Per la prima volta un Paese membro permanente del Consiglio di sicurezza è stato sospeso per violazione dei diritti umani. Ma la sanzione non ha influito sui piani di Putin. Motivo in più per accelerare la riforma dell’Onu, strumento sempre meno rappresentativo ed efficace. Alcune proposte sono già sul tavolo

Mosca ha dovuto abbandonare il proprio seggio nell’organo delle Nazioni unite che si occupa di tutelare i diritti umani nel mondo. Lo scorso 7 aprile, l’Assemblea generale dell’Onu si è riunita per votare la risoluzione proposta dagli Stati Uniti e altri Stati occidentali, compresa l’Italia, per sospendere la presenza della Federazione Russa nel Consiglio per i diritti umani (risoluzione A/ES-11/L.4). La votazione si è conclusa con 93 voti a favore, 24 contrari e 58 astenuti, raggiungendo la maggioranza qualificata necessaria per l’adozione della risoluzione. A favore della risoluzione si sono espressi, oltre i Paesi redattori della proposta, numerosi Stati provenienti dall’Europa e dalle Americhe. Hanno espresso un voto contrario invece, oltre a Russia e Cina, alcuni Stati africani e del Medio Oriente, tra cui Cuba e Siria. Infine si sono astenuti Paesi di rilievo, come Messico e India, ed altri provenienti anch’essi dal continente africano e dalla mezzaluna fertile.

L’esito della votazione offre uno spaccato molto netto del…

L’articolo prosegue su Left del 15-21 aprile 2022 

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