Dopo il terremoto che ha scosso la Francia in ottobre, si è alzata la pressione nei confronti della Conferenza episcopale italiana che è rimasta l’unica, insieme a quella spagnola, a non voler avviare un’indagine interna sul fenomeno criminale della pedofilia. Eppure i numeri che faticosamente emergono sono agghiaccianti. A prescindere dalla reticenza della Cei, un’inchiesta sulla Chiesa, a livello nazionale, deve essere fatta al più presto dal Parlamento

Don Nicola De Blasio: arrestato con l’accusa di pedopornografia online; don Livio Graziano: indagato per abusi su minore; don Emanuele Tempesta: arrestato per abusi su minore; don Vincenzo Esposito: indagato in carcere per induzione alla prostituzione minorile; don Giuseppe Rugolo: a processo per violenza sessuale aggravata su minori presso il Tribunale di Enna; infine un sacerdote, il cui nome non è stato reso noto dalle forze dell’ordine, arrestato in Salento nel settembre scorso con l’accusa di abusi su minore, e un ex sacerdote già cappellano dell’ospedale Perrino di Ostuni (Francesco Legrottaglie) arrestato due settimane fa perché trovato in possesso di un ingente quantitativo di immagini e video di natura pedopornografica. Per Legrottaglie si tratta della terza volta. Era già finito in manette nel 2015, sempre per detenzione di materiale pedopornografico, e nel 1992 quando era cappellano militare a Bari, per “atti di libidine” compiuti su due ragazzine qualche tempo prima, quando era parroco ad Ostuni.

Questa breve cronaca si riferisce a sette presunti casi di pedofilia e/o violenza su minori, collegati più o meno direttamente all’ambiente ecclesiastico, accaduti in Italia tra la fine di agosto 2021 e i primi giorni dello scorso dicembre. I presunti crimini sono accaduti in sette diocesi diverse. Diligentemente i media locali hanno ricostruito le vicende che hanno condotto agli arresti; laddove c’è già un processo in corso ne stanno dando conto e sicuramente informeranno i propri lettori circa l’eventuale condanna o assoluzione del presunto reo. Ma difficilmente chi vive a Benevento, dove è stato arrestato don Nicola De Blasio, saprà di don Emanuele Tempesta, arrestato a Busto Garolfo (Milano); chi vive in provincia di Perugia – dove è stato arrestato don Vincenzo Esposito – conoscerà la storia di don Livio Graziano finito nei guai ad Avellino, e così via.

Fin tanto che le “storie” di pedofilia nel clero saranno ricostruite senza essere contestualizzate in una trama complessiva, mancherà una visione d’insieme del fenomeno criminale.

E l’opinione pubblica italiana resterà ferma nella convinzione che certi episodi siano casi isolati e che diversamente dai cittadini francesi, tedeschi, irlandesi, belgi, olandesi, australiani, statunitensi etc – Paesi in cui sono state svolte inchieste istituzionali su base nazionale che hanno ricostruito fatti accaduti negli ultimi cinque decenni – noi possiamo stare tranquilli: da noi la pedofilia di matrice ecclesiastica è solo un fenomeno marginale.

Ma è davvero così? Proviamo a dare una risposta a questa domanda. In Francia la Commissione Ciase, che dal 2018 al 2021 ha indagato sui presunti crimini pedofili all’interno della Chiesa francese dagli anni 50 in poi, è stata incaricata dell’inchiesta, resa pubblica all’inizio dell’ottobre scorso, sulla base della denuncia di una settantina di casi nell’ultimo decennio e sulla spinta dello “scandalo Barbarin”, il vescovo di Lione riconosciuto responsabile di aver “insabbiato” per anni le denunce contro un prete pedofilo seriale. Al termine dell’indagine, come è tristemente noto, sono stati individuati circa 3mila sacerdoti pedofili e stimate almeno 210mila vittime. In proporzione, numeri simili erano stati riscontrati tra l’inizio e la metà dello scorso decennio al termine delle indagini in Irlanda e Germania, oppure nello Stato Usa della Pennsylvania nel 2018.
Da noi, come abbiamo denunciato tante volte su Left, non esistono statistiche ufficiali sulla pedofilia in generale, men che meno su quella di matrice clericale. Né il governo italiano né la Conferenza episcopale italiana si sono mai preoccupati di valutare le dimensioni e la diffusione di questo crimine.

Sul versante “laico” la situazione è ancora molto lacunosa. Nel 2007 è stato istituito l’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile presso il ministero per le Pari opportunità. Nello stesso anno in quella sede sarebbe dovuta entrare in funzione una banca dati – si legge sul sito del ministero – «volta ad organizzare in modo sistematico il patrimonio informativo proveniente dalle diverse amministrazioni per il monitoraggio del fenomeno e delle azioni di prevenzione e repressione ad esso collegate». L’Osservatorio avrebbe anche dovuto redigere «una relazione tecnico-scientifica annuale a consuntivo delle attività svolte per il monitoraggio e il contrasto degli abusi su bambini e adolescenti nel nostro Paese». Usiamo il condizionale perché dal 2007 al 2021 l’Osservatorio per il contrasto della pedofilia ha funzionato di fatto solo pochi mesi nel 2020 e al momento non è possibile sapere quando riprenderà l’attività dato che anche il sito è offline.

Manca insomma un sistematico monitoraggio e una reale condivisione di dati tra organismi istituzionali e associazioni di volontariato che si occupano di tutela dei minori e delle vittime (come per es. Telefono Azzurro o rete L’Abuso). In assenza di una banca dati nazionale che permetta una rilevazione omogenea e un monitoraggio della casistica, i numeri disponibili sono pochi e non esaustivi. È questo un altro motivo per cui passa l’idea, nell’opinione pubblica, che si tratti di un fenomeno circoscritto a determinati ambiti che di volta in volta finiscono alla ribalta della cronaca (come la scuola o la Chiesa), o specifiche realtà di degrado sociale. «Mentre i dati – come denuncia sovente Telefono Azzurro – ci dicono chiaramente che si tratta di un fenomeno pervasivo, purtroppo presente in tutti i contesti nei quali ci siano bambini».

Sul versante ecclesiastico la situazione è altrettanto lacunosa. Fino a oggi solo due diocesi italiane, in seguito a decine di denunce che peraltro erano rimaste inascoltate per anni, hanno deciso di istituire una commissione d’inchiesta: Bressanone nel 2012 e Verona nel 2013. In entrambi i casi – ormai datati – gran parte delle denunce sono risultate fondate ma la prescrizione ha negato la possibilità di ottenere giustizia alle vittime.

Si è trattato peraltro di commissioni che hanno agito a livello “locale”. La Conferenza episcopale italiana, a differenza di quella francese o tedesca o statunitense solo per fare qualche esempio, non ha mai ritenuto necessario allargare lo “sguardo” sul complesso delle oltre 220 diocesi esistenti nel nostro Paese. E lo ha ribadito con forza anche il 14 ottobre scorso il cardinale presidente, Gualtiero Bassetti, quando gli è stato chiesto se non ritenesse necessario prendere esempio dai colleghi d’Oltralpe. «È pericoloso affrontare la piaga della pedofilia in base a statistiche. La conoscenza del fenomeno, a mio avviso, va fatta scientificamente, non per indagini» ha detto Bassetti. Due domande veloci al capo della Cei: pericoloso per chi? La statistica non è una scienza? «Noi – ha proseguito l’arcivescovo di Perugia – abbiamo fatto la cosa più importante in questo momento: se c’è un fiume che va fuori si mettono gli argini. E stiamo facendo, in accordo con la Santa Sede, un lavoro importantissimo di prevenzione, di monitoraggio nelle diocesi, con esperti che valutano subito i casi». Nessun cenno, fateci caso, alla possibilità di iniziare a collaborare concretamente con la magistratura italiana e denunciare i casi sospetti. No, questi – per la Chiesa italiana – vanno valutati da non meglio precisati esperti.

Senza intento polemico ci verrebbe da dire che il risultato di questo «lavoro importantissimo di prevenzione» andrebbe fatto valutare alle vittime dei sette personaggi di cui abbiamo parlato all’inizio nel caso dovessero risultare colpevoli. Ma tant’è. Per Bassetti l’inchiesta nazionale non s’ha da fare.

Con buona pace del presidente della Cei, qualche dato noi però vogliamo darlo se non altro perché riteniamo le fonti altamente qualificate. Nel 2012 per esempio, monsignor Mariano Crociata, allora segretario generale della Conferenza episcopale, ammise l’esistenza di almeno 135 casi di pedofilia emersi dal 2000 in poi e trattati dalle diocesi italiane. Non si può sapere se qualcuno di questi è finito anche sotto la lente della magistratura italiana, tuttavia seguendo costantemente le cronache la media di un caso di pedofilia clericale al mese è piuttosto costante negli anni Duemila. Probabilmente però si tratta di una stima al ribasso. Lo ricaviamo dalla dichiarazione di un altro insospettabile, il gesuita tedesco mons. Hans Zollner, rilasciata ad AgenSir, l’agenzia dei vescovi italiani, nell’agosto del 2018. «Troppi sacerdoti nello Stato della Pennsylvania, tra il 4 e il 6% nell’arco di 50 anni, hanno agito contro il Vangelo e contro le leggi. Sarebbe stupido pensare che in altri Paesi come l’Italia non sia accaduto lo stesso» ha detto Zollner che, oltre a essere uno psicologo e quindi a conoscere il fenomeno della pedofilia nei suoi molteplici aspetti, è membro della Pontificia commissione per la tutela dei minori (istituita del 2015 da papa Francesco) e presidente del Centre for child protection della Pontificia università gregoriana.

Per farsi un’idea di cosa può voler dire la percentuale del 4-6% ricordiamo che in Italia attualmente risiedono circa 52mila ecclesiastici. Finché questo dato non sarà smentito (e ad oggi nessuno lo ha fatto), magari da una Commissione parlamentare d’inchiesta, può voler dire che negli ultimi 50 anni il clero italiano ha dovuto fare i conti con 2-3mila sacerdoti pedofili. Come in Francia (ma 50 anni fa i preti in Italia erano circa il doppio…). Quindi la domanda è: davvero la situazione è sotto controllo e il nostro Paese è un’oasi “felice” solo sporadicamente sfiorata da quelle vicende criminali che negli ultimi anni hanno inferto ferite profondissime al tessuto sociale in gran parte dei Paesi a tradizione cattolica?
Come vedremo nell’intervista allo psichiatra Andrea Masini, i pedofili sono dei predatori opportunisti. Se messi in condizione di esercitare potere e di crearsi l’opportunità, continueranno ad assecondare il proprio “disegno criminale”. Sono cioè assimilabili a dei serial killer. Quindi, quante sono le vittime in Italia considerando che in Francia è emerso un rapporto di 1:70 (3mila preti pedofili, 210mila vittime)? Si badi bene che nonostante le dimensioni la stima non è irreale, purtroppo. In Irlanda – Paese di 5mln di abitanti, cioè 1/12esimo della popolazione italiana – in un arco temporale di 50 anni sono state documentate quasi 40mila vittime di preti pedofili. E questo è emerso, nel 2010, grazie al lavoro di due diverse commissioni d’inchiesta di Dublino, strumento che come abbiamo detto in Italia non si è mai voluto utilizzare.

Noi di Left riteniamo che la politica e le istituzioni non si possano più sottrarre da questa responsabilità: chiediamo che sia istituita al più presto una commissione parlamentare d’inchiesta sulla pedofilia nella Chiesa italiana.


L’inchiesta è stata pubblicata su Left del 10-16 dicembre 2021

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SOMMARIO

Scrivevo già per Avvenimenti ma sono diventato giornalista nel momento in cui è nato Left e da allora non l'ho mai mollato. Ho avuto anche la fortuna di pubblicare articoli e inchieste su altri periodici tra cui "MicroMega", "Critica liberale", "Sette", il settimanale uruguaiano "Brecha" e "Latinoamerica", la rivista di Gianni Minà. Nel web sono stato condirettore di Cronache Laiche e firmo un blog su MicroMega. Ad oggi ho pubblicato tre libri con L'Asino d'oro edizioni: Chiesa e pedofilia. Non lasciate che i pargoli vadano a loro (2010), Chiesa e pedofilia, il caso italiano (2014) e Figli rubati. L'Italia, la Chiesa e i desaparecidos (2015); e uno con Chiarelettere, insieme a Emanuela Provera: Giustizia divina (2018).