Confesso di essere preoccupato. Proprio perché su Left abbiamo seguito con meticolosa attenzione e passione critica l’attacco eversivo del governo Meloni alla Costituzione antifascista, perseguito attraverso l’Autonomia differenziata ed il cosiddetto “premierato”. Il piano del governo, infatti, avanza con arroganza, come uno schiacciasassi, non tenendo in alcun conto osservazioni scientifiche e critiche politico/istituzionali. È necessario che l’allarme democratico cresca e che si infittiscano le mobilitazioni.
Il 29 aprile la maggioranza imporrà la rapida approvazione anche alla Camera dell’Autonomia differenziata, che diventerà legge. Non ci arrenderemo, ovviamente. Continuerà la nostra critica sui terreni sociale, istituzionale, giuridico/costituzionale, affinché venga bloccata la parte esecutiva delle “intese” tra il ministro Calderoli e le singole regioni che già lo richiedono, frantumando la Repubblica italiana. E 48 ore fa, in Commissione Affari costituzionali del Senato, le destre hanno approvato il nuovo articolo 3 del disegno di legge Casellati sul “premierato”, che introduce l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Il testo, che modifica l’articolo 92 della Costituzione aggiunge: «le elezioni delle Camere e del Presidente del Consiglio hanno luogo contestualmente». Quest’ultimo avverbio, indefinito e preoccupante, allude, ovviamente, ad una legge elettorale sulla quale le forze della maggioranza sono ancora rissose e divise. In verità nessuna di esse mi pare pensi alla qualità della rappresentanza; pensano, piuttosto, ai propri interessi partitici, identitari e di potere. Mentre il centrosinistra non sembra avere alcuna proposta alternativa. Le destre pensano, in tutta evidenza, ad un premio di maggioranza molto alto che garantisca in entrambe le Camere una maggioranza larga alle liste ed ai candidati collegati al presidente del Consiglio.
Perché mi preoccupa molto l’avverbio “contestualmente”? Perché esso, probabilmente indica che la proposta delle destre sia quella di legare pregiudizialmente l’elezione dei parlamentari al voto dato al presidente del Consiglio. Sarebbe un’ulteriore incostituzionalità, perché l’elettrice e l’elettore non potrebbero scegliere i propri rappresentanti alle Camere. Il governo diventerebbe la massima ed unica rappresentanza; il Parlamento sarebbe sordo, cieco e muto, come piace ai regimi autocratici. La proposta di “premierato” , ricordiamo, va letto in un combinato disposto sia con la legge elettorale largamente maggioritaria, sia con il progetto di Autonomia differenziata. Un Paese, insomma, diviso e frantumato (contro l’articolo 5 della Costituzione, che prescrive la Repubblica “una e indivisibile”) ha bisogno, secondo il governo, di un comando centrale “forte”. La democrazia parlamentare, di rappresentanza, vira verso la democrazia di investitura, il comando assoluto del “capo”, come strumento disciplinare di massa. Non più partecipazione democratica, ma una delega assoluta quinquennale data, con un voto, da un popolo inerte. Emerge un tema grave: la funzione del presidente della Repubblica sarebbe sempre più evanescente, mentre il Parlamento diventerebbe ancor più una struttura ornamentale. Se pensiamo alle leggi elettorali delle Regioni, dei Comuni, in definitiva, tutta la complessa architettura costituzionale potrebbe, in futuro, essere ancor più fondata solo sugli esecutivi, sul comando assoluto. Lo confesso: sono preoccupato.
Nella foto: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, Bruxelles, 22 marzo 2024
Per approfondire: Left, dicembre 2023, Re Giorgia