Il più prestigioso premio annuale per l’architettura, paragonabile per il suo valore al premio Nobel, è stato assegnato quest’anno a Diébédo Francis Kéré, primo architetto di origini africane ad essere insignito di questa onorificenza.
La motivazione della giuria recita così: «Sa, dall’interno, che l’architettura non riguarda l’oggetto ma l’obiettivo; non il prodotto, ma il processo. L’intero corpus di opere di Francis Kéré ci mostra il potere della materialità radicata nel luogo. I suoi edifici, per e con le comunità, sono direttamente di quelle comunità: nella loro realizzazione, nei loro materiali, nei loro programmi e nei loro caratteri unici… In un mondo in crisi, tra valori e generazioni che cambiano, ci ricorda ciò che è stato e continuerà senza dubbio ad essere un caposaldo della pratica architettonica: un senso di comunità e qualità narrativa, che lui stesso è così capace di raccontare con compassione e orgoglio. In questo fornisce una narrazione in cui l’architettura può diventare una fonte di felicità e gioia continua e duratura».
Vale qui la pena di ripercorrere la sua sorprendente storia, già raccontata da Left nel numero 5 del 2 febbraio 2018. Nato a Gando in Burkina Faso nel 1965, figlio maggiore di un capo villaggio in un contesto di diffuso analfabetismo, viene mandato a sette anni a studiare lontano dalla sua famiglia per poter leggere e tradurre la corrispondenza del padre.
Inizia così una storia ed una ricerca che lo porterà sino in Germania, prima nelle scuole serali, dove si mantiene facendo lavori artigianali, e poi all’università per apprendere i principi della sostenibilità e del risparmio energetico. Si farà subito notare il giovane Kéré, vincendo svariati premi, tra cui l’Aga Khan award for architecture e arrivando poi ad aprire uno studio a Berlino e quindi ad insegnare in alcune tra le più prestigiose università mondiali.
La sua opera ha sempre avuto una valenza politica: migliorare la qualità della vita e favorire l’istruzione della sua gente, sia attraverso la creazione di una fondazione per finanziare progetti nel suo Paese, sia realizzando architetture sociali sostenibili, molto economiche perché costruite utilizzando materiali, tecniche e mano d’opera locale, attente al contenimento energetico ed al benessere ambientale, in un contesto estremamente povero e flagellato da un clima estremo. Un’opera che sostiene a tutto campo il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini attraverso il sostegno all’istruzione, alla salute, all’occupazione e alla tutela di mestieri e tecniche tradizionali.
È ancora all’università Francis Kéré quando realizza, nel 2001, il primo nucleo della scuola di Gando. Dispone di risorse limitatissime, deve fare i conti con le condizioni dure del contesto, deve ancora conquistare la fiducia della sua gente. Mette a frutto quanto appreso all’università ma senza dimenticare le…
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