A seguito della pandemia nove studenti su dieci manifestano un forte disagio psicologico. È quanto emerge dall’indagine “Chiedimi come sto” promossa dalla Rete degli studenti medi, l’Unione degli universitari e lo Spi-Cgil, per abbattere il muro di indifferenza delle istituzioni

«Di recente ho avuto il Covid, proprio quando pensavo che ormai fosse tutto finito. Ho vissuto lo stigma sociale dell’appestata. Questa cosa ha avuto il suo peso su come ho percepito la mia personale solitudine, sentendomi reclusa non solo a livello pratico ma anche psichicamente». Sono le parole di Camilla, una studentessa di 23 anni che si è ritrovata a fare i conti con l’isolamento, causa contagio, in una casa di studenti universitari, accusando sulla propria salute mentale tutto il peso di una condizione non naturale per una ragazza della sua età. E non è l’unica.

Una sorta di pandemia dentro la pandemia sta infatti colpendo le fasce più giovani della nostra società, in una fase fondamentale dello sviluppo sia dell’identità personale che di quella sociale. Un quadro preoccupante che però secondo i diretti interessati trova scarsa attenzione da parte delle istituzioni. Per cambiare lo stato delle cose le associazioni sindacali studentesche Rete degli studenti medi (Rsm) e Unione degli universitari (Udu), in collaborazione con il sindacato dei pensionati Spi-Cgil, hanno promosso “Chiedimi come sto” una delle più grandi campagne di raccolta dati sul tema della salute mentale tra i ragazzi. Una ricerca che ha interrogato, sotto la supervisione dell’istituto Ires dell’Emilia Romagna, quasi 30mila studenti che frequentano gli istituti superiori e gli atenei universitari. Due dati per rendere subito l’idea: dal questionario è emerso che, dopo due anni di Covid-19, nove giovani su dieci affermano di manifestare sintomi di stress e forte disagio psicologico ed altri dichiarano di essere notevolmente spaventati per quanto riguarda la loro salute mentale.

«Durante il periodo pandemico – spiega Camilla Piredda, dell’esecutivo nazionale Udu – le esigenze dei giovani e degli adolescenti sono state totalmente ignorate; ci si ricordava di loro solo per additarli come responsabili della diffusione del Covid. Nella realtà palesavano la necessità di bisogno di aiuto a cui finora non è stata data risposta». I dati, estrapolati dalle domande dei questionari poste agli studenti, in questo senso non lascerebbero dubbi.
Uno dei fattori maggiormente critici è la manifestazione e la proliferazione di disturbi alimentari di vario genere, che nei più giovani sono uno dei primi campanelli di allarme per quanto riguarda la presenza di un disagio psichico. Il 30% degli studenti delle superiori e oltre il 23% degli universitari intervistati ha dichiarato in qualche modo di soffrirne. Altro comportamento preso in esame sono gli atti di autolesionismo, segnalati da quasi il 20% degli studenti sotto i diciotto anni e dal 7,5% di…

L’articolo prosegue su Left dell’1 luglio 2022 

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