Da osservatore abituato per deformazione professionale a individuare nessi tra fenomeni, anche a distanza e per contrasto, la cronaca di questi giorni mi ha dato di che riflettere, e faccio riferimento all’intervento del presidente del Senato, La Russa, in occasione della cerimonia del ventaglio, e alle sue parole sull’aggressione ai danni di un giornalista, Andrea Joly, da parte di esponenti di CasaPound a Torino. Ho già avuto modo di esprimere la totale distanza rispetto agli esponenti di questa maggioranza, per le inappropriate parole di Giorgia Meloni davanti all’inchiesta di Fanpage su Gioventù nazionale. Non voglio tornare su questi aspetti ora, anche perché la risposta alle bizzarre perplessità della premier sulla liceità del giornalismo d’inchiesta è arrivata l’altro giorno dal Capo dello Stato. Vorrei notare invece un elemento di disturbo: secondo Ignazio La Russa il giornalista si deve dichiarare come tale, deve dunque essere identificabile (prossimo passo una targhetta alfanumerica?), non si sa se per rischiare di meno o di più, visti i soggetti con tendenze criminali di vario genere tra il movimento giovanile meloniano e CasaPound. Intanto, si ribadisce indirettamente l’idea che il giornalismo sotto copertura non sia cosa buona… Ma poi, lui è esponente di quella stessa parte politica che si oppone al numero identificativo per gli agenti delle forze dell’ordine (proprio in questi giorni la bocciatura di un emendamento di +Europa per introdurre questa misura nel ddl Sicurezza): certo la polizia svolge un compito nobile e importantissimo, ma ha visto alcuni suoi membri lasciarsi andare ad abusi se non addirittura a violenze, in passato come oggi: basta pensare agli scorsi mesi e agli interventi nelle manifestazioni di protesta per la pace, e mi ricordo in particolare di Pisa.
Ecco che chi esercita l’ordine per conto degli apparati dello Stato, e dovrebbe farlo (come naturalmente accade nella maggior parte dei casi) con giustizia ed equilibrio, non deve essere identificabile, e se esagera non bisogna farne una questione di Stato. Invece il privato cittadino che assolve al compito costituzionalmente fondante di informare gli altri deve dichiararsi, e anzi deve stare attento e limitare i suoi comportamenti, a tutela di presunte libertà altrui (la privacy delle associazioni politiche giovanili) o per evitare danni a se stesso dovuti a comportamenti ‘non attenti’, che potrebbero – secondo La Russa – risultare provocatori.
l’autore: Matteo Cazzato è dottore in filologia, Università di Trento