26 anni, fiorentina, è cresciuta nel movimento studentesco impegnandosi per una istruzione laica e accessibile davvero per tutte e tutti . Poi le campagne Stop Tampon Tax e per i diritti delle donne. Ora si candida alle europee con Alleanza Verdi e Sinistra. «Io non ho bisogno di un seggio, ho il mio studio e il mio futuro professionale,- dice - ma voglio esserci per assicurarmi che le esigenze e i bisogni delle persone arrivino in Europa».

Gira l’Italia con lo zaino in spalla, ascolta e raccoglie esigenze e bisogni delle persone per costruire un programma concreto, per portare queste esperienze in Europa. Fiorentina, 26 anni, Lucrezia Iurlaro, si è fatta le ossa con la campagna “Stop Tampon Tax” promossa dall’associazione “Tocca a noi” – della quale è presidente e ora si candida alle europee con Alleanza verdi e sinistra.

Lucrezia, quale è stato il tuo percorso politico?

Il mio attivismo politico nasce dalle piazze, dalle manifestazioni e dai movimenti studenteschi, ma soprattutto dalla convinzione che per spostare l’equilibrio di questo mondo ancora ingiusto e iniquo, bisogna unirsi per costruire il cambiamento. Nasce dai banchi di scuola e nel mondo della rappresentanza, dove le mie battaglie erano per un’istruzione laica e accessibile davvero per tutte e tutti, contro il caro-libri, per un sistema di valutazione che guardasse e si misurasse sulla singola persona e la sua esperienza e non automatico ed oggettivante. Lottavamo per potere avere degli spazi all’interno della scuola dove ritrovarsi, discutere e organizzarci. Abbiamo lavorato alla costruzione di un movimento studentesco che fosse in grado di costruire le piazze di protesta, con assemblee aperte e partecipate dove ognuna ed ognuno diceva la propria; passando dalle tante iniziative con Libera (Associazioni, nomi e numeri contro le mafie) per arrivare alla battaglia contro la TamponTax e una rete di persone che in tutta Italia si è attivata per promuovere delle politiche attente all’equità tra generi e generazioni.

Come ci si arriva?

Il cambiamento per me è questo: invertire la rotta di un mondo individualista che si prende cura solamente di alcune persone e non di tutte; credo nella sua costruzione collettiva.
È fondamentale spiegare alle persone la necessità di questo cambiamento, convincerle a farne parte e ad assumere un ruolo attivo nella trasformazione delle società.

Quanto alla scelta di candidarti alle europee?

La candidatura nell’Alleanza Sinistra Italiana e Verdi rappresenta per me un’opportunità concreta per tradurre queste convinzioni in azioni politiche tangibili. L’apertura del partito di Sinistra Italiana verso figure civiche e indipendenti, così come la valorizzazione delle esperienze positive nate dalla base sociale, dimostra un approccio inclusivo e orientato al cambiamento reale. Sono convinta che dare voce a quell’attivismo politico che dal basso, ogni giorno, si impegna e lotta per un presente e un futuro più giusto ed equo possa fare la differenza e lasciare un segno importante.

Noi ti conosciamo per il TamponTaxTour di Tocca a Noi, una battaglia realizzata e voluta per ottenere Welfare equo e progressista, prima con l’obiettivo dell’Iva al 4% su tutti i prodotti igienici femminili, poi con la città della cura. Raccontaci questa esperienza e quanto questa abbia tracciato il percorso.

La battaglia per l’accesso ai prodotti mestruali e la lotta contro la povertà mestruale che ho portato avanti in questi anni come Presidente dell’associazione Tocca a Noi, sono solo un esempio di come sia possibile trasformare le istanze globali in azioni concrete a livello locale, coinvolgendo attivamente la comunità e ottenendo risultati di reale impatto per le persone. E così con il TamponTaxTour, insieme a centinaia di amministrazioni locali e tantissime realtà coinvolte su ogni territorio siamo riusciti ad ottenere un primo risultato sull’abbattimento dell’IVA sui prodotti mestruali. Questo processo ha permesso di creare una rete di persone in tutta Italia, progetti e nuove campagne che si pongono l’obiettivo di abbattere disuguaglianze e coltivare equità, partendo dal basso, che hanno il potenziale per generare cambiamenti significativi nel tessuto sociale.

Durante il Tampon Tax Tour si è strutturata spontaneamente una rete tra realtà e soggetti sparsi sul territorio nazionale attivi nel sensibilizzare sul tema delle mestruazioni e nel portare avanti una battaglia sul diritto alla salute?
Sì e da lì abbiamo proseguito andando nelle scuole superiori con studentesse e studenti a parlare di attivismo e diritti, facendo capire quanto anche una piccola azione posta spostare l’equilibrio del mondo, così come nelle scuole medie e nelle società sportive per parlare di sviluppo fisico ed emotivo, tabù sul ciclo mestruale, consenso e stereotipi di genere. 
In questi anni ho avuto la fortuna di conoscere in tutta Italia piccoli e grandi collettivi, campagne per i diritti umani locali e nazionali, singole persone che sentivano di voler partecipare anche solo per ascoltare ciò che avevamo da dire. Con ognuna di loro mi sono fermata per sentire quali fossero le loro urgenze, provando a portare la loro voce dentro le battaglie di Tocca a Noi ma soprattutto portando proprio loro, in quanto persone, nella nostra Rete.

Così è nata l’idea dell’appuntamento nazionale “Città della Cura”?

È da questo lungo percorso: cura e solidarietà sono la chiave per ricostruire le nostre società, soffermandosi sulle nostre relazioni con gli altri e le altre, e sulla nostra responsabilità nel costruire una società più inclusiva e giusta. E così con talk, performance, presentazioni di libri abbiamo raccontato un mondo dove le persone si sostengono a vicenda e lavorano insieme per affrontare le sfide comuni. Ciò, inevitabilmente, implica anche riconoscere e contrastare le disuguaglianze e le ingiustizie presenti nella società. Perché non portare un’idea di cura collettiva anche in Europa?
L’Europa è chiamata a rispondere a sfide cruciali: crisi demografica, flussi migratori, energia, transizione ecologica, intelligenza artificiale, pandemie.
Tutte queste sfide devono essere affrontate: impatteranno in modo determinante le vite di tutte e tutti noi nei prossimi anni. L’Europa deve assumere, con coraggio e radicalità, un ruolo centrale in tutto ciò: può farlo ripartendo dal paradigma della cura.

Abbiamo ascoltato il tuo intervento alla conferenza stampa per la presentazione della tua candidatura con AVS che si è tenuta lo scorso 17 aprile a Firenze, hai parlato dell’importanza di tornare in piazza, di tenere le persone al centro e non ai margini della società, come si può fare questo oggi in questa società?

Credo che le piazze siano per eccellenza lo spazio democratico dal quale si possa anche misurare la salute di una democrazia; a seconda se queste sono aperte o chiuse, libere di essere attraversate, quale tipologia di panchina presentano, quanto liberi si è di occuparle per una protesta. E poi le piazze racchiudono tante storie e tanti modi di viverle quelle storie: posso decidere di fermarmi a relazionarmi con una persona che ho appena conosciuto oppure attraversare la piazza di fretta senza guardarmi intorno.
Penso che sarebbe un bell’esercizio per ognuna e ognuno di noi fermarsi a sedere in una piazza ogni tanto, guardare quanto scorre davvero veloce il mondo nel quale siamo immersi e quanto distrattamente a volte anche solo per colpa dei ritmi imposti dal lavoro o dai doveri di cura che gravano su noi donne ci perdiamo degli spazi che dovremmo reimparare a vivere per imparare a stare insieme in maniera più equa.
In piazza ci si può stare in tanti modi: ognuna e ognuno nel proprio rettangolino scelto per conto proprio, scegliendo di non comunicare con nessun’altra persona, stabilendo lo sguardo fisso disinteressandosi a ciò che avviene intorno; oppure possiamo decidere di stare in piazza per parlare, confrontarsi, dibattere, manifestare il proprio dissenso, costruire un’alternativa anche solamente parlando con l’altra persona, ascoltare e aiutare chi ne dovesse aver bisogno, guardando e ascoltando. Nel primo caso qualcuno rimarrebbe ai margini, non considerato, non visto, ignorato. Nel secondo caso lo sviluppo di relazioni e la propensione alla solidarietà ci renderebbe naturalmente responsabili alla costruzione di una società più inclusiva e giusta.

Quella della piazza è solo un’immagine che dovremmo traslare in ogni ambito della vita, per immaginarci un Paese, un’Europa e un pianeta dove l’interesse alla cura della persona, alla garanzia dei suoi diritti sociali e civili, siano centrali.

Quali sono i tuoi obiettivi? Cosa vuoi portare in Europa? parlaci delle proposte.

Esserci, per ascoltare e rappresentare. 
La cura di cui parlavo deve essere collettiva: è per questo che la mia candidatura sarà fortemente legata ad un gruppo di persone, amiche e amici, compagne e compagni di battaglie, attiviste e attivisti con le quali porteremo avanti questa campagna elettorale e sperando che settimana dopo settimana questa squadra possa allargarsi; perché tocca ad ognuna e ognuno di noi esserci.
Vogliamo restituire dignità al fare politica. Forse può sembrare arrogante, ma la sensazione è che manchi sempre di più. La sensazione è che le molte e i molti che oggi fanno politica non sentano davvero l’urgenza di cambiare le cose e ascoltare le persone, per capire di cosa davvero ci sia bisogno e che la classe dirigente non sia preparata a questo.
Vogliamo centralizzare le persone. Io non ho bisogno di andare in Europa, ho il mio studio e il mio futuro professionale, ma voglio esserci per assicurarmi che le esigenze e i bisogni delle persone arrivino in Europa. 
La mia sfida per questa campagna elettorale sarà quella di tenere unite tutte le voci che vorranno essere ascoltate ed esserci in loro rappresentanza, schierandomi per un’Europa aperta e accogliente per le persone migranti e i loro diritti, rimettere al centro la giustizia sociale come unico strumento per abbattere le disuguaglianze oltre che per contrastare il fenomeno della criminalità organizzata di stampo mafioso, riaffermare e tutelare il diritto alla felicità per ogni persona. Ma soprattutto alzare la voce sui diritti delle donne, in maniera ferma e radicale, perché non c’è più tempo per nessun’altra vita sacrificata dalla cultura patriarcale in cui viviamo.