Africa Occidentale, su un frammento di terra fertile c’è lo Stato più piccolo del Continente: 11.300 chilometri per una popolazione di nemmeno 2 milioni di abitanti. È la Repubblica presidenziale del Gambia, completamente circondata dal Senegal tranne nel punto in cui l’omonimo fiume sfocia nell’Oceano Atlantico. Eppure sono tantissimi i gambiani sbarcano sulle nostre coste. Il Gambia è il terzo dei Paesi da cui proviene chi cerca di entrare in Europa attraverso il Mediterraneo. Quella del Gambia è una vera e propria fuga di massa: sono 8.556 i richiedenti gambiani nel nostro Paese, il 386% in più dell’anno precedente (quando se ne sono contati 1.760). E quest’anno non si registrano cifre inferiori, anzi. Secondo il Viminale, nei primi due mesi del 2015 il Gambia è il primo Paese dal quale proviene chi chiede asilo: dal Gambia (1.639), dalla Nigeria (1.220), dal Senegal (1.194). Sono questi i tre principali Paesi di origine delle 11.247 richieste d’asilo registrate in Italia.
Delle 5.804 domande esaminate nei primi due mesi del 2015 (che non corrispondono agli arrivi data la lentezza burocratica delle commissioni): a 428 persone (il 7%) è stato concesso lo status di rifugiato, a 1.143 la protezione sussidiaria (20%), a 1.292 il permesso per motivi umanitari (22,5%), a 2.799 il diniego (48,5%). Chi scappa dal Gambia, per molte delle commissioni territoriali che “analizzano” e decidono sulla concessione della protezione, è “solo” un migrante economico, escluse rare eccezioni. E sono tanti i ricorsi in tribunale e chi arriva a farlo spesso lo vince.
Perché i gambiani scappano?
Esattamente da 21 anni (dal colpo di Stato del 22 luglio 1994) in Gambia regna il clima di terrore instaurato dal presidente Yahya Jammeh. Più di un ventennio di regime dopo, la situazione dei diritti umani non smette di aggravarsi. Nell’ultimo anno sono state arrestate decine di persone, tra sospettati e loro parenti e amici, accusati di aver preso parte a un tentativo di colpo di stato nel dicembre 2014 sono stati arrestati e spariti nel nulla. E tra i desaparecidos ci sarebbe anche un bambino.
Le Nazioni Unite e l’Unione Africana hanno già chiesto in proposito l’apertura di un’indagine. Ma il presidente Jammeh continua a ignorarli. Lo scorso marzo il relatore speciale delle Nazioni Unite contro la tortura ha scritto nel suo rapporto sul Gambia: «La tortura è brutale e viene praticata mediante pestaggi, scariche elettriche e soffocamento». Alcuni detenuti, poi, hanno denunciato di essere stati costretti a infilare la testa in una busta di plastica piena di acqua bollente e altri liquidi ustionanti.
Il clima di terrore si è acuito pochi giorni fa. Il 17 luglio Jammeh ha disposto la ripresa delle esecuzioni, annunciando l’ampliamento del numero dei reati per cui è prevista la pena di morte. Ecco il motivo per cui tra coloro che vengono soccorsi mentre cercano di attraversare il Mediterraneo o muoiono nel tentativo, vi sono tanti gambiani.
Ecco da cosa scappano i gambiani che respingiamo.
E chi viene respinto rischia di commettere un reato, perché un recente emendamento ha introdotto nel codice penale il reato di «rendersi irreperibili alle autorità».
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