La riforma del premierato è una negazione dello spirito costituente fatto di dialogo e di lavoro comune tra maggioranza e minoranza. Cambiare la Carta in modo così profondo per la destra al governo costituisce una sorta di rivincita storica rispetto alla Resistenza
Illustrazione di Marilena Nardi
Il testo della riforma proposta dalla presidente Meloni nella sua formulazione originaria prevedeva di inserire nel testo della Costituzione un premio di maggioranza pari al 55% dei seggi parlamentari disponibili, senza peraltro indicare la percentuale dei voti che farebbe scattare il premio. L’assurdità della previsione ha indotto il governo ad evitare di indicare l’entità del premio e della percentuale di voti validi che lo farebbe scattare e a rinviare la disciplina alla formulazione della prossima legge elettorale. Basta questo particolare aspetto per indicare quale dilettantismo e quanta confusione si nasconda dietro alla proposta di revisione costituzionale.
Del resto l’inserimento nel testo costituzionale della soglia del premio di maggioranza sarebbe una novità nella storia costituzionale. Occorre notare che una norma così fatta sarebbe a sua volta esposta ad un vizio di costituzionalità, come ha chiarito la Corte Costituzionale. Ma proprio questa mancata previsione potrebbe essere l’occasione per avviare una trattativa con la parte più disponibile dell’opposizione, nel tentativo di garantirsi qualche soccorso al momento del voto in Parlamento. Certo appare difficilmente contestabile che la logica plebiscitaria che ispira la riforma abbia bisogno di un Parlamento affidabile e alle complete dipendenze del capo del governo, non esposto dunque alle logiche del confronto parlamentare e questo si può ottenere solo con un affidabile premio di maggioranza.
Comunque garantire un robusto premio di maggioranza dei seggi in ciascuna Camera ai candidati collegati al presidente del Consiglio, vuol dire da un lato mettere il governo al riparo da qualsiasi incidente, ma dall’altro significa svalutare in modo eccessivo le posizioni della minoranza senza introdurre contemporaneamente nessun correttivo o bilanciamento possibile. Per questa via, anzi, sparirebbero i contrappesi oggi esistenti, dal momento che sarebbe facile per una maggioranza così blindata impadronirsi anche degli istituti e degli organi di garanzia.
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