«Gli insegnanti di religione cattolica sono una risorsa per la scuola italiana. Ci sono 4mila posti vacanti». Nell’ottobre scorso il sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi, annunciava così la creazione di un tavolo tecnico sul concorso per l’assunzione dei nuovi docenti destinati all’Insegnamento della religione cattolica (Irc). Ovviamente «interloquendo con la Conferenza episcopale», sottolineava Toccafondi. E così è stato.
Il 25 gennaio il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, ha emesso una nota annunciando che il concorso è imminente: «I membri del Consiglio permanente Cei hanno condiviso alcune considerazioni sulle caratteristiche della certificazione dell’idoneità diocesana degli insegnanti di religione cattolica, in vista di un concorso nazionale, che nell’anno in corso dovrebbe essere svolto su base regionale e poi articolato secondo i numeri necessari in ciascuna diocesi». Vale a dire che la Chiesa ha stabilito i criteri necessari per poter aspirare a uno di quei 4mila posti vacanti. Già perché, in virtù del Concordato del 1929 firmato da Mussolini e il card. Gasparri, e poi ribadito nelle modifiche del 1984 (Craxi e mons. Casaroli), la Cei potrà mostrare il pollice verso se la vita privata di uno dei vincitori non dovesse rispettare i suddetti parametri.
Basti ricordare il caso della professoressa di una scuola media di Firenze in gravidanza “non canonica”, cioè rimasta incinta al di fuori del matrimonio, che fu per questo…