«È finita la pacchia» dice il ministro dell’Interno irridendo chi rischia la vita per raggiungere l’Italia e lavora come uno schiavo del caporalato nelle nostre campagne. «Hanno 17 anni e restano a bordo» sentenzia Salvini, cieco e sordo ai messaggi degli stessi siracusani che scrivono «Fateli scendere» su lenzuoli bianchi appesi alle finestre. «Non è roba nostra, se li prendano i Paesi Bassi», insiste lui riferendosi ai minorenni a bordo della Sea watch da giorni in balìa del mare. Il linguaggio carico di odio, sempre più violento, di esponenti di governo rimbomba ogni giorno nelle nostre orecchie. Rivolto a migranti, rom, giovani come Arafet, cittadino italiano di origine tunisina che ha perso la vita durante un fermo della polizia. «Dovevano dargli un cappuccio e brioche?» ironizza il Capitano che poi inneggia alle forze dell’ordine che hanno salvato una gatta, promettendo pene severe per chi voleva uccidere... la povera gattina. È un eufemismo definire spregiudicata la propaganda orchestrata dai social media manager al servizio di Salvini. Difficile non pensare a certe fotografie dei nazisti che accarezzavano amorevolmente figli e cani, mentre sterminavano bambini ebrei come fossero cose, oggetti inanimati. Operazione comunicativa lucida, decisa a tavolino, spietata. Ma anche noi commentatori rischiamo di esserne complici quando diciamo che è un’operazione studiata per accaparrarsi voti, quando ripetiamo che lo fa per ottenere consenso. Come se fosse normale ottenere consenso con frasi che incitano all’odio e con provvedimenti che vanno contro i valori antifascisti della Costituzione, come quelli contenuti nel decreto “immigrazione e sicurezza” che negano i diritti ai richiedenti asilo e impongono una feroce stretta alla protezione umanitaria. Il fascismo è ur fascismo, è endemico ed eterno diceva Umberto Eco. Noi non pensiamo che sia innato, ma che allora come ora una parte della società italiana, quella che si bea del revanscismo reazionario si sia gravemente ammalata, al punto da aver perso il proprio volto, al punto di aver perso ogni sensibilità e capacità di sentire. C’è qualcosa di patologico in questo consenso che cresce, almeno nei sondaggi, in modo proporzionale alla violenza del discorso politico legastellato. Ma c’è anche qualcosa di patologico nel trasformismo camaleontico di politici del centrosinistra che hanno dato avvio a tutto questo e oggi si fingono anime belle. E allora ci appare sempre più importante, contro questa ubriacatura di amnesia collettiva, tornare ogni settimana a rimettere in fila i fatti, ricordare le cifre del genocidio nel Mediterraneo di cui ci stiamo rendendo tutti responsabili stando in silenzio. Ci pare fondamentale farlo riportando in primo piano le voci, le identità, le storie di chi è annegato perché l’Europa e questo governo si sono voltati dall’altra parte. Gli sbarchi sono diminuiti, Minniti e Salvini, fanno a gara nell’attribuirsene il “merito”, ma non dicono che se anni fa annegava nel Mediterraneo una persona su 39 ora ne scompare una su 6. È una palese menzogna affermare che nel Mediterraneo si muore perché ci sono le Ong come ha detto il ministro dell’Interno accusato di sequestro di persona aggravato per aver impedito lo sbarco di profughi dalla nave Diciotti. è vero l’esatto contrario, si muore perché le Ong non ci sono più, si muore a causa delle criminali politiche di chiusura dei porti e degli accordi con la Libia. Pesa su questo governo la responsabilità delle 170 persone annegate in due giorni a metà gennaio, ma anche la responsabilità delle centinaia di persone che sono state ricacciate nei lager libici. Fotografie agghiaccianti sono circolate anche nei giorni scorsi che mostrano persone in catene, con i segni di torture. “Si prega di chiudere gli occhi”. Lo pretende Matteo Salvini brandendo Vangelo e rosario. Con lui il devoto di padre Pio Giuseppe Conte. Ma anche il ministro delle Infrastrutture Toninelli che con un grottesco ribaltamento della realtà si appella ai trattati internazionali, che questo governo ha ampiamente violato, rinnegando il millenario diritto del mare e uccidendo qualsiasi forma di umana solidarietà. Per tentare di rifarsi una verginità in vista delle europee, il ministro Luigi Di Maio attacca la Francia additandone gli interessi neocoloniali in Libia. Come se l’Italia non ne avesse. Non sa il giovane ministro che si vanta di non essere laureato che la Libia ha assunto la forma imposta dal colonialismo italiano? Non sa che gli italiani sono stati i primi a usare i gas contro i civili? I fascisti italiani sono responsabili di un genocidio in Cirenaica, perpetrarono uno sterminio di massa in Etiopia. La storia del colonialismo è lunga e agghiacciante, ha caratterizzato il fascismo ma anche le epoche precedenti. E in forme moderne il colonialismo italiano, francese, europeo e delle altre potenze continua ancora oggi sotto forma di land grabbing, di sfruttamento delle risorse da parte delle multinazionali, di esternalizzazione delle frontiere e di costruzione, diretta o indiretta di disumani campi profughi e luoghi di detenzione per migranti. Numerosi e approfonditi articoli su questo numero di Left ricostruiscono il panorama del neocolonialismo del nuovo millennio, riallacciando i fili con il passato. Conoscere, approfondire tornare a raccontare come fu compiuto lo sterminio è un impegno più che mai imprescindibile. Raccontare le storie dei migranti, capire perché sono costretti a lasciare le loro terre, quali sono le nostre responsabilità è un impegno civile prioritario. Risuonano come una denuncia fortissima le parole della senatrice Liliana Segre: «Noi ebrei eravamo senza nome, oggi percepisco la stessa indifferenza verso i migranti». Non accettiamo di chiudere gli occhi. [su_divider style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

L'editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola dall'1 febbraio 2019

[su_button url="https://left.it/left-n-5-1-febbraio-2019/" background="#a39f9f" size="7"]SOMMARIO[/su_button] [su_button url="https://left.it/prodotto/left-05-2019-1-febbraio/" target="blank" background="#ec0e0e" size="7"]ACQUISTA[/su_button]

[su_divider text=" " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

«È finita la pacchia» dice il ministro dell’Interno irridendo chi rischia la vita per raggiungere l’Italia e lavora come uno schiavo del caporalato nelle nostre campagne. «Hanno 17 anni e restano a bordo» sentenzia Salvini, cieco e sordo ai messaggi degli stessi siracusani che scrivono «Fateli scendere» su lenzuoli bianchi appesi alle finestre. «Non è roba nostra, se li prendano i Paesi Bassi», insiste lui riferendosi ai minorenni a bordo della Sea watch da giorni in balìa del mare. Il linguaggio carico di odio, sempre più violento, di esponenti di governo rimbomba ogni giorno nelle nostre orecchie. Rivolto a migranti, rom, giovani come Arafet, cittadino italiano di origine tunisina che ha perso la vita durante un fermo della polizia. «Dovevano dargli un cappuccio e brioche?» ironizza il Capitano che poi inneggia alle forze dell’ordine che hanno salvato una gatta, promettendo pene severe per chi voleva uccidere… la povera gattina.

È un eufemismo definire spregiudicata la propaganda orchestrata dai social media manager al servizio di Salvini. Difficile non pensare a certe fotografie dei nazisti che accarezzavano amorevolmente figli e cani, mentre sterminavano bambini ebrei come fossero cose, oggetti inanimati. Operazione comunicativa lucida, decisa a tavolino, spietata. Ma anche noi commentatori rischiamo di esserne complici quando diciamo che è un’operazione studiata per accaparrarsi voti, quando ripetiamo che lo fa per ottenere consenso. Come se fosse normale ottenere consenso con frasi che incitano all’odio e con provvedimenti che vanno contro i valori antifascisti della Costituzione, come quelli contenuti nel decreto “immigrazione e sicurezza” che negano i diritti ai richiedenti asilo e impongono una feroce stretta alla protezione umanitaria.

Il fascismo è ur fascismo, è endemico ed eterno diceva Umberto Eco. Noi non pensiamo che sia innato, ma che allora come ora una parte della società italiana, quella che si bea del revanscismo reazionario si sia gravemente ammalata, al punto da aver perso il proprio volto, al punto di aver perso ogni sensibilità e capacità di sentire. C’è qualcosa di patologico in questo consenso che cresce, almeno nei sondaggi, in modo proporzionale alla violenza del discorso politico legastellato. Ma c’è anche qualcosa di patologico nel trasformismo camaleontico di politici del centrosinistra che hanno dato avvio a tutto questo e oggi si fingono anime belle. E allora ci appare sempre più importante, contro questa ubriacatura di amnesia collettiva, tornare ogni settimana a rimettere in fila i fatti, ricordare le cifre del genocidio nel Mediterraneo di cui ci stiamo rendendo tutti responsabili stando in silenzio.

Ci pare fondamentale farlo riportando in primo piano le voci, le identità, le storie di chi è annegato perché l’Europa e questo governo si sono voltati dall’altra parte. Gli sbarchi sono diminuiti, Minniti e Salvini, fanno a gara nell’attribuirsene il “merito”, ma non dicono che se anni fa annegava nel Mediterraneo una persona su 39 ora ne scompare una su 6. È una palese menzogna affermare che nel Mediterraneo si muore perché ci sono le Ong come ha detto il ministro dell’Interno accusato di sequestro di persona aggravato per aver impedito lo sbarco di profughi dalla nave Diciotti. è vero l’esatto contrario, si muore perché le Ong non ci sono più, si muore a causa delle criminali politiche di chiusura dei porti e degli accordi con la Libia. Pesa su questo governo la responsabilità delle 170 persone annegate in due giorni a metà gennaio, ma anche la responsabilità delle centinaia di persone che sono state ricacciate nei lager libici. Fotografie agghiaccianti sono circolate anche nei giorni scorsi che mostrano persone in catene, con i segni di torture. “Si prega di chiudere gli occhi”. Lo pretende Matteo Salvini brandendo Vangelo e rosario. Con lui il devoto di padre Pio Giuseppe Conte. Ma anche il ministro delle Infrastrutture Toninelli che con un grottesco ribaltamento della realtà si appella ai trattati internazionali, che questo governo ha ampiamente violato, rinnegando il millenario diritto del mare e uccidendo qualsiasi forma di umana solidarietà. Per tentare di rifarsi una verginità in vista delle europee, il ministro Luigi Di Maio attacca la Francia additandone gli interessi neocoloniali in Libia. Come se l’Italia non ne avesse.

Non sa il giovane ministro che si vanta di non essere laureato che la Libia ha assunto la forma imposta dal colonialismo italiano? Non sa che gli italiani sono stati i primi a usare i gas contro i civili? I fascisti italiani sono responsabili di un genocidio in Cirenaica, perpetrarono uno sterminio di massa in Etiopia. La storia del colonialismo è lunga e agghiacciante, ha caratterizzato il fascismo ma anche le epoche precedenti. E in forme moderne il colonialismo italiano, francese, europeo e delle altre potenze continua ancora oggi sotto forma di land grabbing, di sfruttamento delle risorse da parte delle multinazionali, di esternalizzazione delle frontiere e di costruzione, diretta o indiretta di disumani campi profughi e luoghi di detenzione per migranti. Numerosi e approfonditi articoli su questo numero di Left ricostruiscono il panorama del neocolonialismo del nuovo millennio, riallacciando i fili con il passato. Conoscere, approfondire tornare a raccontare come fu compiuto lo sterminio è un impegno più che mai imprescindibile. Raccontare le storie dei migranti, capire perché sono costretti a lasciare le loro terre, quali sono le nostre responsabilità è un impegno civile prioritario. Risuonano come una denuncia fortissima le parole della senatrice Liliana Segre: «Noi ebrei eravamo senza nome, oggi percepisco la stessa indifferenza verso i migranti». Non accettiamo di chiudere gli occhi.

L’editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola dall’1 febbraio 2019


SOMMARIO ACQUISTA