Che alla fine della spesa di tutti i miliardi che ci arrivano dall’Europa il Paese rischi di essere ancora più diseguale lo continua a ripetere Frabrizio Barca (che di disuguaglianze se ne occupa con serietà) e lo stanno vivendo i lavoratori. Dicono che poi sarà tutto bellissimo, bisogna avere pazienza e sembra la favola della rana bollita.
Ma sicuramente c’é qualcuno che quatto quatto continua a incassare vittorie mentre intorno nessuno ne parla: Lorenzo Guerini. Un perfetto ministro della guerra che sembra trasparente eppure sta facendo ricchi i signorotti del settore, figlio della migliore (o peggiore, secondo i punti di vista) educazione democristiana per cui la pace si predica ma non bisogna mai commettere il peccato di farla davvero.
Come racconta l’osservatorio sulle spese militari italiane Milex nel corso del 2021 il ministro della Difesa del governo Draghi, Lorenzo Guerini, ha sottoposto all’approvazione del Parlamento un numero senza precedenti di programmi di riarmo: diciotto in tutto, di cui ben tredici di nuovo avvio, per un valore già approvato di oltre 11 miliardi di euro e un onere complessivo previsto di oltre 23 miliardi. Dando il via libera a questi programmi, quasi tutti trasmessi alle Camere a tambur battente nell’arco di otto settimane tra fine settembre e metà novembre (due trasmessi ad agosto), le Commissioni parlamentari competenti (Bilancio e Difesa) hanno autorizzato (o lo faranno entro fine anno) spese per quasi 300 milioni nel 2021 e oltre 400 milioni nel 2022. I pareri favorevoli sono stati espressi sempre all’unanimità.
A beneficiarne è soprattutto l’Areonautica militare per oltre 6 miliardi e mezzo di euro complessivi: dall’avvio della fase di ricerca e sviluppo del nuovo caccia di sesta generazione Tempest (2 miliardi dei 6 previsti) ai nuovi eurodroni classe Male, dai nuovi aerei da guerra elettronica Gulfstream alle nuove aerocisterne per il rifornimento in volo Kc-46, dal nuovo sistema di difesa aerea Nato al nuovo centro radar spaziale di Poggio Renatico.
Ben 2,4 miliardi di euro sono per i programmi interforze: i droni kamikaze per le forze speciali e soprattutto le nuove batterie missilistiche antiaeree basate sui missili Aster: il programma più caro, da oltre 2,3 miliardi di euro.
Come faceva notare Oxfam lo scorso aprile «se i governi rinunciassero alle spese militari per sole 26 ore, avremmo 5,5 miliardi di dollari a disposizione per salvare 34 milioni di persone dalla fame nei prossimi mesi in Paesi piegati da guerra, pandemia e cambiamenti climatici». Se poi teniamo conto che il cliente migliore rimane l’Egitto che ci uccise Giulio Regeni (dai 7,4 milioni di euro del 2017 ai 69,1 del 2018, agli 817,7 del 2019 sino a quasi un miliardo dello scorso anno) insieme a Paesi come il Qatar, il Turkmenistan, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, la Cina (peraltro oggetto di un embargo dell’Ue), la Turchia e Israele, ci possiamo rendere benissimo conto quanto interessi dalle parti del ministro Guerini la questione dei diritti umani.
Del resto stiamo parlando dello stesso ministero che in occasione della revoca dell’export di bombe e missili all’Arabia Saudita, accusata di crimini di guerra in Yemen dall’Onu ebbe il coraggio di scrivere: «Il dicastero della Difesa, in conclusione, rimarca come le recenti restrizioni imposte alle esportazioni verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, avendo suscitato perplessità presso le Autorità locali, possano configurare un potenziale rischio di natura economica per tutto il volume dell’export nazionale generalista verso i citati Paesi”. In parole semplici: sono preoccupati per le ricadute economiche, mica per i morti ammazzati.
Non è incredibile che di tutto questo non se ne parli? Non è incredibile che su questo tutto il Parlamento sia compatto e veloce?
Buona rinascita a tutti e buon lunedì.
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