La parola sumud non ha un termine corrispondente in italiano. Potremmo chiamarla “perseveranza” ed è l’arma nonviolenta che i palestinesi in Cisgiordania coraggiosamente usano contro gli attacchi e i soprusi dei coloni. Ecco le loro testimonianze

C'è un pezzo di Palestina che da anni resiste attraverso la nonviolenza ai soprusi dell’esercito israeliano, agli attacchi dei coloni, al piano di occupazione sionista. Sulle mappe più antiche è segnato come Masafer Yatta, cioè le “colline a sud di Hebron”, in Cisgiordania, territori occupati palestinesi. Secondo gli accordi di Oslo l’area è C, ossia sotto il totale controllo militare e amministrativo israeliano. Questa è la terza generazione di attivisti nonviolenti ma è la prima nata e cresciuta all’ombra di colonie ed avamposti illegali. A raccontare questa terra incastonata tra l’asfalto della bypass road, una strada israeliana che collega le colonie ma confina i palestinesi, e la Valle del Giordano è Ali Awad del villaggio di Tuba.

«Ho scelto l’approccio nonviolento perché credo che sia il modo più efficace per resistere all’oppressione, pur mantenendo la nostra umanità e dignità. La nonviolenza rivela l’ingiustizia per quello che è realmente». Alì ha 27 anni è un attivista per i diritti umani e giornalista, da anni con la sua videocamera documenta le violenze subite dal suo villaggio. «Vivere sotto occupazione ci espone sempre a tentativi di espulsione. Attraverso la resistenza nonviolenta - ricostruire le case, coltivare i nostri campi e documentando la violenza dei coloni - mostriamo al mondo che esistiamo. Che abbiamo diritto di essere qui e che non saremo distrutti. La nonviolenza non è debolezza; è una forma di forza radicata nella comunità, nella pazienza e nella profonda fede nella giustizia». Lo afferma con la forza di chi, fin da bambino, è stato testimone dei soprusi compiuti dall’Idf e della cieca rabbia razziale dei coloni. Tra il novembre e il dicembre 1999, essendo tutta l’area di Masafer Yatta stata dichiarata “firing zone” ossia area di addestramento militare israeliana, già dal 1980 da parte del ministro dell’Agricoltura Ariel Sharon, 12 villaggi furono fatti evacuare con la forza. Tra questi anche Tuba.

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