Tra il 2011 e il 2023 sono emigrati 550mila italiani nella fascia di età 18-34 anni, di cui il 43% laureati. Tra questi anche 14mila ricercatori. Scarsi investimenti pubblici e riforme incerte aggravano lo scenario futuro

«I ricercatori hanno già gettato molta ombra su questa materia e, se continuano le loro investigazioni, presto arriveremo a non saperne niente del tutto», scrive con la sua penna tagliente Mark Twain. Le ombre sono i dubbi della scienza e della ricerca, ma sono anche un invito ad approfondire quanto ancora non conosciamo. Qual è il futuro delle università in Italia? Sarà affievolita la luce della conoscenza, oppure no? Il tema riguarda tutto l’occidente, specie dopo gli attacchi sferrati al mondo della ricerca Usa da Donald Trump, ma sul versante italiano la crisi è di molto precedente all’insediamento del tycoon. I numeri non mentono e sono sconfortanti, stando a quanto emerso da un’analisi  a cura della Classe di scienze politico-sociali della Scuola Normale superiore (Sns) di Pisa, durante un incontro che si è tenuto a Palazzo Strozzi a Firenze al quale hanno partecipato, tra gli altri il direttore della Sns, Luigi Ambrosio, il preside della Classe Guglielmo Meardi, il rettore dell’Università per stranieri di Siena, Tomaso Montanari, e Maria Luisa Meneghetti dell’Accademia dei Lincei.

«Le università sono sotto attacco in Italia e all’estero». L’allarme è stato lanciato ad una sola voce da economisti, umanisti e esperti in diverse discipline. È dunque «urgente una riflessione sul contesto internazionale e sugli sviluppi in Italia, sul ruolo sociale degli studi universitari, sulle risorse disponibili e sui cambiamenti istituzionali in corso».

Si diceva dei dati.

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