Con il saggio L’orchestra di Goebbels, il giornalista Giovanni Mari completa una trilogia dedicata al criminale della manipolazione nazista e avverte: «Le tecniche di Goebbels non sono morte, si sono trasformate. Tocca a noi riconoscerle e resistere»

Giovanni Mari, giornalista al Secolo XIX di Genova, si è occupato a lungo dello scontro tra i partiti italiani, interessandosi in particolare al tema della propaganda politica. per le Edizioni Lindau, esce il suo nuovo saggio L’orchestra di Goebbels. Ordini e veline alla stampa per manipolare le masse. Visto l’interessante, quanto attuale, tematica, abbiamo deciso di raggiungerlo per intervistarlo.

Con questo libro possiamo dire che ha concluso una sorta di “Trilogia” su Paul Joseph Goebbels, ma cosa l’ha spinta a tornare di nuovo su questa figura?

Sì, Goebbels si è preso una parte importante della mia vita e ora ho persino bisogno di scacciare l’incubo del suo portato politico e mediatico. Ma in qualche modo è stato inevitabile studiare a lungo le tattiche e le strategie di quest’uomo tanto malvagio e freddo quanto acuto e determinato nello stravolgere e nel piegate a vantaggio dell’idea nazista ogni singolo spicchio della realtà attraverso sofisticate e reiterate menzogne. Sono da sempre uno studioso della politica e della propaganda e Goebbels interpreta e realizza diabolicamente entrambe le arti. In questo libro mi soffermo soprattutto sulle tecniche che Goebbels ha usato per ipnotizzare i tedeschi sui grandi cavalli di battaglia del nazismo, specie per la sanguinaria campagna antisemita. Non è mera teoria: quella che descrivo è un’analisi dettagliata delle veline che ogni giorno il ministro della Propaganda propinava ai direttori dei giornali obbligandoli a riportarle lettera per lettera sulle loro testate.

Nel libro tratta molto bene la propaganda bellica di Goebbels, con l’esasperazione della cultura del nemico, la «pratica della guerra totale», le menzogne e il ribaltamento delle cronache nemiche, specie quelle inglesi, visto che la radio inglese, come Radio Londra, era ascoltata in Germania e raccontava una situazione diversa. Guardando all’attualità, secondo lei siamo o possiamo ancora essere vittime della propaganda di guerra fatta da entrambi i fronti?

È nei fatti. Lampante. Noi europei

Questo articolo è riservato agli abbonati

Per continuare la lettura dell'articolo abbonati alla rivista
Se sei già abbonato effettua il login