Famiglie disfunzionali, personaggi errabondi, vite emarginate, uomini semplici alla fine del mondo: sono questi i protagonisti del nuovo romanzo di Emmanuelle Pagano. Una raccolta di racconti accomunati dal sentimento della compassione e dal tema della marginalità

Molto più che un romanzo, una raccolta di racconti si configura come un insieme di storie capaci di offrire compagnia, di affollare i nostri spazi con una popolazione variegata di personaggi. Le storie permettono di entrare in contatto con il mondo e con tutta la sua molteplicità, con la varietà che lo colora, permettono di prendere confidenza con quanto, magari, nella vita là fuori ci sembra sospetto, temibile, imprevedibile o solo trascurabile. La raccolta di Emmanuelle Pagano, Una volpe a mani nude (L’Orma editore), con la scrittura gentile che la caratterizza, declina questa esperienza nel senso della compassione, della commozione, della malinconia: i suoi racconti mettono il lettore in diretta comunicazione con figure marginali, inquiete e inquietanti, sole, ai limiti del nostro mondo ma, al contempo, a noi assolutamente presenti se solo ci sforziamo di volgere attorno a noi uno sguardo un po’ più solerte.

Una volpe a mani nude è una raccolta di 34 racconti che si intrecciano l’uno con l’altro, quasi fossero differenti prospettive su un medesimo paesaggio: Pagano torna sui propri passi, dà un’altra occhiata al ciglio della strada, si riaffaccia su uno scenario urbano o montano, sviluppa nuove riflessioni non maturate in un precedente, troppo acerbo passaggio. La serie di racconti trova la propria coerenza proprio nel centro gravitazionale corrispondente alla sensibilità dell’autrice, che narra esperienze che sono sue, prospettive che sono sue, scenari che lei osserva ma di fronte ai quali ci presta occhi e parole per sperimentare a nostra volta le sue sensazioni. Famiglie disfunzionali, personaggi errabondi, vite emarginate, uomini semplici alla fine del mondo: questi i protagonisti di racconti ora strutturati in maniera articolata, ora tratteggiati attraverso rapide pennellate impressionistiche, ora ben definiti, ora sospesi nell’inconcludenza. Personaggi marginali, che vivono sul ciglio delle loro vite, negli angoli nelle loro case, nei vicoli delle città o lungo una strada: nascosti dagli sguardi dei passanti, privi di memoria, oltre l’ordinario e il ragionevole. Eppure capaci ancora di sperare.

Tante facce di un medesimo cubo, che il lettore si rigira fra le mani: figure che sono semplici comparse nell’altrui storia, e che, a un nuovo passaggio sul medesimo tragitto, diventano protagoniste di un racconto successivo. L’aria che si respira passando tra i personaggi dei diversi racconti, fra le strade boschive che li attraversano, è la medesima: questo offre un’esperienza di progressiva presa di confidenza con ciò che per propria natura è invece sempre ricacciato fuori dal centro delle nostre quotidianità, con ciò che, per le proprie umili fattezze, non merita che un fugace passaggio a margine. Prendiamo così confidenza con l’idea che forse la speranza e la salvezza non sono lontane, abitano fra noi, nel nostro tempo e condividendo con noi lo spazio: tutto sta nel riconoscerle, spesso nascoste nell’angolo più polveroso e dimenticato delle nostre storie.

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In “Una volpe a mani nude” Emmanuelle Pagano – nata nel 1969 ad Aveyron, in Occitania – raccoglie racconti editi e inediti, alcuni compiuti, altri solo abbozzati, tutti accomunati dal sentimento della compassione e dal tema della marginalità. Con un romanzo precedente, “Gli adolescenti trogloditi”, anch’esso pubblicato da L’Orma, ha vinto il Premio dell’Unione Europea per la Letteratura 2020: nel romanzo compare un personaggio da lei realmente incontrato in uno spostamento in auto fra le strade montane di casa sua; un personaggio quasi fantasmatico che non solo ritorna nei racconti della sua nuova raccolta, ma è anche il motivo che ha spinto Pagano a pubblicarla.