Un momento cruciale si avvicina per la Romania. Dopo l’annullamento del precedente scrutinio per le elezioni presidenziali da parte della Corte costituzionale – travolto da accuse su finanziamenti elettorali non dichiarati e interferenze russe a favore del vincitore Călin Georgescu – il Paese si prepara a tornare alle urne. Si voterà domenica 4 maggio. Mentre l’eventuale ballottaggio, che si terrebbe se nessun candidato superasse il 50% di preferenze al primo turno, è fissato per il 18 maggio.
Nel Paese la fiducia nelle istituzioni democratiche è a livelli minimi, in un contesto geopolitico infuocato dalla guerra in Ucraina – che con la Romania condivide quasi 650 km di confine – e da tensioni interne alimentate da crisi economica, scandali politici e profonde divisioni sociali. Il popolo romeno è chiamato ad esprimere un voto che peserà non solo sulla stabilità interna, ma anche sull’orientamento del Paese rispetto all’Unione europea.
Sono undici i candidati ammessi. Tra loro, secondo la più recente analisi dell’istituto rumeno specializzato in sondaggi Curs, sarebbero cinque i candidati che raccoglierebbero i maggiori consensi, con un possibile testa a testa previsto fra George Simion e Crin Antonescu.
Simion, trentottenne dagli slogan incendiari, è dato in prima posizione al 26%. Guida l’Alleanza per l’Unione dei Romeni (Aur), compagine ultranazionalista ed euroscettica nata nel 2019 e affiliata in Europa al Partito dei Conservatori e riformisti, presieduto fino a pochi mesi fa da Giorgia Meloni. Sovranista “duro e puro”, alle precedenti elezioni poi annullate si era classificato quarto. Dopo l’esclusione del filorusso Georgescu dalla competizione elettorale – stabilita a marzo dalla Commissione elettorale e poi confermata dalla Corte costituzionale – Simion si è presentato come il suo ideale “sostituto”, abbracciandone gli slogan su economia, diritti e politica internazionale. Sostenuto anche dal Partito dei giovani, forza di estrema destra nata da una scissione con l’Aur, Simion contesta il sostegno all’Ucraina, sogna una Romania “alla Trump” e propone una riscrittura della Costituzione per consacrare la “famiglia tradizionale”.
Durante la campagna elettorale Simion – che vanta un passato da hooligan nella tifoseria di estrema destra Honor et Patria – è stato accusato di aver infranto le leggi rumene sulla privacy per aver spedito a casa dei potenziali elettori, soprattutto negli ambienti rurali, lettere personalizzate e libri religiosi.
Crin Antonescu, potenziale contender dato dai sondaggisti al 23%, si presenta come il candidato dell’equilibrio: europeista e filoamericano, ma contrario al coinvolgimento militare in Ucraina. Ex volto noto della politica rumena – ha ricoperto in passato le cariche di ministro dello Sport e di presidente del Senato – si presenta alla guida di una coalizione dei tre partiti che attualmente compongono la maggioranza parlamentare rumena: il Partito socialdemocratico, il Partito liberale (di cui è stato presidente) e l’Unione democratica magiari di Romania. Critico verso il sistema giudiziario che, a suo dire, avrebbe distrutto carriere politiche, Antonescu ha ribadito l’importanza di una “politica trasparente” e promesso di scovare gli agenti segreti “infiltrati nella stampa e nel Parlamento”.
Anche lui durante la campagna elettorale ha parlato di difesa della “famiglia tradizionale”, in linea con le posizioni dell’elettorato conservatore.
Meno probabile, secondo le indicazioni dell’istituto Curs, la vittoria degli altri tre candidati che emergono dal sondaggio: Victor Ponta, Nicușor Dan ed Elena Lasconi.
Nonostante sarebbe arrivata al ballottaggio contro Georgescu alle precedenti elezioni poi annullate, raccogliendo oltre il 19% delle preferenze, Elena Lasconi è adesso data intorno all’8%. Giornalista e sindaca di Câmpulung (cittadina della regione storica della Muntenia, nda) nota per il suo carattere schietto e diretto, leader dei liberali dell’Unione Salvate la Romania (Usr) ma attualmente in rotta col partito, Lasconi ha condotto la campagna elettorale spingendo sui temi della lotta alla corruzione e della promozione dei diritti civili. A favore del sostegno all’Ucraina e del rafforzamento della Nato, chiede di ridurre l’influenza dei servizi segreti nella vita politica. Sul tema dei diritti Lgbt, si distingue come la più progressista tra i principali candidati, sostenendo apertamente le unioni civili.
Possono invece contare su qualche chance di vittoria in più i candidati indipendenti Victor Ponta e Nicușor Dan. Ponta, ex enfant prodige della politica, a 37 anni era già il leader dei socialdemocratici e a 40 anni è diventato il più giovante primo ministro della storia del Paese. Rientra in campo senza partiti alle spalle dopo essersi autosospeso dai Psd perché contrario alla scelta di sostenere Antonescu alle presidenziali. Pragmatico sul fronte della politica estera, dice “no” ai soldati romeni in Ucraina e “sì” a un’alleanza stretta con gli Usa. In campagna elettorale ha parlato della necessità di un’economia più trasparente e protezionista, e di meno giochi nei tribunali e meno dossier politici. Conservatore sui diritti civili, Ponta cerca di riconquistare la fiducia di un elettorato che però non dimentica il suo passato da Primo ministro, costretto a dimettersi dopo la strage nella discoteca “Colectiv”, l’incendio avvenuto il 30 ottobre 2015 in cui persero la vita 64 persone e 146 rimasero ferite. Una tragedia che portò a galla la corruzione dilagante e la negligenza delle autorità e che fece scendere in piazza la società civile per rivendicare maggiori diritti e tutele democratiche.
Il secondo candidato indipendente, Nicușor Dan, architetto e matematico di formazione, attivista sin dai banchi di scuola e attuale sindaco di Bucarest, è dato dai sondaggi a quota 19%. Promuove un’agenda pro-Ue e pro-Nato. Forte sostenitore del sostegno all’Ucraina, ha posto il tema di una magistratura che dovrebbe, a suo dire, essere più incisiva contro la grande corruzione. Sui servizi segreti propone riforme profonde e la nomina di leader provenienti dalla società civile. Pur sostenendo la “famiglia tradizionale”, si è detto “aperto” alle unioni civili per le coppie omosessuali, affermando che sia un tema su cui deve esprimersi la società e non la politica. Dan, peraltro, può godere del traino dei liberali dell’Unione salvate la Romania, dopo che il partito ha deciso di scaricare la sua leader Lasconi.
In un clima appesantito da scandali e sospetti, i romeni saranno dunque chiamati non solo a scegliere un o una presidente, ma a decidere quale visione di futuro abbracciare. La sfida è aperta e la posta in gioco alta. Da un lato, la tentazione sovranista e isolazionista; dall’altro, la speranza di una maggior integrazione con l’Europa e di una tenuta del Paese sul fronte della democrazia interna.
L’autrice: Lia Trofin è giornalista
In foto la candidata Elena Lasconi, fonte wikimedia