnovare per un altro anno, Borja, e invece la Fiorentina ha preferito di no. Ma lui e sua moglie Rocío avevano già deciso di rimanere a vivere a Firenze. E quando è arrivata la chiamata del Lebowski non ci hanno pensato troppo. Nell’estate in cui hanno cambiato maglia Messi, Cristiano Ronaldo e Lukaku, l’ha fatto anche Borja Valero. Da quella viola dei gigliati a quella grigio-nera del Lebowski, dallo stadio Artemio Franchi all’Ascanio Nesi di Tavarnuzze. Dalla Serie A alla Promozione.

Il Lebowski non è una società di dilettanti qualsiasi. «Ho visto entusiasmo, organizzazione e soprattutto mi sono riconosciuto nei loro valori», ha detto Valero in un’intervista rilasciata il 19 agosto alla Nazione. Un pezzo firmato da Benedetto Ferrara, e questo non è un dettaglio. Perché chi ha reso possibile l’operazione è stato proprio lui. Giornalista, scrittore, autore teatrale. E a fare teatro con lui c’è anche Giovanni Concutelli. Uno del Lebowski. La prima visione di Borja Valero in grigio-nero è stata sua, anni fa. Ferrara ha fatto da tramite, e quest’estate è scoccata la scintilla.
Il Centro storico Lebowski nasce nel 2010, ma i ragazzi del Lebowski c’erano già dal 2004, quando facevano ancora le superiori (v. L. Fargnoli su Left del 18 gennaio 2019, ndr). E in Terza categoria, a Firenze Nord, c’era una squadra che perdeva sempre. Si chiamava Ac Lebowski, come il protagonista del film dei fratelli Coen, aveva una casacca grigia e nera. Questo gruppo sparuto di adolescenti fiorentini cominciò ad andare a vederla giocare tutte le domeniche. All’inizio i calciatori si innervosirono, pensavano che volessero prenderli in giro. Invece no. Quei ragazzini volevano divertirsi, volevano fare casino. Volevano essere gli…

*-* L’autore: Giovanni Dozzini è giornalista,  traduttore e autore di diversi romanzi tra cui “Qui dovevo stare” (Fandango), “E Baboucar guidava la fila” (Minimum fax)


L’articolo prosegue su Left del 10-16 settembre 2021

Leggilo subito online o con la nostra App
SCARICA LA COPIA DIGITALE

SOMMARIO