Il leader della France insoumise Mélenchon è il vincitore politico delle elezioni francesi. Con un pensiero di sinistra, senza cedimenti neoliberisti. Si batte contro il genocidio a Gaza. E ha sempre coerentemente condannato coloro che fanno un uso politico dell’adesione al cattolicesimo. Una lezione da tenere bene a mente in Italia

Mélénchon è il vincitore politico delle elezioni francesi e la sua vittoria ha un valore per nulla scontato se si considera che i nuovi blocchi sociali delle classi svantaggiate in tutta Europa si sono orientati verso i neofascismi.
Macron paga la cecità della sua politica classista e razzista, paga la sua politica illiberale, la sua adesione al progetto sionista, paga la violenza delle forze di polizia al suo comando.
Marine Le Pen aveva conquistato il 33% al primo turno e tanto è bastato per risvegliare la coscienza antifascista francese che non è di facciata e celebrativa come molti antifascisti nostrani, ma è autentica interiorizzazione democratica.
Non è la prima volta che in Francia i risultati sorprendono: Jean-Marie Le Pen era arrivato al ballottaggio nel 2002 contro Chirac, e fu tale la mobilitazione popolare contro il pericolo fascista rappresentato da Le Pen, che Chirac fu rieletto con l’82% dei voti.
Marine ha un elettorato più manipolato di quanto non fosse quello del padre Jean-Marie.
Il partito che ha ereditato da suo padre aveva una dichiarata matrice ideologica fascista che istigava all’odio razziale, al negazionismo sullo sterminio degli ebrei, alla pena di morte, all’omofobia, al nazionalismo autarchico.
Marine Le Pen ha cercato di mettere sotto il tappeto gli aspetti più impresentabili di quel partito, ha cambiato nome e ha catturato le classi impoverite, quelle che hanno bisogno di sentirsi rassicurate da politiche che dicano “prima i francesi”.
Ma la coscienza antifascista dei francesi è più forte della deriva di civiltà rappresentata dalle destre, e anche gli astensionisti si sono mobilitati e sono andati a votare, consapevoli del fatto che consegnare una Nazione ai neofascisti significa trovarsi indietro di cinquanta anni in soli cinque anni.
Noi in Italia lo sappiamo bene, in due anni di governo Meloni anche i ceti medi vacillano sotto il peso della mortificazione economica, e la cancellazione dei diritti è l’unica cifra che omologa il popolo italiano.
Mélénchon guida un autentico fronte di sinistra, e non ha timidezze liberiste.
Particolarmente apprezzabile il suo discorso subito dopo che i risultati gli assegnavano la vittoria, quando ha dichiarato di voler riconoscere lo Stato palestinese, con una sottesa condanna del genocidio in atto per mano dei sionisti israeliani.
Possiamo gioire del risultato francese auspicando che anche l’Italia possa liberarsi della zavorra neofascista e di quella neodemocristiana piddina, e nel contempo sorgono legittime le perplessità nei confronti di taluni politici italiani che oggi esultano per la vittoria del Nuovo Fronte Popolare francese perché dichiara una affinità politica con Mélénchon.
Avere una affinità politica significa condividere quantomeno i principi cardine di una ideologia.
Ebbene, Mélénchon ha sempre coerentemente condannato coloro che fanno un uso politico dell’adesione al cattolicesimo.
L’uso politico della religione cattolica in Italia invece è fonte di ispirazione per molti partiti, da destra a sinistra ed esultare per la vittoria di un esponente della laicità europea francese, da parte di costoro, è di fatto incoerente.
Mélénchon ha vinto sulla progressività fiscale, sul blocco dei prezzi sui beni di prima necessità, sull’abrogazione della riforma pensionistica di Macron, sull’aumento del salario minimo, sulla prospettiva di perseguire una pace giusta con la Russia e sul cessate il fuoco in Palestina.
Mélénchon non ha la maggioranza assoluta e per quanto il timore dell’ingovernabilità apra scenari inediti, resta improbabile che accetti l’ipotesi di un governo “tecnico” proprio perché gli sciagurati precedenti italiani fanno prefigurare l’erosione di tutele sociali e welfare.
Vedremo come riusciranno a risolvere il primo passaggio istituzionale, e forse potremmo sperare in un effetto emulativo da parte delle compagini progressiste italiane, perché il confronto deve passare da obiettivi coraggiosi, da Gaza agli armamenti, dalla partecipazione alle guerre alle pensioni, dai salari alle nazionalizzazioni.

L’autrice: Carla Corsetti è avvocata e segretaria di Democrazia atea

Qui il discorso integrale di Melénchon: