C’è la parola “filiera” nel titolo della riforma dell’istruzione tecnica che sta varando il governo e su cui il ministro Valditara gioca molte delle sue carte, almeno stando alle sue dichiarazioni. Sì, proprio così: filiera, come filiera produttiva, filiera alimentare, filiera aziendale… in questo caso si tratta della “Istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale”, ovvero il ddl 924, ma non c’è dubbio che la paroletta richiami il lavoro, le varie tappe della produzione. E infatti il 31 dicembre 2023 il Messaggero titola «La scuola che aiuta le imprese» l’intervista al ministro Valditara (che campeggia nel sito del Mim). Il ministro esalta i contenuti della sua riforma: da un lato permettere ai giovani di trovare rapidamente lavoro «in modo coerente con i loro talenti e le loro abilità» e, dall’altra, soprattutto, «consentire al mondo produttivo di essere più produttivo».
Con Valditara e il governo Meloni si assiste così ad un ulteriore passaggio dell’istruzione finalizzata al mondo del lavoro. Nel 2015 era stata la Buona scuola di renziana memoria a istituire l’alternanza scuola-lavoro, rimasta pressoché inalterata con i successivi governi, salvo una riduzione di ore e una definizione meno impattante: Pcto (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento), poi era arrivato il miliardo e mezzo del Pnrr che Draghi aveva dedicato allo sviluppo degli Its (Istituti tecnici superiori, v.Left 1 marzo 2021). Adesso si scende ancora di più con l’età per favorire un ingresso precoce nel mondo del lavoro: infatti la filiera tecnologico professionale prevede un percorso di studi della durata di 4 anni, dopo di che, chi vuole, può proseguire per altri due anni negli Its, gli altri invece, a lavoro, anticipando i tempi. «Valorizziamo lo straordinario capitale umano rappresentato dai nostri giovani, diamo al sistema Paese la possibilità di correre» ha detto Valditara il 21 dicembre quando il disegno di legge governativo 924 è stato approvato dalla Commissione VII del Senato. Mentre il testo prosegue il suo iter in aula, Valditara ha accelerato i tempi. C’è fretta, tanta fretta di partire con la “filiera tecnologico professionale”. E infatti a suon di decreti (il 240 del 7 dicembre) Valditara avvia la sperimentazione. Entro le 23.59 del 12 gennaio gli istituti possono candidarsi per questa nuova avventura didattica.
Avventura è proprio il caso di dire, visto che lo schema di decreto relativo al progetto di sperimentazione della filiera tecnologico-professionale di Valditara è stato sonoramente bocciato dal Cspi (Consiglio superiore della pubblica istruzione) i cui pareri, è vero, non sono vincolanti anche se sono sempre stati illuminanti in passato sulla validità o meno dei provvedimenti del ministro di turno a Viale Trastevere. Il progetto di sperimentazione di Valditara prevede un’offerta formativa integrata tra i percorsi degli istituti tecnici e professionali, le istituzioni formative accreditate dalle Regioni e gli Its Academy, le istituzioni, i contesti produttivi e il mondo delle imprese. Una operazione complessa. Il Cspi individua criticità tali per cui il parere è negativo. Vediamo quali sono gli aspetti messi in luce. Intanto un problema deriva dal percorso quadriennale, un progetto di riduzione del tempo scuola che già in passato era stato avanzato e su cui il parere era stato negativo: nel 2017 e nel 2021. Anche allora si parlò di sperimentazione, che si è rivelata fallimentare – sottolinea il Cspi – visto che su mille classi potenziali secondo il piano avviato dal Decreto 344/2021 soltanto 243 ne sono state avviate, in precedenza ancora meno, nemmeno un centinaio.
Il Cspi poi mette in guardia: il disegno di legge in aula potrebbe essere modificato, e l’eventuale emanazione della legge potrebbe complicare la prosecuzione della sperimentazione. Un altro passaggio appare problematico: l’anticipo dei Pcto al secondo anno. Qui vale la pena riportare il parere del Cspi perché è significativo, a proposito della scuola proiettata sul lavoro. Il Cspi rileva «con preoccupazione questa tendenza costante verso l’anticipazione di esperienze lavorative che hanno un forte valore formativo se svolte da allievi che abbiano già sviluppato competenze di base e un’adeguata consapevolezza dei propri interessi e attitudini, ma possono risultare insignificanti e perfino pericolose se destinate ad alunni che non siano ancora pronti ad assumere gli atteggiamenti adeguati in contesti reali non scolastici». Da risolvere poi ci sono i problemi relativi alla integrazione con la formazione professionale esistente, al passaggio del quinto anno per poter accedere agli Its e al fatto che la riforma degli Its Academy è ancora in fase di avvio. Insomma la situazione del sistema scolastico non appare tale da rendere possibile una sperimentazione della filiera tecnologico professionale nell’anno scolastico 2024-25. Da qui il parere negativo del Cspi.
Una novità della filiera di Valditara è l’ingresso nelle scuole pubbliche di privati, soggetti che potranno insegnare nelle ore di lezione e che saranno assunti dalle scuole. Lo stesso ministro ne parla con entusiasmo nell’intervista del 31 dicembre: «C’è poi un importante passaggio che consente di arricchire le specializzazioni, laddove manchino i profili necessari tra i docenti: le scuole potranno fare contratti diretti con imprenditori, tecnici o manager perché salgano in cattedra per insegnare ai ragazzi». L’obiettivo, continua Valditara è «creare istruzione e formazione di serie A». Con il manager che sale in cattedra che fine faranno gli insegnanti e che ne sarà delle materie curricolari?
Questo e altri aspetti dubbi della riforma della filiera tecnologico professionale sono stati analizzati in modo molto efficace dalla Flc Cgil. Qui segnaliamo dei video esplicativi del segretario della Flc Cgil Firenze Emanuele Rossi.
«È un progetto pensato ad uso e consumo delle imprese che chiedono alla scuola di procurare loro manodopera a basso costo formata per le loro necessità», afferma Rossi. Tra l’altro, fa notare il segretario Flc Cgil Firenze, visto che gli obiettivi didattici sono funzionali ai bisogni delle aziende presenti nei territori, si verificherà una estrema differenziazione dei sistemi scolastici, anticipando in qualche modo ciò che avverrà con il progetto dell’autonomia differenziata su cui punta moltissimo il governo Meloni, insieme alla riforma del premierato.
Intanto, mentre nelle scuole c’è pressione perché vengano convocati i collegi docenti per decidere sulla sperimentazione della filiera tecnologico-professionale, stenta a partire anche il fiore all’occhiello del governo Meloni, il liceo made in Italy (v. articolo di Beppe Bagni su Left del 7 settembre 2023). Le iscrizioni online per le famiglie partiranno dal 23 gennaio, ma entro il 15 gennaio dovranno presentare la richiesta di avviare il nuovo percorso didattico quegli istituti che abbiano già il liceo delle scienze umane con indirizzo economico sociale. Ebbene, un po’ in tutta Italia, c’è molta resistenza a far partire il liceo made in Italy, anche nella “locomotiva” Nordest. Molte scuole stanno decidendo di rinviare al prossimo anno. La corsa alla formazione sulle “eccellenze” italiane non si è verificata.
Non è finita. In questo inizio anno si sta verificando un altro fenomeno i cui effetti appaiono via via nelle cronache locali a proposito di dispute tra istituti scolastici e governi regionali ma che visto nel suo insieme rappresenta un passaggio cruciale nell’organizzazione dell’intera rete scolastica. Tuttoscuola nella sua newletter dell’8 gennaio lo chiama «lo sconquasso del dimensionamento scolastico»: il grande cambiamento che sta avvenendo con la creazione di mega scuole, frutto di accorpamento di istituti sparsi nel territorio, secondo quanto stabilito dal Pnrr. Per risparmiare sul personale di segreteria e di dirigenza, oltre 628 istituzioni scolastiche, scrive Tuttoscuola, dal prossimo settembre scompariranno. Il 70% delle scuole soppresse si trova nell’Italia meridionale, in particolare in Calabria. Con situazioni paradossali, come quella di una istituzione in provincia di Vibo Valentia con 33 scuole da gestire e sette amministrazioni comunali con cui rapportarsi. Immaginiamoci dunque il viavai di personale delle segreterie e dei dirigenti. Tuttoscuola calcola che nel nuovo anno scolastico saranno circa 4mila persone a lasciare le loro sedi di servizio.
Nella foto: il ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara, 7 settembre 2023 (governo.it)