Di fronte alla ritrovata compattezza dell’asse occidentale la Cina sta cercando di “coordinare” l’altra metà del pianeta, quella che non condanna l’aggressione russa all’Ucraina. Ma Pechino sa bene che, per trovare il giusto equilibrio tra crescita economica, sviluppo e consenso sociale ha bisogno più dell’Europa (e degli Stati Uniti) che di Mosca

L’antefatto. Lo scorso 6 febbraio, a pochi minuti dalla conclusione del tutto sommato breve (meno di due ore) “storico” incontro tra Xi Jinpin e Putin a margine dei Giochi olimpici di Pechino, l’ufficio stampa del Cremlino pubblica in tre lingue un lungo comunicato stampa di 15 pagine, nel quale descrive nei particolari (Taiwan, Nato, Ucraina) il “nuovo ordine mondiale” sul quale i due Paesi avrebbero concordato. L’iniziativa prende di sprovvista Pechino, che aveva preparato il solito, scarno comunicato di poche righe e obbliga i locali interpreti agli straordinari.

Ci vorranno oltre 6 ore perché emerga finalmente anche la versione cinese, peraltro traduzione fedele di quella russa. È uno dei tanti segnali che la famosa alleanza strategica «senza limiti», come era stata solennemente definita nella breve apparizione congiunta presso la lussuosa Fang Hua Yuan – la guest house dove i dirigenti cinesi hanno accolto e accolgono gli ospiti stranieri di riguardo, da Kissinger a Kim Jong Un – di limiti ne ha. E che abbia cominciato a vacillare prima ancora di essere annunciata. Se, come e quando ciò verrà in qualche modo “comunicato” all’esterno è altra cosa. Ma già emergono, pur nella…

L’articolo prosegue su Left del 15-21 aprile 2022 

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