Anche Bruxelles ha fatto sua la massima latina "si vis pacem para bellum” secondo cui la corsa agli armamenti funzionerebbe da deterrente per i conflitti
Ad oggi, le minacce reali a cui deve far fronte Bruxelles hanno a che fare con il commercio, l’export e l’approvvigionamento di materie prime. Quasi tutto ruota intorno alla crisi nel Mar Rosso, che starebbe provocando pesanti conseguenze anche sull’indotto del sistema portuale italiano. Con queste motivazioni si giustifica l’obiettivo principale dell’operazione Aspides (“scudo” in greco antico), lanciata il 19 febbraio: vale a dire proteggere le navi mercantili dagli attacchi degli Houthi yemeniti, supportati dall’Iran, realizzati per manifestare solidarietà alla Palestina sotto attacco dell’esercito di Israele. A guidare il comando tattico di Aspides è l’Italia, la Grecia si occupa di quello operativo e vi partecipano anche Francia e Germania. Siamo in guerra? Al testo che descrive la missione come “eminentemente difensiva” è stato eliminato, su richiesta del M5s, l’avverbio “eminentemente”. ma nel corso della discussione in Senato, il 5 marzo è stato detto che «la protezione dei navigli in transito e l’autoprotezione delle unità militari impiegate nell’area delle operazioni può essere attuata in forma passiva, neutralizzando gli attacchi in arrivo, oppure in forma attiva, eliminando le sorgenti di fuoco e i mezzi e le infrastrutture militari dell’aggressore» e che «è opportuno che anche la seconda (forma) venga presa in considerazione, nel caso l’evoluzione della situazione la renda necessaria». Giriamo la domanda a Fabio Alberti, attivista dell’Esecutivo della Rete italiana Pace e disarmo. Siamo in guerra? «La missione Aspides, a differenza dalla missione Atalanta contro la pirateria e quindi contro la criminalità comune, interviene attivamente in un conflitto internazionale la cui evoluzione e possibile estensione è fonte di apprensione non solo dei pacifisti ma di tutta l’opinione pubblica mondiale. Le possibilità che, anche senza volerlo, l’Italia si trovi coinvolta in una guerra più ampia decisa altrove (a Washington o a Teheran non importa) sono elevate».

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