La lotta al cambiamento climatico e alla distruzione della memoria urbana chiede di mettere in campo tutte le risorse di fantasia e tecnologiche degli architetti. Carlo Ratti racconta la sua Biennale che si apre il 10 maggio a Venezia, intrecciando scienza, arte e resistenza culturale

Il tema dell’adattamento ai cambiamenti climatici sembra relegare l’architettura a un ruolo marginale rispetto alle scelte politiche. Architetto Carlo Ratti come spera che la sua Biennale di Architettura Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva possa suggerire nuovi orientamenti per il futuro?

Curare una Biennale richiede quasi un anno e mezzo - e in questo arco temporale il mondo può cambiare radicalmente! Oggi guardiamo con crescente preoccupazione a quanto sta accadendo in molti Paesi riguardo al disimpegno rispetto ai precedenti accordi internazionali sul clima. Paradossalmente, però, proprio questo mutato contesto rende la Biennale architettura 2025, che si concentra sull’adattamento a un pianeta che cambia, ancora più importante. Architettura significa sopravvivenza rispetto a un contesto che ci può diventare più avverso. In questo senso, l’architettura è intrinsecamente un atto politico. Come disse Winston Churchill: «We shape our buildings; thereafter they shape us». Quello che costruiamo (o che decidiamo di non costruire) ha un impatto profondo sulla società.

La Biennale di Venezia, che apre il 10 maggio, quali nuovi strumenti immagina per rafforzare il legame tra mondo scientifico e artistico, e tra generazioni diverse?

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