Dicono che le restrizioni del decreto sicurezza non dovrebbero preoccupare la brava gente, perché tocca solo i criminali. Ascoltando in giro, sembra effettivamente che i bravi italiani della restrizione delle libertà che ieri è diventata legge se ne freghino. Una legge dal sapore fascistissimo, con il retrogusto del biennio 1925-1926, viene raccontata come un necessario passo verso l’ordine e la sicurezza.
Godono, molti italiani, perché i ladruncoli, i fragili e i troppo poveri finalmente avranno ciò che si meritano. Le leggi contro qualcuno, di questi tempi, son sempre ben accette se contengono l’aroma della vendetta verso altri, che non siamo noi. E il decreto sicurezza del governo Meloni è uno spartiacque – l’ennesimo muro – che rende socialmente clandestini coloro che non seguono il modo dell’italico cittadino.
Godono perché da oggi non ritarderanno più l’appuntamento dell’aperitivo per qualche manifestazione di ragazzi strepitanti per l’ambiente o per le recriminazioni di operai barbuti. Il decreto sicurezza ha tolto gli altri dall’itinerario quotidiano. Bene così, dicono.
Godono quando vengono bastonati gli altri giornalisti (che non leggono), godono quando vengono bastonati gli intellettuali dell’altra parte, godono quando si puniscono le altre identità sessuali, godono quando vengono randellate le altre famiglie.
La perdita dei diritti è uno scivolare lento. Non si percepisce perché sembra sempre circostante, con la buona intenzione di rimettere ordine. Finché, come cantava Umberto Tozzi, non ci si accorge che gli altri siamo anche noi. Ma di solito è già tardi.
Buon giovedì.