Il concerto del Primo Maggio si apre ricordando l’eccidio di Portella della Ginestra. Piazza San Giovanni in questo modo si collega idealmente al discorso del segretario nazionale Cgil Susanna Camusso che questa mattina, con Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, ha ricordato quell’evento tragico di 70 anni fa.
Nel segno dei diritti dei lavoratori ricordando quanto sia costata la loro conquista, entra nel vivo attesissimo concerto romano. Evento unico, in Europa – promosso da Cgil -Cisl e Uil – che si snoda in otto ore di diretta con trenta artisti live dalle quindici del pomeriggio a dopo mezzanotte. Questa ventisettesima edizione è animata dal rapper Clementino, che affianca alla conduzione la bravissima Camila Raznivich.
Una piccola città viene ricostruita dietro al sorprendente palco, pullulante di artisti, tecnici, addetti al lavori, allestita,dice orgogliosamente Carlo Gavaudan della Ruvido Produzioni, dalle eccellenze del settore, così come i suoni sono realizzati dai migliori fonici. Gli artisti, che via via si esibiranno su quella piattaforma roteante, sono ben disposti a concedere due parole, anche solo per esprimere tutta la loro emozione in attesa di perdere lo sguardo tra migliaia di persone in festa, di proporre i loro tre, quattro brani, di farsi conoscere da quel pubblico generoso o, in alcuni casi, di confermare il loro attuale talento. Una selezione, quella di quest’anno, così varia, così contemporanea, come ha ribadito Massimo Bonelli, di iCompany che è limitato definire “indipendente”, ma che, di gran lunga, è superiore a quello che propongono i canali ufficiali. Non dobbiamo solo pensare all’attuale, spesso discusso, antagonismo tra indie e mainstream, ma, come dice a left Dario Brunori, alias Brunori sas ciò che conta per l’arte, la cosa importante, è che ci sia questo vasto ventaglio di scelte, diverse tra loro. Il concertone è anche un luogo di aggregazione, di festa ed è bene che questa festa sia colorata e varia. Continua l’artista calabrese: “Sono molto felice di essere qui perché a me piace molto partecipare a eventi di aggregazione. Sono felice egoisticamente perché è una situazione che mi arricchisce di energie e perché è un’epoca in cui bisogna molto stimolare che le persone si incontrino. Al di là del messaggio dell’evento, mi piace l’idea che si creino delle interazioni tra le persone dal vivo: che le persone si possano guardare, toccare, ascoltare”. Alla conferenza stampa del Concertone lo fiancheggiava Vasco Brondi, leader de Le luci della centrale elettrica, altra band rappresentativa di quel sottobosco che emerge da un canale che non è quello usuale delle radio e delle televisioni, ma è espressione del gusto di un pubblico attento e anche colto. Spiega Brondi: “Mi sembra sempre un grande antidoto quando c’è la possibilità di stare nello stesso posto, nello stesso posto adesso poi che è un momento di solitudini, moltitudini virtuali e un po’ fredde. Questa rimane la tecnologia più grande che c’è: usare la musica non per fare musica soltanto, ma per un contesto in cui c’è la tematica del lavoro e della condivisione. Mi sembra che ci sia l’atmosfera giusta per celebrare questa cosa che c’è e non c’è, che è il lavoro. Per chi ha trentanni adesso significa non sentirsi solo davanti alle difficoltà e alle frustrazioni che può generare il lavoro, che è cambiato e non ha più quella collocazione identitaria che aveva una volta”.
A intermezzare gli interventi, il rapper napoletano Clementino che promette, di far “rappare” la più diligente Camila, e ricorda, a proposito delle radici che si festeggiano quest’anno, che lui viene dai centri sociali, delle Officine 99, del Leoncavallo, lì dove il rap è cresciuto; mentre la conduttrice milanese, scongiurando un suo possibile coinvolgimento rap, fa notare che quest’anno, tra gli artisti, ci sono molte barbe (ed è vere) e magnifiche scelte rtistiche. Ai rappresentanti dei sindacati, presenti anche loro alla conferenza, chiediamo in quale modo il sindacato oggi si avvicina ai giovani e Anna Grieco, della CISL, ammette: “Molti giovani i sindacati li guardano e tanti di loro sono coinvolti, mentre i giovani disoccupati sono delusi da tutto: dalla società, dal governo, dal momento politico che stiamo vivendo, vedono lontano la realizzazione della propria persona, ma già il fatto che vengano a un evento promosso da CGIL CISL UIL dimostra che credono ancora nei sindacati”. Questa la sua visione, anche se la festa della musica, e i festeggianti, spesso è ben lontana dal fatto che dietro vi siano le tre sigle, in passato anche divise, ci fa notare Tonino Crescenzi della UIL, ma che, comunque, la festa musicale l’hanno sempre condivisa, appunto! Quest’anno tuttavia, soprattutto dopo i recenti fatti Alitalia, la situazione è ancora più delicata e di questo loro sono ben consapevoli, ma Silvano Campioni, della CGIL, risponde: “C’è bisogno di riportare il lavoro al centro del dibattito di questo Paese. La responsabilità è di tutti: ci vogliono atti simbolici, ma poi politiche attive, soluzioni perché l’unico modo di parlare con i giovani è quello di farli lavorare. Poi certo possono esserci azioni più o meno intrusive”, ma questo, lo sappiamo, è quello che è accaduto e che ha gettato sconforto e sfiducia tra i lavoratori. Chiosa Ascenzi: “Dovremmo ricostruire un po’ di fiducia e lo possiamo fare offrendo possibilità di buon lavoro stabile, ben retribuito e in sicurezza. Dovremmo altresì lottare contro le tre disuguaglianze di potere, di sapere e di reddito”. A suggellare il tutto, soprattutto i buoni propositi espressi, torna il discorso della musica con una scaletta rivoluzionaria perché non concentra i big, diremmo così, nella parte finale dell’evento, ma nel corso della maratona canora e sonora.
Le performance, intanto, sono state anticipate dai tre finalisti del Contest, e da quello europeo, decretato al Contestaccio, presentati, oltre che dai conduttori ufficiali, dal giornalista Massimo Cotto, felice di dare ai quattro gruppi la possibilità di esibirsi davanti a così tante persone: “Ogni volta che si parla con i ragazzi che vogliono fare musica, si parla sempre del fatto che la discografia è in crisi, che non si vive più di musica, etc.. Oggi comunque è difficile trovare lavoro sempre e ovunque, tanto vale battersi in qualcosa in cui si crede veramente”.
Ad aprire il concerto sono stati i salentini Après la classe al loro terzo Concertone, reduci da un live a Porto Sant’Elpidio. Band colorata e d’impatto, capeggiata da Cesko, origini francesi, ma, ci tiene a dire: “…salentino e terrone, di origine certificata e garantita…” come tutti gli altri della band. In attesa dell’uscita del prossimo album, il 9 giugno, si preparano per salire sul palco con un intento preciso: “Il nostro compito è quello di portare il sorriso sulle labbra della gente”. Emozionatissimo, alla sua prima esperienza nella piazza romana, il romagnolo Braschi, è qui per presentare i singoli tratti dal suo primo album Trasparente: “Per me è una grande occasione, speriamo sia la prima di una lunga serie”. Dopo di lui, Il Geometra Mangoni, vincitori dello scorso Contest, il bravissimo violinista Ara Malikian.
Il pomeriggio prosegue con Rocco Hunt, che proprio al Primo Maggio presenta il suo nuovo singolo, “Kevvuo”, insieme alla sua storica band, con cui faranno freestyle e improvvisazione. Felice del “fratello” Clementino alla conduzione della kermesse, ci confessa che i suoi brani, a cominciare da “Nu journo buono”, con cui nel 2014 vinse Sanremo, sono inni alla sua generazione, alla sua periferia che vuole emergere nonostante tutto. Un ritorno alle origini, come il tema di quest’anno, con il cantare in dialetto napoletano. Così come farà Teresa De Sio, che si esibisce dopo l’Orchestra di saltarello abruzzese e Mimmo Cavallaro, profeta della tarantella calabrese. L’artista partenopea, ormai romanizzata, perché vive qui da trent’anni, rende omaggio al grande Pino Daniele con tre brani tratti dall’album Teresa canta Pino, la raccolta di canzoni, con l’inedito “’O Jammone” scelte tra quelle in dialetto del Cantautore. Non vuole parlare troppo di politica, invece, dimostrandosi nostalgica per un passato in cui c’era una maggiore compattezza sociale, lavorativa, ideologica, mentre preferisce affidare a un brano come “Je So’ Pazzo”, che porterà sul palco, il messaggio di questo momento storico: “…si confà molto bene a questa epoca scombinata, caotica, confusa in cui anziché sottostare ai dettami delle major nel campo musicale, come anche ai politici, forse è meglio dire ‘io so’ pazzo non me scassate…”. Molto sentita, tra gli artisti, l’inadeguatezza, in questo momento, di parlare di politica, ma anche del lavoro, a favore, invece, di un pensiero che sia non di consolazione, ma di incoraggiamento, da porgere alle nuove generazioni. Un segnale che sia positivo che, al di là della lucidità di Brunori sas nel raccontarci una visione disillusa dell’esistenza nella sua “La verità”, permetta a chiunque, giovane o meno giovane, di sperare ancora.
Sicuramente in piena festa, anche personale, i genovesi Ex-Otago, band del momento, con il loro bellissimo brano “Gli occhi della lun”a, che eseguono (senza Jack La Furia, in questa occasione) insieme all’altrettanto azzeccata Quando sono con te e il pezzo, lo definiscono loro così, generazionale I giovani d’oggi. Entusiasti insomma di portare su questo palco pazzesco i brani di Marassi, il loro ultimo album riedito che vanta una collaborazione artistica per ogni singolo brano. Prima di loro: il pianista Giovanni Guidi, Marina Rei (senza Paolo Benvegnù, purtroppo, recentemente colto da un malore), Artù, artista romano, Sfera Ebbasta, che offrirà un’altra variante del rap e i Ladri di Carrozzelle. Saranno poi Motta, vincitore quest’anno della Targa Tenco, Le luci della centrale elettrica e Bombino, chitarrista del deserto, a chiudere la prima parte della maratona musicale, intorno alle 19.
Alle 20, a riprendere la festa i vincitori del Contest del 2015, i sei componenti de La Rua, carichissimi e alle prese con la preparazione di una tournée fitta di date, per le molte richieste. Per oggi, si dicono davvero emozionati e fieri, perché proporranno tre brani che fanno parte del loro ultimo album: “Sul palco porteremo la nostra musica, appoggiando i diritti dei lavoratori. Ulteriori parole non servono da noi che siamo una band agli inizi e che ancora deve dimostrare molto e lo vogliamo fare attraverso la musica. Nelle nostre canzoni ci sono dei pezzi molto forti e quelli cerchiamo di tutelarli all’interno della culla musicale nella quale sono nati”.
Dopo di loro, Levante, un’artista amata e apprezzata che con il suo recente Nel caos di stanze stupefacenti ci costringe tutti alla riflessione sui social. A seguire, intorno alle 20.30, gli Editors,“la chicca del concerto”. Dopo la band britannica, i bolognesi Lo Stato sociale, autorizzati quest’anno a suonare la loro, mitica “Mi sono rotto il cazzo”, insieme a tutti gli altri “miti da sfatare” dell’ultimo album: un concentrato di luoghi comuni spesso dissacrati nei loro testi. Spiegano: “Suonando i nostri pezzi, vorremmo far pensare, far tornare a casa la gente con qualcosa a cui pensare. Essere solo indignati è un grande alibi, è poco produttivo, mentre vorremmo stimolare alla riflessione. Quindi noi proviamo a stare in equilibrio tra la festa e il discorso politico, sociale”. Li seguiremo con curiosità, un po’ delusi perché non canteranno la geniale Buona sfortuna, ma curiosi di ascoltare quel brano irriverente e così liberatorio. Il saggio Brunori sarà poi tra Francesco Gabbani ed Ermal Meta per quel discorso dell’aver mischiato livelli di celebrità e di generi di cui parlavamo, anche se è corretto dire che Gabbani viene da anni di cantautorato, al di là del successo della canzone della scimmia. A Brunori, tuttavia, abbiamo chiesto quanto è fiero delle sue di radici: “Il mio rapporto con le radici è di grande attaccamento, mi sento radicato, ma spero di sentirmici sempre, in quanto essere umano; in quello che faccio c’è sempre stata la mia ‘calabresità’. Io mostro sempre la mia visione attraverso la terra in cui sono nato e dove ancora abito. Un legame molto forte, che mi permette anche di vedere le criticità, forse perché ne sono innamorato e voglio raccontarlo il mio luogo fuori, ma anche raccontare nel luogo in cui vivo le esperienze che faccio fuori”. Poi gli chiediamo del futuro prossimo e cioè di come affronterà quel palco: “Cerco sempre di non cadere nella retorica perché è molto facile ma non voglio cadere nel cinismo, dicendo che è solo un evento mediatico. Dobbiamo salvare l’aspetto intrinseco e il fatto che è un incontro, una festa, un momento di aggregazione”. Ci sarà poi un altro degnissimo rappresentante della scuola napoletana, Edoardo Bennato. Dopo di lui, il giovane, ma già assennato, Maldestro, che, a proposito di rimedi per affrontare il futuro ne ha veramente uno speciale ossia la tenerezza, mentre porta in giro “I muri di Berlino”, suo ultimo album: “Ho raccontato i muri che ci portiamo dentro: dalla noia, ai treni in partenza. Rispetto al primo disco è meno arrabbiato, più tenero; in questo momento ritengo che la tenerezza sia il modo migliore per affrontare meglio le cose. Sono meno polemico, più tenero. Come diceva Che Guevara, bisogna essere rivoluzionari, senza perdere la tenerezza”. Non vede l’ora di salire su quel palcoscenico pazzesco, lui che per anni ha fatto tanto teatro e che, invece, a differenza di quasi tutti i suoi colleghi, tra la folla del copioso pubblico della piazza romana non c’è mai stato. Fabrizio Moro, con il quale avevamo recentemente parlato, ci racconta invece delle tante volte che, insieme ai suoi amici, è venuto sotto questo palco: una tradizione, alla stregua del natale, ammette, da ripetere tutti gli anni. Quanto alle radici, le sue, quelle della periferia, non le dimentica proprio mai: “Ho sempre cercato di arrampicarmi con le unghie sugli specchi, il lavoro è sempre stato una delle mie turbe”. A come affrontare quel palcoscenico ancora non ci ha pensato, visto che è sempre stato in giro per concerti nell’ultimo mese per portare il suo “Pace”. Dopo di lui: Samuel, con il suo progetto da solista, i Planet Funk e, per ultimi, i Public Service Broadcasting.