Che l’unione di fatto tra Elon Musk e il presidente Usa Donald Trump sarebbe finita in baruffa era già scritto. I due, coppia di fatto nella cleptocrazia americana, intendono la politica come occasione personale di revanscismo. Solo che le rivincite dell’uno non coincidono con quelle dell’altro. A Trump interessa diventare la statua vivente di sé stesso, divorato da un’egomania che per molti sconfina nel caso clinico. Elon Musk ha voluto provare il brivido di trasformare i soldi in potere, ennesimo lusso di un visionario che si soddisfa solo con le trasformazioni.
Ha ragione Musk quando dice che Trump non avrebbe mai riconquistato la Casa Bianca senza di lui. Meglio: senza il suo denaro, in cui Musk si identifica ed è identificato. Ha ragione Trump quando dice che Musk è riccamente foraggiato dai soldi dei contribuenti americani: il patron di Tesla e SpaceX è un maestro nel costruire bisogni e creare dipendenze. È anche per questo che l’idea del governo Meloni di legarsi al magnate sudafricano per l’internet via satellite è pericolosa, oltre che cretina.
L’utopia Maga che ha soffiato dietro la rielezione di Trump è già sbriciolata e finirà nel peggiore dei modi. Dove la politica diventa avanspettacolo anche le separazioni sono un’operetta buffa. Nel bisticcio di queste ultime ore si assiste alla gara di chi ha il complottismo più lungo. Non c’è politica nella sequela di offese personali: due bambini che bisticciano, negano, accusano. Due tra gli uomini più potenti del mondo che si tirano i capelli in cortile. Eccoli, gli Usa del Make America Great Again.
Buon venerdì.