Sono trascorsi sette anni dalla scomparsa di Massimo Fagioli (1931-2017), psichiatra rivoluzionario, scienziato geniale, artista creativo, il cui pensiero teorico, unito a una prassi di psicoterapia condotta per 41 anni con il grande gruppo denominato Analisi Collettiva, ha segnato profondamente la storia della psichiatria, della psicoterapia e della ricerca sulla mente degli esseri umani degli ultimi settant’anni.
E a sette anni di distanza la Fondazione Massimo Fagioli ha aperto ai visitatori, attraverso visite guidate, una selezione dei manoscritti, libri, disegni, fotografie e audiovisivi che formano l’archivio dello psichiatra.
Ci si potrebbe chiedere quale sia il valore aggiunto di carte e documenti, disegni originali e foto, interviste e lezioni registrate su nastri e video, rispetto a più di trenta volumi dello psichiatra editi tra il 1972 e il 2017, oltre alle opere postume e a una lunga serie di articoli, interviste, contributi, saggi che Fagioli ha pubblicato nel corso della sua esistenza.
La risposta forse più convincente a questa domanda arriva dall’interesse e dall’emozione con cui i primi centocinquanta visitatori hanno partecipato, seguendo e ascoltando per tre lunghe ore, alle prime visite in programma il 4 febbraio scorso a Roma, presso la sede di Spazio M3 dove è ospitato l’archivio di Massimo Fagioli.
Gli archivisti e gli storici che, a titolo di volontariato, si dedicano da più di un anno all’inventariazione dei documenti (60 faldoni di manoscritti e dattiloscritti, cartelle di disegni e schizzi, scatole di fotografie, 1500 libri, audio e video meno noti, materiale a stampa) promossa dalla Fondazione, hanno costruito un percorso cronologico e tematico attraverso le carte, i libri, le foto, i disegni, gli audiovisivi finora schedati, con l’obiettivo di condividere con il pubblico dei visitatori le tracce meno note della biografia e dell’esperienza professionale dello psichiatra.
Passare da un quaderno scolastico di riflessioni giovanili ai verbali dettagliati delle sedute tenute da Fagioli ai pazienti curati con la terapia insulinica presso l’ospedale di Padova nei primi anni Sessanta, leggere le relazioni, rigorose e al tempo stesso incredibilmente poetiche, da lui redatte durante la direzione della comunità terapeutica di Villa Landegg a Kreuzlingen, esaminare il voluminoso fascio di appunti preparatori per la sua prima dirompente opera teorica, Istinto di morte e conoscenza (1970-1972), scorrere il manoscritto di 400 fogli di Bambino, donna e trasformazione dell’uomo (1980), che condensa, oltre alla storia personale di Fagioli, una critica serrata del pensiero filosofico e psichiatrico che lo aveva preceduto e un’analisi approfondita e al tempo stesso impietosa dei movimenti politici e culturali che hanno attraversato il secolo scorso: tutto questo, oltre a interessare e appassionare, trascina il visitatore nel coinvolgimento emotivo legato al ritrovarsi nel mondo personalissimo e riservato della persona che ha scritto, ricevuto e conservato quelle carte, in molti casi per oltre 60 anni. Che dire poi della sala dei disegni originali e delle fotografie, dove a un caleidoscopio di forme e colori segue una sequenza di immagini a volte commoventi, di momenti vissuti da Fagioli con i pazienti dell’Analisi collettiva?
Molti elementi concorrono a rendere l’archivio di Massimo Fagioli un patrimonio prezioso che la Fondazione a lui intitolata si impegna a conservare, ordinare e rendere consultabile: si tratta di un complesso di documenti originali che consentono al ricercatore, allo studioso o semplicemente a chi desidera approfondire certe tematiche, di entrare nello studio dello psichiatra che ha rivoluzionato il pensiero e la pratica della psicoterapia, per indagare e comprendere da vicino la sua formazione, i suoi interessi, il suo modo di lavorare, lo sviluppo e l’articolarsi del suo pensiero teorico insomma la materia viva e concreta su cui si fondano le sue opere.
È stato osservato che gli archivi di persona si formano spontaneamente nel corso dell’esistenza di un individuo e nello svolgimento della sua attività, ma la loro conservazione non è affatto scontata e quasi sempre è frutto di una scelta personale. Decidere di custodire le proprie carte fa capo alla consapevolezza del valore del proprio ruolo individuale e del proprio lavoro in un determinato ambito culturale o sociale. Per un intellettuale, medico e psichiatra, scienziato e pensatore quale è stato Massimo Fagioli, che ha attraversato gli ultimi sessant’anni di storia pienamente consapevole dell’importanza che i propri scritti teorici e la propria attività terapeutica avrebbero rivestito per le generazioni future, la scelta di conservare le proprie carte nel tempo, cui concorse senz’altro l’opera delle persone a lui vicine, appare assolutamente fondata.
“Cantiere Archivio. Viaggio nell’archivio di Massimo Fagioli”, questo il titolo delle visite guidate, continua, su prenotazione attraverso il sito della Fondazione Massimo Fagioli, nelle date del 25 febbraio, 24 marzo, 21 aprile e 26 maggio 2024, ore ore 10:30 e ore 15.
Sabato 17 e domenica 18 febbraio alle ore 12 sul sito della Fondazione Massimo Fagioli, si apriranno le prenotazioni per i prossimi appuntamenti.
l’autrice: l’archivista Orietta Verdi è curatrice dell’Archivio Massimo Fagioli
Il ritratto dello psichiatra Massimo Fagioli in apertura, così come tutte le altre immagini sono pubblicate per gentile concessione della Fondazione Massimo Fagioli