Grande enfasi sul numero dei matrimoni in aumento, mentre il vero boom è quello del divorzio. Ecco cosa succede quando una legge aiuta a vivere meglio. L’introduzione del divorzio breve si è fatta sentire, eccome. La legge n. 55/2015, attesa da 30 anni, ha prodotto i suoi risultati, visto che nel 2015 i divorzi sono aumentati del 57 per cento rispetto al 2014. Secondo i dati Istat pubblicati oggi, i divorzi sono stati 82.469, mentre le separazioni sono state 91.706 (più 2,7% rispetto al 2014). Un anno per dirsi addio rispetto ai tre della precedente legislazione e addirittura sei mesi per la consensuale: queste le norme che finalmente allineano l’Italia agli altri Paesi europei. Negli anni in cui la legge sul divorzio breve giaceva ancora nei cassetti del Parlamento per la fiera opposizione del fronte di centrodestra e dell’ala cattolica, gli italiani dovevano ricorrere a espedienti quali prendere la residenza per un breve periodo all’estero e poi successivamente divorziare in quei Paesi più benevoli nei confronti dei legittimi diritti della coppia di separarsi. Quel fenomeno finito anche nei dizionari come “turismo divorzile” ora è definitivamente un ricordo del passato come dimostrano i dati dell’Istat.
La legge sul divorzio breve è stata accompagnata anche da un’altra importante norma approvata ed entrata in vigore nel 2014, la legge n. 132/2014. Per comprendere l’aumento di divorzi bisogna tenerla in considerazione. La nuova norma si pone l’obiettivo di semplificare l’iter delle procedure di separazione e divorzio consensuali prevedendo la possibilità di accordi extragiudiziali (con convenzione di negoziazione assistita da avvocati o direttamente presso gli uffici di stato civile). In applicazione di queste norme, nel 2015, sono stati definiti presso gli Uffici di stato civile 27.040 divorzi (pari al 32,8% del totale dei divorzi del 2015) e 17.668 separazioni (pari al 19,3% sul totale delle separazioni). Questi procedimenti si sono sommati ai procedimenti conclusi presso i tribunali (rispettivamente pari a 55.429 per i divorzi e 74.038 per le separazioni) facendo lievitare l’entità del fenomeno e, soprattutto, i divorzi.
L’applicazione della nuova normativa sugli accordi extragiudiziari trova riscontro in tutte le regioni, anche se l’incidenza sul totale dei procedimenti consensuali vari dal 15,4 % in media per le isole al 23% del Nord Est. Le percentuali di divorzi definiti presso i Comuni sono ancora più elevate e presentano una maggiore variabilità territoriale, dal 20,8 delle Isole al 39,2 del Nord-est. I dati Istat mettono in evidenza che le nuove norme hanno per il momento solo parzialmente alleggerito il lavoro dei tribunali e che il carico di pratiche verrà smaltito nei prossimi anni.
Nel 2015 all’atto della separazione i mariti hanno in media 48 anni e le mogli 45 anni. La classe più numerosa è quella tra i 40 e i 44 anni per le mogli (18.631 separazioni, il 20,3% del totale) mentre per i mariti è quella tra i 45 e i 49 anni (18.055 pari al 19,7%). Nel 2000, invece, il maggior numero delle separazioni ricadeva sia per i mariti sia per le mogli nella classe 35-39 anni. A far ricorso agli accordi extragiudiziari sono soprattutto le coppie di lunga durata, quelle oltre 60 anni.
Si separano anche le coppie formate da coniugi italiani e cittadini stranieri. Mentre le separazioni tra coppie “miste” si mantengono sugli stessi numeri del 2014: sono 8657, il 9,4% di tutte le separazioni, i divorzi diminuiscono: nel 2014 erano 9,5% del totale nel 2015 sono l’8,07%. In sette casi su dieci la coppia “mista” che chiede la separazione è costituita da marito italiano e moglie straniera.
Vediamo cosa accade ai figli. Poco più della metà delle separazioni (54,0%) e il 39,1% dei divorzi del 2015 riguardano matrimoni con almeno un figlio minore di 18 anni. Le separazioni con figli in affido condiviso sono circa l’89%.
Nelle separazioni, il 52,9% dei figli affidati ha meno di 11 anni. In caso di divorzio i figli sono generalmente più grandi: la quota di quelli al di sotto degli 11 anni scende al 32,3% del totale. La legge ha portato benefici anche ai figli, avviando anche in Italia sempre di più l’affidamento condiviso. Infatti negli ultimi dieci anni si è verificata una netta inversione di tendenza sia nelle separazioni che nei divorzi grazie all’entrata in vigore della Legge 54/2006, che ha introdotto, come modalità ordinaria, l’istituto dell’affido condiviso dei figli minori tra i due coniugi. Secondo la nuova legge entrambi i genitori ex-coniugi conservano la potestà genitoriale (che prima spettava esclusivamente al genitore affidatario) e devono provvedere al sostentamento economico dei figli in misura proporzionale al reddito.
Fino al 2005, è stato l’affidamento esclusivo dei figli minori alla madre la tipologia ampiamente prevalente. Nel 2005, i figli minori sono stati affidati alla madre nell’80,7% delle separazioni e nell’82,7% dei divorzi, con percentuali più elevate nel Mezzogiorno rispetto al resto del Paese. La custodia esclusivamente paterna si è mostrata residuale anche rispetto all’affidamento congiunto o alternato, risultando pari al 3,4% nelle separazioni e al 5,1% nei divorzi. A partire dal 2006, in concomitanza con l’introduzione della nuova legge, la quota di affidamenti concessi alla madre si è fortemente ridotta a vantaggio dell’affido condiviso. Il “sorpasso” vero e proprio è avvenuto nel 2007 (72,1% di separazioni con figli in affido condiviso contro il 25,6% di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre), per poi consolidarsi ulteriormente. Già nel 2010 si assiste a una drastica riduzione della percentuale dei figli affidati esclusivamente alla madre, pari al 9,0%, tendenza che si consolida negli anni successivi. Nel 2015 le separazioni con figli in affido condiviso sono circa l’89% contro l’8,9% di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre. La quota di affidamenti concessi al padre continua a rimanere su livelli molto bassi. Infine, l’affidamento dei minori a terzi è una categoria residuale che interessa meno dell’1% dei bambini.
Infine una nota sui matrimoni che sono aumentati – di poco – rispetto al 2014. Sono stati in tutto 194.377, circa 4.600 in più. Un lieve aumento rispetto al periodo 2008-2014 durante il quale i matrimoni diminuivano di 10mila l’anno. Ci si sposa di più in Piemonte e in Sicilia, mentre le nozze continuano a diminuire in Molise, Puglia e Umbria. In genere aumenta il rito civile anche per la prima volta, più frequente questo per chi ci riprova per la seconda volta e per le coppie “miste”.