Una farmaceutica sudafricana, col supporto dell’Oms, ha realizzato una “copia” del vaccino di Moderna. Potrebbe essere un’arma importante per immunizzare i cittadini dei Paesi poveri ed evitare nuove varianti. Ma Big pharma e alcuni governi occidentali frenano

Sono passati ormai oltre due anni dall’inizio dell’emergenza Covid, e più di uno da quando in Occidente sono stati autorizzati i primi vaccini contro il coronavirus, ma l’Africa ancora lungi dall’essere protetta perlomeno a livelli modesti dal contagio. Solo l’11% della popolazione del continente, infatti, risulta attualmente vaccinata con ciclo completo, stando ai dati dei Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie (Africa Cdc). Una disfatta che comporta due conseguenze gravi – la persistente vulnerabilità delle fasce più fragili dei cittadini africani rispetto al Covid e il rischio che il virus diffondendosi pressoché indisturbato generi nuove e potenzialmente più pericolose varianti – e che ha due cause principali, l’insufficienza dei programmi internazionali di vaccinazione come Covax (coordinato dall’Oms) e l’ostinazione con cui alcune potenze mondiali continuano ad impedire la sospensione temporanea dei brevetti utili a realizzare i vaccini, Unione Europea, Svizzera e Gran Bretagna in testa.

Per aggirare almeno quest’ultimo fattore che mette in pericolo l’Africa, e provare ad avvicinarsi all’obiettivo del 70% di popolazione vaccinata entro fine anno fissato dai leader dell’Unione africana, una farmaceutica sudafricana è riuscita a realizzare una “copia” del vaccino prodotto da Moderna. L’azienda si chiama Afrigen biologics e ha sede a Città del Capo. La sperimentazione, va detto, è ancora alle prime fasi. Gli scienziati hanno prodotto solamente alcuni microlitri del vaccino, partendo dai dati che Moderna ha utilizzato per realizzare il proprio antidoto.

La ricerca di Afrigen è stata portata avanti grazie anche al sostegno dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che alla fine della scorsa estate ha creato in Sudafrica un hub di trasferimento tecnologico con lo scopo di rafforzare in Africa – ma anche, più in generale, in tutti i Paesi a basso e medio reddito – la produzione di vaccini e in particolare quelli a tecnologia mRna. L’hub è un collettore che ha messo a disposizione delle realtà produttive locali le informazioni indispensabili per creare un vaccino anti Covid. È sostenuto tra gli altri dalla piattaforma Covax, e ne fanno parte centri di ricerca e aziende consorziate, tra le quali – appunto – la Afrigen.

«I vaccini di Moderna e Pfizer-Biontech sono ancora destinati principalmente alle nazioni più ricche» ha dichiarato Martin Friede, il funzionario Oms che coordina l’hub, «il nostro obiettivo è consentire ad altri Paesi di crearne di propri». Proprio l’Oms, secondo quanto ha riportato la rivista Nature, si era inizialmente rivolta alle due big del farmaco quando l’hub veniva lanciato nel giugno 2021, chiedendo un…


L’articolo prosegue su Left del 18-24 febbraio 2022 

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