Dopo l'arresto dei tre dei presunti mandanti dell’omicidio della attivista brasiliana e del suo autista appare sempre più evidente quanto fosse insopportabile per il Potere la grande capacità della esponente del Psol di mobilitare la popolazione contro la gentrificazione di Rio e le crescenti disuguaglianze

La mattina del 24 marzo scorso, sono stati arrestati dagli agenti federali tre dei presunti mandanti dell’omicidio di Marielle Franco, la consigliera comunale di Rio de Janeiro, barbaramente uccisa nel 2018, assieme al suo autista, Anderson Gomes. Le manette scattarono al termine delle indagini condotte dalla Polícia Federal, dalla procura generale della Repubblica e dai pm di Rio, formando una task force messa in piedi dal ministero della Giustizia e fortemente voluta dal governo Lula.
Su mandato del giudice della corte suprema, Alexandre de Moraes, furono condotti in tre diversi carceri di massima sicurezza, il deputato João Francisco Inácio Brazão, soprannominato Chiquinho, della formazione di centrodestra União Brasil (il terzo partito con maggior rappresentanza in Parlamento), suo fratello, nonché socio in affare Domingos Brazão, consigliere della Corte dei conti dello Stato, e Rivaldo Barbosa de Araújo Jr che, da direttore del Reparto omicidi della Polícia Civil, divenne capo della polizia il giorno prima degli assassinii. Stando alle rivelazioni del collaboratore di giustizia Ronnie Lessa, ex poliziotto e uno degli esecutori materiali del delitto, la nomina di Rivaldo Barbosa alla massima carica della Polícia civil era avvenuta su raccomandazione dei fratelli Brazão e, per loro, rappresentava una condizione imprescindibile alla buona riuscita dell’azione omicida, giacché avrebbe garantito la totale impunità dei coinvolti.

Forte del compito affidato dal clan Brazão di insabbiare il caso, Rivaldo Barbosa affida a Giniton Lages, questore di sua fiducia, la conduzione delle indagini sugli omicidi della consigliere e dell’autista, nonché il ferimento della sua assistente. Su richiesta di Lages, un centinaio di agenti della Polícia civil che costituivano la sua consolidata équipe specializzata in depistaggio, occultamento e distruzione di prove, procrastinazione, ostruzionismo e coercizione di testimoni, vengono spostati, al fine di sostenerlo nell’operazione. Ad aver apposto la firma sul nome di Barbosa come capo della polizia fu il generale Walter Braga Netto, allora nominato commissario per la Pubblica sicurezza di Rio dall’ex presidente golpista Michel Temer, appartenente allo stesso partito di centrodestra dei mandanti del crimine all’epoca dei fatti, il MDB (Movimento Democrático Brasileiro).

Vinte le elezioni del 2018, Jair Bolsonaro nominò Braga Netto ministro della Difesa e lo scelse come vice alle ultime elezioni. Tale commissariamento, a Rio, era avvenuto in un contesto politico-sociale in pieno fermento, con le proteste di buona parte della società civile, inclusi la consigliera Marielle Franco e il suo partito, il Psol (Partido Socialismo e Liberdade).
Franco sosteneva che affidare all’esercito la sicurezza di Rio, senza il minimo controllo da parte della società civile, non sarebbe stata la soluzione giusta per contrastare la criminalità urbana, trattandosi di forze addestrate ad agire in caso di guerra, non di criminalità urbana.

Da quanto emerge nel rapporto della task force, reso pubblico alla stampa, il clan Brazão era capitanato dal Consigliere della Corte dei Conti Domingos Brazão, uomo politico che «nel corso degli anni, è stato avvolto da una nebbia criminale che non si è mai dissipata, a causa delle relazioni politico-statali che ha stabilito». Rispettato perfino da agenti e funzionari di polizia, politici, impiegati e Consiglieri della Corte dei conti, oltre ad aver stretto rapporti con i leader di diverse organizzazioni criminali, sin dal suo ingresso in politica, nel 1996, Domingos cercò di tutelare gli interessi economici del clan, avvalendosi di minacce, intimidazioni e azioni violente contro chiunque ritenesse fosse un ostacolo e, assieme al fratello Chiquinho, eletto più volte consigliere comunale a Rio, formulò (e ottenne l’approvazione) leggi “ad personam” che facilitarono, per decenni, i loschi affari e le azioni criminali della famiglia.

Il movente: la lotta contro la gentrificazione di Rio
Marielle Franco, nata nella Favela da Maré, nel 1979, figurava la quinta più votata al consiglio comunale di Rio, alle elezioni del 2016. Nel corso del suo corto mandato, interrotto tragicamente a colpi di mitra contenenti proiettili il cui uso era stato riservato a esercito e forze dell’ordine, la consigliera aveva ideato, proposto progetti e preso parte a iniziative di sostegno alle popolazioni delle realtà periferiche. Il lavoro di Franco al consiglio comunale, il suo voto contrario alle leggi “ad personam” proposte dal clan Brazão, così come il suo carisma nel tentativo di convincere le comunità a non soccombere alla violenza dei narcos e dei gruppi paramilitari, soprannominati “milizie”, incentivandole a resistere al processo di “borghesizzazione” della città, la rese un ostacolo agli interessi economici ed elettorali dei fratelli Brazão, portandoli a commissionarne l’omicidio. Noto per l’accaparramento di interi pezzi di territorio carioca, perlopiù occupati dai più poveri, il clan aveva a disposizione gruppi paramilitari, composti essenzialmente da forze dell’ordine deviate.
Franco è stata uccisa subito dopo un dibattito promosso dal Psol, presso la Casa das pretas (casa delle donne nere), istituita con lo scopo di affrontare il problema della violenza contro le donne nelle favelas.

Avvalendosi della logistica e dell’armamento fornito dallo Stato, le milizie disputano con i narcos il controllo economico, politico e sociale delle comunità. Ma non solo: possono esigere dai commercianti pagamenti equivalenti al pizzo in cambio di protezione, controllare la distribuzione dei segnali Tv, dei servizi essenziali, la vendita delle bombole di Gpl per uso domestico, il trasporto alternativo a quello pubblico e, infine, intraprendere la via della vendita di sostanze stupefacenti e armi. In relazione al rapporto della task force, nella sola città di Rio de Janeiro, le milizie dettano le regole ad oltre due milioni di persone; i narcotrafficanti a circa un milione e mezzo e quasi tre milioni vivono terrorizzate dalla guerra in corso tra loro, per controllare il territorio in cui vivono. Sono dati sconcertanti. Nelle innumerevoli denunce, puntualmente archiviate dalle questure di Rio, sotto la guida del capo della polizia piazzato dai generali dell’Esercito, emerge la violenza dei miliziani a soldo dei Brazão.

Nelle carte rese pubbliche dai magistrati, risulta agli atti che intere popolazioni sono state costrette a promuovere le campagne elettorali dei mandanti, o chi per loro, obbligate ad acquistare da loro terreni, pagando in contanti e a rate, senza però ottenere mai alcun titolo; infine, tanti sono stati costretti all’esilio o comunque allo spostamento dal luogo di origine, affinché il clan potesse costruire ville e palazzi destinati alla classe medio-alta.
Poco prima di essere uccisa, Marielle aveva votato contro una legge proposta da uno dei mandanti, il consigliere comunale Chiquinho Brazão, volta a regolarizzare le proprietà illegalmente costruite nel ridotto elettorale che comandava assieme al fratello deputato. Inoltre, avvertiti dal loro infiltrato all’interno del Psol, i Brazão sono stati messi al corrente del fatto che la Franco, in alcuni incontri comunitari, avrebbe chiesto alla popolazione di non aderire a nuove lottizzazioni situate in zone controllate da milizie.

La solitudine del Psol, un partito di sinistra

I fratelli Brazão avrebbero infiltrato Laerte Silva de Lima nei ranghi del Psol per la raccolta di informazioni interne su figure emergenti, come Marielle Franco e il deputato Marcelo Freixo. Ai sicari assodati per uccidere la Consigliera, venne assegnato il compito di eseguire l’attività di dossieraggio sulle loro famiglie.
Per i magistrati, «il lavoro combattivo del Psol» nel contrastare i progetti delle destre, tanto nello Stato, quanto nel Comune di Rio de Janeiro, «è noto da anni».
Ammettono che «la profonda carica ideologica, che contraddistingue il partito, si traduce nell’intensa e combattiva azione politica di alcuni dei suoi correligionari».
In questo senso, il Psol avrebbe votato contro la nomina di Domingos Brazão, il capo clan, alla carica di consigliere della Corte dei conti, sostenendo il mancato rispetto della procedura prevista dalla legge e presentando ricorso alla magistratura. In più, in altre occasioni, il partito avrebbe provato ad impedire la presa di potere istituzionale del clan di centrodestra, segnalando proposte di legge “ad personam”, conflitti di interessi o incarichi istituzionali e onorificenze assegnati a soggetti di cui l’operato risultava intrinsecamente legato alla criminalità organizzata.
In conclusione e a seguito di tutto ciò che è stato riportato, è opportuno dare risalto alla straordinaria capacità di mobilitazione sociale di Marielle Franco, che si recava regolarmente nelle comunità più disagiate di Rio, con il proposito di rendere conto del suo operato presso il consiglio comunale, accogliendone le domande. La reale possibilità di togliere ai Brazão fette sempre più significative di elettorato, senza l’uso del terrore e della violenza, al quale loro, invece, facevano ricorso, l’avrebbero reso un urgente bersaglio da eliminare, con il fine ultimo di intimidire l’intero partito.
Marielle Franco poneva l’accento sul dialogo, rendeva più consapevoli le persone dei diritti a loro negati e di ciò che, come donna di sinistra, credeva e poteva fare per loro.
È stata uccisa per la sua onestà intellettuale e i risultati politici laddove, scrivono i pm, il grado di reverenza che i criminali paramilitari hanno per gli agenti politici che li proteggono genera un ecosistema malato in cui l’unica regola accettabile è l’assoluto disprezzo per le norme più elementari del patto sociale, di fronte all’assoluta sovrapposizione dei loro desideri più primitivi in relazione alla vita umana e alla convivenza civile.

Qui per leggere e scaricare il rapporto integrale:https://www.poder360.com.br/poder-flash/leia-a-integra-do-relatorio-da-pf-sobre-o-caso-marielle/