L’Italia perderebbe quasi 300mila posti di lavoro se il Transatlantic trade on investment partnership (Ttip) venisse approvato. Con guadagni di reddito pro capite che non supererebbero lo 0,5%. Lo sostiene il rapporto «Ttip and Jobs» commissionato dal Parlamento europeo alla Direzione generale delle politiche interne dell’Ue. L’accordo, in corso di negoziazione tra Stati Uniti e Unione europea dal 2013, prevede una diminuzione generale delle barriere commerciali sia di tipo tariffario (i dazi doganali sono attualmente a una media del 4%) sia di tipo non tariffario (standard e regolamenti). Secondo il report, se il Ttip venisse approvato, comporterebbe «effetti negativi di breve periodo sulla disoccupazione», alla luce di un lungo processo che vedrebbe i lavoratori trasferirsi da imprese poco competitive a industrie ad alta tecnologia orientate all’esportazione.
Le cose cambierebbero però nel lungo periodo, e secondo le previsioni il trattato porterebbe nel giro di qualche anno a una diminuzione del tasso di disoccupazione. In particolare, con la liberalizzazione commerciale, si innescherebbe un processo che potrebbe rendere l’economia europea più competitiva e produttiva, con un aumento dei salari per molti lavoratori e una diminuzione dei prezzi per i consumatori. Il testo precisa come l’accordo comporti comunque «opportunità e minacce», con una crescita di posti di lavoro in alcuni settori e una diminuzione in altri. I settori più colpiti, si prevede siano quelli dell’industria metalmeccanica, della produzione dei macchinari elettrici e del settore dei servizi finanziari. Quelle che beneficerebbero sarebbero invece il settore dei motoveicoli, quello manifatturiero, e le filiere alimentari.
È importante – continua il rapporto – che i Paesi europei abbiano «gli strumenti necessari per affrontare i costi sociali derivanti dal processo di aggiustamento»: in questo contesto è cruciale introdurre politiche di flexsecurity, che puntino a proteggere «i lavoratori piuttosto che il lavoro», con generosi sussidi di disoccupazione e in generale politiche di sostegno al reddito.
Sarà inoltre necessario ricorrere a strumenti più ampi, come l’European globalization fund (Egf), che prevede un sostegno ai lavoratori in esubero nel caso di «trasformazioni rilevanti del mercato del lavoro dovute alla globalizzazione». Fondo che, come sottolinea Sbilanciamoci.it, è stato ridotto da 500 milioni a 150 milioni per il periodo 2014-2020. Mentre l’America ha aumentato il budget per contrastare gli effetti negativi degli accordi commerciali di 2,3 miliardi di dollari.
Nella classifica dei paesi che sarebbero più danneggiati nel breve periodo dal Ttip l‘Italia è seconda solo alla potente Germania (che secondo le stime sarebbe compromessa di circa 450mila posti di lavoro), seguita dal Regno Unito, Spagna e Francia. Il rapporto conclude sostenendo che i benefici che apporterebbe il Ttip nel lungo periodo sarebbero si positivi ma comunque poco incisivi sotto il punto di vista della quantità dei posti di lavoro creati. Su una forza lavoro europea complessiva di 240 milioni è stato stimato che nel lungo periodo il Ttip potrebbe creare in Europa circa 102mila posti di lavoro, circa lo 0,4% in più dell’occupazione.