Ogni giorno nel mondo 137 donne vengono uccise dal partner, dall’ex o da un parente. I femminicidi non avvengono mai all’improvviso ma nessun Paese, compresa l’Italia, investe adeguatamente in tutela delle vittime e azioni di prevenzione e contrasto. Pesano le zavorre culturali di matrice patriarcale e religiosa. L’allarme di ActionAid

«Ero una bambina. A 13 anni sei una bambina. Ma questo non è bastato a proteggermi perché mio padre mi ha venduto a uomo sconosciuto che aveva 23 anni più di me. Ho pianto così tanto dopo il matrimonio, fino a farmi mancare il respiro. Sono stata obbligata a una vita del genere perché era così che capitava, era una cosa comune nel nostro villaggio, qui in Afghanistan. Non ho avuto la forza o l’occasione per ribellarmi, ma quando mia figlia ha compiuto 15 anni e mio marito ha cercato di farla sposare ho scelto di lottare per lei, perché non accadesse quello che avevo subito io».

Il matrimonio precoce e forzato subito da Qamar è una violazione dei diritti umani che coinvolge ancora giovani in tutto il mondo: nel 2019 ha riguardato il 16% delle ragazze fra i 15 e i 19 anni (dati Focus2030). Ed è anche una delle tante – troppe – forme della violenza contro le donne. A livello globale, le donne subiscono violenze e discriminazioni in ogni ambito della vita, semplicemente perché sono donne. Possono essere sotto rappresentate nel processo decisionale politico, escluse dalle opportunità economiche e il loro lavoro svalutato all’interno della famiglia. Questa disuguaglianza sistemica ha un forte impatto sui loro diritti e le rende più vulnerabili alla violenza.

«La violenza contro le donne è un problema globale – spiega Katia Scannavini, vice segretaria generale ActionAid Italia – che coinvolge persone di ogni Paese, cultura, condizione economica e sociale. Stiamo parlando di un fenomeno strutturale che tuttavia non viene affrontato con efficacia o con fondi adeguati dalle varie politiche nazionali di prevenzione, protezione e contrasto perché la lotta alla violenza contro le donne non è una priorità».

La punta dell’iceberg sono i femminicidi, con stime che indicano che ogni giorno nel mondo 137 donne vengono uccise dal partner o da un familiare (dati Onu 2020). Il fenomeno è estremamente ampio e oltre a includere violenze fisiche o psicologiche si insinua anche in tradizioni culturali che sfociano nelle mutilazioni genitali femminili – che in Africa, Medio Oriente e Asia coinvolgono, secondo i dati Oms, oltre 200 milioni di donne e ragazze – o nelle aggressioni con l’acido, come quella subita da Jasmen quando aveva solo 16 anni. Il suo aggressore lavorava nel negozio di suo padre e per lei era “lo zio”. Invaghitosi di lei l’ha colpita con l’acido per renderla vulnerabile. In questo modo la famiglia avrebbe certamente acconsentito al matrimonio. «Quella sera avevo finito tardi di studiare per gli esami. Ero a letto quando ho sentito il calore sulla faccia ho pensato che qualcuno mi avesse lanciato dell’acqua calda in faccia, perché bruciava». Solo durante la corsa verso l’ospedale i genitori si sono accorti che non era acqua bensì acido. «Dopo quello che ho subito la vita è…


L’articolo prosegue su Left del 19-25 novembre 2021

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