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Nella spirale di Mario Merz, il maestro dell’Arte Povera alla Galleria dell’Accademia di Venezia

Avvolgenti spirali, le curve femminili della conchiglia e il lento procedere della chiocciola, che a poco a poco diventa igloo trasparente, si fa “casa”, architettura, in strutture leggere e luminose che evocano un modo più umano e sostenibile, di abitare. Forma astratta e insieme dinamica, la spirale di Mario Merz è il seme che germoglia nelle nuove sale che la Galleria dell’Accademia dedica all’arte contemporanea.

Al piano terra, poco distanti dai dipinti di Giorgione, Tiziano e Tintoretto, le opere scelte da Bartolomeo Pietromarchi per la mostra Mario Merz, città irreale si arricchiscono di riflessi lagunari e irradiano fantasia in questi spazi da poco restaurati, moltiplicandone le prospettive, ricreando cortili interni altrimenti anonimi. I saloni affacciati su Campo della carità, fino al 20 settembre, si accendono di scritte al neon con opere storiche come l’ironica Sitin (1968) e Impermeabile (1966). Mentre le famose serie numeriche di Fibonacci ritmano le pareti bianche e intonse.

È come se il curatore avesse umanizzato queste sale, disseminandole di segni magnetici che portano l’inequivocabile cifra del maestro dell’Arte povera scomparso nel 2002. Con un allestimento ridotto all’essenziale, ma tutt’altro che freddamente minimalista, Pietromarchi ha ricostruito a Venezia quasi l’intero percorso dell’artista torinese. Fin dai primi, evocativi, disegni “nat”i da quel primo nucleo di schizzi che Merz, giovanissimo militante di Giustizia e libertà, realizzò in carcere dove era stato rinchiuso per attività antifascista. Dai disegni su carta degli anni Cinquanta alla svolta degli anni Sessanta, quando in controtendenza con il boom dei consumi celebrato dalla Pop Art americana creò installazioni e sculture con materiali poveri come legno, vetro, carta, tela, ferro, cera.

Al centro di questa mostra e di tutto il lavoro di Merz (come ben raccontano i saggi nel catalogo  edito da Skira) c’è la riflessione sul rapporto fra uomo e ambiente e sul vivere sociale. Testimoniato dai suoi celebri tavoli, simbolo di incontro e condivisione, che qui appaiono fotografati in Senza titolo del 1972. «Una somma reale è una somma di gente», recita il sottotitolo di quest’opera emblematica. E per quanto Merz si definisse «solitario, nomade, visionario», il tema della convivialità, dello stare insieme, la ricerca della bellezza risuonano in ogni sua creazione. Come in filigrana traspare sempre il rapporto con l’universo femminile, con il diverso da sé, qui evocato da Igloo (di Marisa) del 1977, dedicato alla compagna di una vita, l’artista Marisa Merz.

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Antimafia con il culo degli altri: sono mafiosi solo quelli che non sono nostri amici

C’era bisogno della Commissione Antimafia per sapere che in Campania il gruppo di potere che sostiene De Luca sia la solita poltiglia? Eppure l’aveva detto Saviano, l’hanno scritto decine di giornalisti, l’hanno urlato moltissime associazioni antimafia (tranne quelle “parademocratiche”, ovvio). Ora: non rispondono a tutti questi ma si divertono a impallinare la Bindi che (tra l’altro) hanno messo loro alla Presidenza dell’Antimafia.

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[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/giuliocavalli” target=”on” ][/social_link] @giuliocavalli

Strade Nostre, l’inchiesta a tappe di Left nelle province italiane

“Strade nostre”. Da sabato 30 maggio su Left la prima puntata di un’inchiesta a tappe lungo le strade della Provincia italiana e i suoi lati oscuri. Regione dopo regione, attraverseremo la corruzione, l’abusivismo, la criminalità organizzata e la malapolitica. Così come incontreremo anche il lavoro, le imprese oneste e le meraviglie ambientali del nostro Paese.

Nella prima delle cinque puntate dedicate al Lazio, Ilaria Giupponi e Filippo Treiani, accompagnati dalle foto di Stefano D’Amadio esplorano il territorio di Latina e il “pool” a delinquere del Tribunale fallimentare capitanata dal giudice Lollo, la catena del dissesto economico che ha innescato e le storie delle vittime del raggiro.

Tra queste, Vanessa Mandara, che su Left racconta la sua storia.

Nei prossimi numeri: un viaggio attraverso il Parco Nazionale del Circeo e la vista che si apre sulla speculazione edilizia nel territorio di Sabaudia e Aprilia, stretta tra le sue aziende farmaceutiche che hanno salvato dalla crisi economica il tessuto sociale, e l’edilizia che si è mangiata i terreni agricoli. Su tutto, l’ombra della ‘ndrangheta e della camorra.

L’inchiesta poi si allargherà ad altre regioni del nostro Paese, toccando nuove tappe e nuovi comuni. Storie locali che purtroppo tracciano la fisionomia identitaria dell’Italia intera.

Cecilia Strada: «La sinistra riscopra la solidarietà sociale»

«Io non cercherei il “leader del futuro” ma piuttosto i piani, i programmi e le attività». Cecilia Strada, giovane presidente di Emergency, sul nuovo numero di Left parla di sinistra e solidarietà sociale, quelle «azioni concrete che partono dai cittadini» che sono alla base anche del successo di Podemos in Spagna e Syriza in Grecia.

«La necessità adesso è proprio questa: la solidarietà sociale, un atteggiamento che tradizionalmente e storicamente dovrebbe appartenere alla sinistra», afferma la figlia di Gino Strada, che demolisce l’appellativo di “buonista”: «meglio dire giusto». «Si è perso la bussola su ciò che andrebbe fatto. Se hai la possibilità di aiutare qualcuno, è umano e normale che lo aiuti», dice la presidente di Emergency che lancia accuse al governo italiano perché  non è giusto che sia il terzo settore a occuparsi delle cure di stranieri e cittadini poveri. «L’Italia non è un Paese povero, spende 80 milioni di euro al giorno in spese militari, è un Paese che ogni anno brucia 23 miliardi di euro della spesa sanitaria in corruzione e poi dice di non essere in grado di curare gli ammalati».  «La chiamano crisi – conclude Cecilia Strada – ma è disuguaglianza».

Left racconta poi uno dei primi casi forse di coalizione sociale di cui parla Maurizio Landini. Una ex caserma storica al centro della città, una volta luogo di torture fasciste è stata occupata e viene gestita da una serie di associazioni tra cui Emergency, Arcigay, i sindacati, Slow food. Dentro, sorgeranno alloggi per persone sfrattate e una mensa. «Ribaltiamo un po’ la crisi», dice a Left Oliviero Alotto dell’associazione Terre di fuoco.

Sempre sul fil rouge che è possibile cambiare luoghi per antonomasia “disumani”, Left propone un reportage dal carcere di Bollate in cui è in atto da anni un progetto educativo che produce cultura e lavoro.  E ancora: l’ultima puntata dello Speciale regionali con Marche e Umbria  e un’intervista all’avvocato Felice Besostri sulla battaglia legale contro l’Italicum.

In questo numero pubblichiamo la prima puntata dell’inchiesta sui lati oscuri della provincia italiana: cominciamo con Latina e il “pool” a delinquere.  Negli Esteri servizi dalla Spagna che si è blindata contro i migranti, un reportage dall’Egitto che racconta la vita di un fabbricante di documenti falsi, lo “strano” modo di raccogliere finanziamenti nelle prossime presidenziali Usa e le storie della resistenza culturale dei berberi, un popolo sparso in più Stati.

Infine in Cultura, dopo che la Columbia University ha proposto di censurare le Metamorfosi di Ovidio (il classico latino sarebbe violento e pericoloso) Left raccoglie le reazioni di Luciano Canfora, Silvia Ronchey e Piero Boitani. Per la scienza, Pietro Greco risponde a Beppe Grillo e fa il punto sulla efficacia della mammografia nella prevenzione del tumore al seno. Buona lettura!

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/dona_Coccoli” target=”on” ][/social_link] @dona_Coccoli

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Shakespeare nella Berlino anni Ottanta nel riallestimento di Der Park

Botho Strauss in Der Park chiede di immaginarsi una civiltà laboriosa allontanatasi dal sacro e dalla poesia. Nella sua rivisitazione del Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, in scena con la regia di Peter Stein all’Argentina di Roma fino al 31 maggio (nella prossima stagione al Piccolo di Milano), siamo precipitati tra i rifiuti di un parco berlinese anni Ottanta e un sipario teatrale.

Un cespuglio selvatico è sempre presente nella scena mutevole di Ferdinad Woegerbauer: da quello sbucano Oberon e Titania, trasformati in viandanti che cercano di risvegliare il desiderio erotico in persone di oggi appannate in vite grigie, razzismi, identificazioni con piccole patrie, esperte solo di interessi, incapaci di amore. Un’umanità rassegnata, nella quale il folletto Puck è un vecchio scultore di oggetti che dovrebbero eccitare i sensi, a metà tra talismani e patacche kitsch.

Le follie del bosco magico stanno già nei personaggi: i tradimenti, le confusioni, i rimpianti, la rabbia di giovani senza domani. Il testo, scritto per la mitica Schaubühne di Stein nel 1983, allora interpretato da Bruno Ganz e Jutta Lampe, pur con qualche lungaggine serba una vitalità caleidoscopica, tra l’emblematica acrobata slogata caduta dal trapezio dell’inizio, l’Oberon ridotto a uomo comune afono della fine, il Minotauro bravo figlio di famiglia, frutto degli amori di Titania-Pasifae con un toro, rammaricato per la scarsa partecipazione all’anniversario della mamma.

Incombono il nazismo, il massacro del vecchio Puck omosessuale nel parco, la morte, sporcizia e grettezza, materia ruvida che si incrocia con tentativi (rovinosi) di svettare ancora nell’immaginazione. Fenomenale, lancinante e grottesca, Maddalena Crippa, accompagnata dall’Oberon dimesso (come da copione) di Paolo Graziosi, da Mauro Avogadro, Pia Lanciotti, Graziano Piazza e altri tredici interpreti in incalzante straniamento solo a tratti su toni accademici, in una regia penetrante nel contemporaneo crollo dei sogni.

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/minimoterrestre” target=”on” ][/social_link] @minimoterrestre

Mattarella a Londra: puerile scappare dall’integrazione, l’Ue è presidio di libertà

Crisi economica, integrazione e immigrazione. Sono questi i tre punti principali del discorso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla London School of Economics.

Dopo essere stato ricevuto negli appartamenti privati della regina Elisabetta II, il presidente è stato invitato nell’ateneo londinese per un dibattito sulla visione italiana dell’Unione Europea in un momento critico per i rapporti tra la Gran Bretagna e Bruxelles. «Sarebbe puerile scappare dall’integrazione» ha sostenuto Mattarella durante i suoi 45 minuti di discorso, lanciando indirettamente una frecciata nei confronti del Regno Unito che entro il 2017 si appresterà a votare un referendum per la membership all’Unione.

«Riconosco che l’Unione Europea appare ancora come un cantiere in costruzione – ha sostenuto il presidente – ma lo spirito di integrazione che ci ha guidato fino ad oggi non si affievolisca». Dal palco dell’LSE Mattarella ha anche citato Wiston Churchill, primo ministro inglese durante la Seconda Guerra Mondiale, che durante un suo discorso a Zurigo «già parlava di Stati Uniti d’Europa per un’integrazione che vada oltre quella economica e sia all’altezza delle sfide del futuro».

Tra le sfide del futuro c’è proprio la questione dell’immigrazione. «Questo flusso migratorio mette in gioco i nostri valori di pace e libertà che ci hanno permesso di prosperare dal dopo guerra ad oggi – ha continuato Mattarella – pace e libertà che i migranti non hanno potuto vivere. Siamo un punto di libertà per loro e dobbiamo affermare questo valore democratico aiutando chi viene da lontano dando risposte coerenti».

Parlando dell’operazione ormai conclusa di Mare Nostrum, il presidente rivela che era circondata di «critiche infondate» e che Triton «seppur concreta, non basta come risposta: ora serve un cambio di marcia». Mattarella indica quindi «solidarietà ed il dare l’esempio» come la via maestra per affrontare il flusso migratorio ma anche una politica estera e di sicurezza più integrata. «C’è bisogno di un’azione forte ed incisiva con una politica estera coesa senza approcci ideologici cercando di arrivare ad una spesa di difesa comunitaria invece di limitarla ai soli stati nazionali e che guardi agli interessi comuni e non solo alle singole visioni di breve periodo».

Dal cuore di Londra, quindi, il presidente ha sottolineato l’esigenza di «più Europa» senza che i summit si trasformino in «ritorno di benefici nazionali, che sono sempre a somma zero». «Niente deve bloccare l’integrazione europea – ha proseguito Mattarella – e si abbia il coraggio di andare oltre una mera area di libero scambio, area troppo fragile per le sfide future».

Il discorso di Mattarella arriva a poche ore dall’intervista del ministro degli esteri britannico Philip Hammond rilasciata alla BBC 4 dove ribadisce la volontà del governo guidato da David Cameron di votare per l’uscita della Gran Bretagna dall’UE, «se non ci sarà un accordo per una riforma dell’Unione».

Tra le richieste di Downing street c’è quella di limitare l’immigrazione europea verso il Regno Unito, l’adozione di una dichiarazione dei diritti umani che si discosta da quella dei trattati europei e la salvaguardia della City da interventi europei.

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/ma_paradiso” target=”on” ][/social_link] @ma_paradiso

Libro

Il termine latino liber indicava la parte tenera della corteccia delle piante, utilizzata dagli antichi per scrivere.

Sebbene, da un punto di vista etimologico, non esistano legami tra libro e libertà, queste due parole sono diventate inseparabili compagne di viaggio nel corso della storia dell’uomo. I libri sono spazi aperti che hanno sempre mostrato il loro carattere rivoluzionario nel rivelarsi antidoto contro le verità uniche di quei regimi che, volendo sostituire la propaganda al libero ragionamento, hanno finito per bruciarli o metterli all’indice.

Leggere infatti è il privilegio di nutrire l’intelletto dello stimolo alla critica, alla discussione, allo sviluppo. Oggi, la scarsa diffusione della lettura nel nostro Paese non è soltanto simbolo di impoverimento culturale ma anche seria questione sociale poiché la lettura costituisce una delle prime condizioni di una collettività in cui esista una mobilità sociale adeguata. Libro, parola giusta della settimana, in grado di provocare allo stesso tempo, dipendenza e indipendenza.

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/FilippoTreiani” target=”on” ][/social_link] @FilippoTreiani

 

Bollate, la vita oltre il carcere

Nel viaggio all’interno del carcere di Bollate, Left ha conosciuto due detenuti che grazie all’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario escono quotidianamente dall’istituto per recarsi sul posto di lavoro. Michele e Gualtiero si raccontano in questo video che anticipa il reportage di Emily Menguzzato su Left in edicola sabato 30 maggio.