Fra tante professionalità dell'antimafia, il governo Meloni ha scelto la discussa Colosimo. E nel giorno della commemorazione di Falcone la polizia carica i manifestanti. Pessimi segnali

Il primo record di cui avremmo volentieri fatto a meno è la presidenza della Commissione antimafia un nome sgradito ai familiari delle vittime di mafia. Le perplessità legate alla fedelissima di Giorgia Meloni sono state, fin dall’inizio, legate alla sua inesperienza sul tema in un Paese in cui di professionalità antimaf ce ne sono moltissime. Poi è arrivata la famosa puntata di Report (che non a caso qualcuno vorrebbe chiudere) sulla presunta vicinanza tra Colosimo e Luigi Ciavardini , l’ex estremista nero dei Nar, condannato a 30 anni per la strage di Bologna. Dalle parti di Fratelli d’Italia avevano spiegato che la foto che ritraeva Ciavardini e Colosimo fosse legata a una serie di eventi di associazioni che si occupano di carcere. Nella maggioranza non hanno trovato un altro nome in grado di rassicurare i familiari delle vittime.

M5s, Pd e Avs hanno fatto muro all’elezione di Colosimo alla presidenza. Poi sono tornati in Aula per leggere vicepresidenti e segretari. Accade così che come vice della probabile peggiore presidente della Commissione antimafia nella storia d’Italia ci sia l’ex procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho, ora deputato del Movimento 5 Stelle. A chi ha sottolineato il controsenso di contestare la presidente per poi farne da vice l’ex magistrato Roberto Scarpinato (senatore M5S) spiega che dovevano «avere uno spazio all’interno dell’Ufficio di presidenza per fare le nostre proposte». Vedremo l’evolversi di questo inizio nefasto. De Raho stamattina spiega che nel suo ruolo vigilerà sui processi sulle stragi. Colosimo intervistata da Libero attacca già la minoranza. Ci sono già tutti gli elementi per l’inopportuno errore politico dell’opposizione.

Ieri, durante la commemorazione per la morte del giudice Giovanni Falcone, alcuni poliziotti hanno bastonato il popolo di Palermo in corteo con la Cgil e altre sigle. In città l’ultimo episodio in cui si usò la forza contro i cittadini palermitani per questioni di mafia e di antimafia risale ai tempi del funerale di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti di scorta. Non proprio un bel presagio. I politici da difendere in questo caso sono il sindaco di Palermo Roberto Lagalla e il presidente della Sicilia Renato Schifani, eletti anche con la spinta elettorale di due condannati per mafia come Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro. 31 anni dopo anche i cognomi sono gli stessi.

È la cronaca cruda di una giornata nera anche nei simboli.

Buon mercoledì.

 

Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.