Fino al 7 maggio la Casa dell’architettura di Roma ospita la seconda edizione di Rebirth Forum, organizzato da IPER festival e Museo delle periferie in collaborazione con la Fondazione Pistoletto Cittadellarte. Pubblichiamo la conversazione tra Michelangelo Pistoletto e Giorgio de Finis raccolta per la preparazione del Forum
Michelangelo puoi raccontarci come nasce Cittadellarte? Come sai, a me interessa molto questo rapporto tra arte e città, e la possibilità che ha l’arte – un certo modo di intendere l’arte – di “fare città”
Io ho costruito questa cittadella come opera d’arte. L’opera d’arte non è soltanto un oggetto da vendere, un oggetto da attaccare al muro, da sistemare al centro di una piazza, ma anche una situazione attiva, coinvolgente, partecipata, che per me è diventata importante a partire dagli anni Sessanta con l’uscita dallo studio dell’artista. Realizzai, all’epoca, un manifesto di apertura dello studio a cui hanno aderito artisti appartenenti a tutte le diverse forme espressive. Lo studio è un luogo convenzionale del sistema arte, basato poi su una estetica che spesso si traduce in mancanza di etica, in puro formalismo. Alla ricerca di un’etica, oltre che di un’estetica, io sono uscito in strada. È nato così lo zoo.
Lo zoo cos’è?
È l’uscita dalla gabbia. Lo zoo è l’insieme dei diversi animali che per me incarnano le diverse forme di arte. Ogni artista, al pari di un piccolo animale, doveva uscire dalla gabbia delle istituzioni per andare partecipare alla creazione di una nuova società, per scoprire un nuovo mondo. L’arte è creazione, ma anche la società è creazione. L’artista deve essere in prima persona responsabile di questa creazione che non è solo individuale, ma si estende al noi, al fare insieme, al vivere insieme, mettendo insieme la responsabilità alla capacità inventiva, proiettiva. È nato così il bisogno di connettere tra loro non solo settori delle diverse produzioni artistiche, ma tutti i settori della società: la politica, l’economia, l’educazione, il tema dell’energia, la produzione, tutto è parte di questo progetto che mette la creazione al centro delle forze che producono il corpo sociale per farne un’attività creativa comune.
Ho saputo che stai lavorando a un progetto che si chiama lo Stato dell’arte. Quindi dalla città siamo passati allo Stato, ci vuoi dire qualcosa su questa evoluzione? Se credo nella possibilità di creare delle zone “temporaneamente autonome”, abitando le crepe che inevitabilmente si aprono nel sistema, sulla possibilità di ampliare l’impresa investendo porzioni sempre più ampie della società nutro qualche dubbio…
Lo Stato dell’arte vuol dire due cose. Innanzitutto considerare quello che si è fatto, considerare la situazione attuale. Qual è lo stato dell’arte? È un’espressione del linguaggio comune. La situazione attuale è lo stato dell’arte. Ma non solo, ampliando l’idea della città dell’arte, lo Stato diventa anche un modo di organizzarsi praticamente per capire quale stato nasce dallo stato delle cose. Quindi lo Stato dell’arte è un modo di considerare la società in maniera tale per cui l’arte può intervenire in tutti gli ambiti, come abbiamo sperimentato in una scala più contenuta a Cittadellarte, per connetterli e creare uno stato di cose, una connessione tale che l’arte possa essere organizzazione sociale, organizzazione pratica, oltre che ideale. Mi piace pensare che la creazione artistica possa essere alla base di tutte le dinamiche che la città produce, di tutti gli effetti che la società produce su se stessa. Questa è la cosa straordinaria, l’arte che produce se stessa.
Il tuo Terzo Paradiso è un inno alla relazione…
Nel 2002 ho realizzato una linea che produce tre cerchi consecutivi. Avevo messo in un cerchio la natura, nel cerchio opposto l’artificio, al centro l’arte che deve combinare natura e artificio, e creare il terzo stadio che è il Terzo Paradiso. Paradiso nel senso etimologico della parola persiana che vuole dire giardino protetto. Questo terzo paradiso oggi non è più quello di quando io ho cominciato teorizzando la “trinamica” del Terzo Paradiso, perché da una parte la natura ormai è diventata sempre più artificiale, sempre più antropizzata, e quindi adesso abbiamo ai due estremi una Terra e un Cielo che sono antropizzazione da ambo le parti. Ma al centro c’è sempre l’arte che deve creare nuovo equilibrio e nuova armonia. Cos’è il contrario di armonia e equilibrio? È guerra. Quindi l’arte si assume anche la responsabilità di una pace preventiva, la pace che deve essere armonia, il buon senso e il buon vivere.
Mi interessa molto come tu risolvi alcune contraddizioni apparenti, per esempio l’idea che il fare, quindi la pratica, possa stare insieme con l’utopia, con l’ideale. Oppure il valore della singolarità, che l’artista incarna, e al tempo stesso il sapersi fare pluralità, entrare in comunicazione con gli altri attraverso il valore della differenza. Credo che quando tu immagini la pace, la immagini nel rispetto di tutte le differenze e di tutte le singolarità.
La pace è un fenomeno artificiale. La pace non esiste in natura. La natura è organizzata in maniera tale per cui ogni elemento della natura si nutre di altri elementi della natura stessa. La natura mangia se stessa, si nutre di se stessa. Il leone mangia l’agnello, l’aquila mangia l’uccellino. Abbiamo spesso scelto come simbolo il leone, l’aquila, cioè una rappresentazione del potere degli uni sugli altri, una politica culturale che rende chi non è parte di questo potere alla stregua di un animale di cui nutrirsi. Anche se tu non le mangi le persone, quando le uccidi facendo la guerra (e facendo la guerra assumi potere), è come se cannibalisticamente le stessi mangiando per il tuo potere. Questo è il sistema cannibalistico del potere mondiale che fa sì che ci siano delle aquile e dei leoni che mangiano tutti quegli altri individui umani che non sono l’incarnazione del potere. E quindi la guerra è genocida per natura, non è che ci siano le guerre genocide e quelle no, perché come tu uccidi un essere umano per poter nutrire la tua forza di comando e di possesso, tu stai compiendo un genocidio, tu uccidi gli esseri umani per questo possesso. Il genocidio è quotidiano, ovunque, basta con la guerra!
Tu sei candidato con il tuo progetto della Pace preventiva al Nobel per la Pace…
Io sono artista e voglio creare, voglio che il mondo sappia creare. E allora artificialmente tu fai sì che non ci sia più una natura che mangia se stessa, ma un artificio, una creazione umana, che non mangia più se stessa. Questa è la vera trasformazione dell’essere umano che ha sempre pensato di staccarsi dalla natura. Adesso l’autonomia sta nell’eliminazione della guerra, nel senso dell’eliminazione del nutrimento dell’uomo sull’uomo.
A proposito del tema del potere, in qualche modo il Forum, questa assunzione di responsabilità e anche di presa di parola nelle decisioni della città, dei territori, delle comunità, che il Forum incarna, è un modo per recuperare un po’ di potere rispetto ai grandi poteri che ci impediscono ormai di dire cosa pensiamo se non attraverso il rito del voto che sempre più appare svuotato di significato. In che modo il Forum restituisce senso e opportunità alla politica?
MP: Dici bene: il voto che si svuota con l’astensionismo crescente si “svota”. A parte la battuta, l’idea della democrazia è basilare, però non si è mai attuata nella sua piena possibilità. Il popolo non può avere potere perché è fatto di tantissime persone le quali individualmente non possono avere potere. A mio avviso bisogna ripartire dal concetto di demopratica, demopraxia, mettendo insieme demos e praxis. Praxis vuol dire pratica. Al posto della parola potere metti pratica. Come funziona la demopratica? Riconoscendo che ciascuno è parte di una o più organizzazioni, organizzazioni piccole, medie, private o pubbliche, che hanno ciascuna un piccolo governo proprio. È a questa scala, quella delle piccole e medie organizzazioni, che si può provare a discutere e risolvere i problemi. Al Forum siederanno 100 persone che rappresentano altrettante organizzazioni e questo è un modo per sperimentare e rilanciare la partecipazione e trovare soluzioni comuni, che ad un livello più alto sono spesso legati all’esercizio del potere e all’interesse economico.
La cosa che trovo fascinante, e che condivido pienamente, è questa sorta di auto-chiamata, auto-riconoscimento, l’idea che appunto l’arte possa autonomamente, senza aspettare incarichi, investiture o autorizzazioni, assumersi un compito che definirei in senso etimologico “politico”.
MP: L’arte non va più intesa come privilegio o come capacità del singolo. La capacità singola dell’artista è quella di saper sviluppare al massimo la propria creatività, la propria creazione. Ma oltre alla massima capacità individuale adesso l’arte, per avere pregio artistico, deve interrogarsi di come mettere insieme due capacità, non più una sola.
Qui torniamo alla tua formula 1 + 1 = 3 che tu dici è la formula dell’arte, ma anche è la formula della relazione, il prodotto dell’incontro. Come il dono, lo scambio di braccialetti e collanine dei Trobriandesi studiati da Malinowski, non è una transazione a somma zero, perché produce una relazione sociale…
Il terzo elemento è l’elemento che non esisteva, esiste solo per la possibilità dei due elementi che si sono uniti. La creazione è sempre il risultato dell’incontro di due elementi.
Ma adesso ti faccio io una domanda, la stessa che hanno fatto a me a volte. Mi hanno chiesto: sei felice? E io chiedo a te, sei felice tu che vuoi raggiungere un obiettivo straordinario che è quello di far sì che l’utopia di arrivare alla Luna (il riferimento è al Metropoliz e al suo viaggio sulla Luna, n.d.c.) come capacità pratica di fare qualche cosa che è apparentemente inaudito – e che unisce le nostre prospettive e i nostri sforzi – ti voglio chiedere: tu sei felice?
Il Rebirth Forum Roma è organizzato da IPER festival e Museo delle periferie in collaborazione con la Fondazione Pistoletto Cittadellarte, l’Ordine degli architetti di Roma e il Festival dell’architettura di Roma: dieci tavoli tematici, cento invitati rappresentanti di università, amministrazioni, associazioni, studi professionali e musei chiamati a discutere, in cinque giornate aperte al pubblico, sul futuro di Roma. Dispositivo artistico e demopratico, il Forum si concluderà con la stesura di un manifesto e un elenco di obiettivi condivisi da realizzare con l’apporto di tutti i cantieri.
Tra gli ospiti italiani e internazionali attesi al Rebirth Forum Roma, Francesco Rutelli che il 5 maggio dialoga con Giorgio de Finis e Orazio Carpenzano sul tema Città Vince, Città perde. Michelangelo Pistoletto è ospite d’onore della giornata del 6 maggio, in dialogo con Giorgio de Finis su Lo Stato dell’Arte. Segnaliamo anche che è da poco uscito il nuovo libro intervista di Michelangelo Pistoletto con Antonio Spadaro per i tipi di Marsilio Specchi, dal titolo Spiritualità.
L’evento si tiene nell’ambito dell’Iper Festival delle Periferie che a Roma prosegue fino al 28 maggio. Moltissimi gli spazi coinvolti per il festival, che ha la direzione artistica di Giorgio de Finis, e che quest’anno, per la sua quarta edizione, si presenta in forma diffusa.Tema scelto come filo conduttore è Roma e le sue trasformazioni, quelle che riguardano il centro come quelle che interessano la città ai margini. Il programma include un lungo programma di incontri, talk, convegni, camminate, proiezioni, lecture e mostre che coinvolgono molteplici luoghi della città, tra cui: Palazzo Esposizioni Roma, il Macro, la Casa dell’Architettura, la Casa del Cinema, il Teatro Ateneo, il Teatro Tor Bella Monaca, il Teatro Biblioteca Quarticciolo, la Società Geografica Italiana (Villa Celimontana), il Museo delle Civiltà, il MAAM, Piazza Tevere, Tor Marancia, il Quadraro.