Aumentano le quote, resta il trucco. Il nuovo decreto flussi promette mezzo milione di lavoratori stranieri entro il 2028 ma conserva intatto l’inganno strutturale: il famigerato “clic day”, che trasforma la migrazione per lavoro in una lotteria digitale. Nessun correttivo, nessuna riforma del sistema che nel 2024 ha funzionato solo per il 7,8% dei richiedenti. Il resto è precarietà, invisibilità, lavoro nero.
Il governo annuncia trionfante le nuove soglie, ma le cifre raccontano un’altra storia: solo 9.331 domande andate a buon fine su quasi 120mila quote assegnate. Il meccanismo è lo stesso: burocrazia opaca, attese infinite, contratti che non arrivano mai. È un dispositivo costruito per generare irregolarità, per produrre manodopera ricattabile, docile e silenziosa.
Le quote saranno distribuite nel triennio tra stagionali, autonomi, colf e badanti. Ma i numeri sono funzionali a un racconto propagandistico: si espone la vetrina, mentre nei magazzini resta il caporalato. Nessuna garanzia di continuità, nessun permesso temporaneo per chi si ritrova sospeso tra una chiamata mancata e un rimpatrio automatico. Si parla di “lavoratori ad alta qualifica” dai Paesi partner nei rimpatri, come se un accordo con una dittatura bastasse a garantire diritti.
Persino Coldiretti chiede di superare il clic day. Ma il governo, sordo, blinda il meccanismo. Non lo riforma perché gli serve così com’è: un bacino di lavoratori regolari sulla carta, ma facilmente trasformabili in irregolari da sfruttare. Nel decreto non c’è futuro: c’è solo gestione, controllo, sfruttamento. I migranti restano merce: strumento di propaganda in tempo di pace, carne da lavoro in tempo di raccolta.
Così Giovanni Mininni, segretario generale Flai Cgil:
«Il nuovo decreto Flussi, purtroppo, non risolve i numerosi problemi che vivono sulla propria pelle i lavoratori immigrati dell’agroalimentare, come da anni continuiamo a denunciare. Sono ancora troppi i casi di truffe da parte di aziende agricole fittizie a danni di lavoratori stranieri che pagano per ottenere il nulla osta e poi si trovano senza lavoro né documenti. Così come sono troppi i lavoratori che iniziano l’iter e poi non arrivano ad ottenere i documenti, a causa di burocrazia e lungaggini».Lo dichiara Giovanni Mininni, segretario generale della Flai Cgil, commentando il via libera del Consiglio dei ministri al dl Flussi. «Inoltre, come sappiamo, spesso attraverso le quote vengono regolarizzati lavoratori immigrati già presenti nel nostro Paese. Ma non è sufficiente – prosegue Mininni -. I lavoratori irregolari nell’agricoltura italiana sono circa 200mila, come ha censito il nostro osservatorio Placido Rizzotto. Per questo serve superare la logica repressiva della Bossi-Fini, promuovendo una nuova legislazione inclusiva sul tema dell’immigrazione, partendo con la regolarizzazione di coloro che vivono e lavorano qui».