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#labuonascuola Il perché dello #scioperoscuola del #5maggio

perché gli insegnanti scioperano

Il ddl scuola, varato dal governo Renzi, sarà discusso alla Camera a partire dal 15 maggio,  il voto finale è previsto entro martedì 19. Quindi il provvedimento passerà al Senato. Oggi #5maggio nelle varie piazze d’Italia il mondo della scuola è in sciopero. Ecco i punti salienti del ddl che ha scatenato lo #scioperoscuola:

Il preside-sceriffo

L’ossessione del governo Renzi per il modello sindaco continua. L’art. 7 del ddl inserisce la figura del preside-sindaco o preside-sceriffo. In sostanza i presidi possono scegliere con chiamata diretta i docenti della scuola sugli albi regionali. Niente graduatorie, nessun punteggio, si viene scelti sulla base della convinzione del dirigente scolastico che il docente sia adatto alla scuola o meno. Il preside ha lo stesso potere assoluto quando si tratta di premiare i docenti.  Sul piano triennale dell’offerta formativa i suoi poteri invece sono stati “addolciti” con un emendamento in Commissione cultura e istruzione della Camera. Sarà il collegio dei docenti ad approvare il Pof, anche se su linee e indirizzi definiti dal dirigente scolastico.

Lavorare in più scuole molto distanti le une dalle altre

La chiamata diretta avviene sulla base di elenchi presenti in albi che possono avere anche una competenza territoriale molto ampia, decisa dall’Ufficio scolastico regionale sulla base anche della popolazione scolastica. I docenti quindi non possono più indicare lo loro preferenza sulla scuola in cui insegnare e potrebbero essere costretti a lavorare anche a molti chilometri da casa. È stato presentato un emendamento del Pd che verrà discusso nei prossimi giorni che mantenere la prerogativa del dirigente nella chiamata diretta, ma fa coincidere gli albi con reti di scuole in modo da ridurre la possibilità per i docenti di essere impiegati in scuole lontane le une dalle altre.

Formazione

Diventa obbligatoria, strutturale e permanente. Previste 50 ore l’anno da sovolgersi in orari extrascolastici e non retribuite.

Chi ha lavorato per più di 36 mesi rimarrà precario

È l’opposto di quanto era stato stabilito dalla sentenza di novembre scorso dalla Corte di Giustizia Europea da cui sono scaturite già alcune assunzioni nelle scuole.

A casa gli oltre 6mila precari che hanno vinto il concorso

Non è prevista l’assunzione degli oltre 6mila che hanno vinto il concorso del 2012 superando prove scritte e orali ma non hanno ottenuto la cattedra perché non esisteva un numero sufficiente di posti liberi.

166mila abilitati all’insegnamento esclusi  dalle graduatorie

Sono 166mila gli abilitati che hanno investito risorse per ottenere i titoli necessari ad avanzare nelle graduatorie. Le graduatorie sono però bloccate dal 2007, quindi non essendo iscritti nelle graduatorie provinciali ad esaurimento resteranno fuori dalle 100mila assunzioni programmate (fonte: Uil Scuola). «Stiamo elaborando emendamenti che risolveranno anche questa situazione» ha promesso il sottosegretario Davide Faraone in un’intervista rilasciata a La Stampa.

La delega al Governo

Nel ddl l’art.21 prevede una serie di deleghe in bianco al Governo. Approvato il ddl dal Parlamento sarà poi il governo a legiferare su semplificazione, compresa la possibilità di modificare il Testo Unico della Scuola, mettendo mano all’intero sistema scolastico senza ulteriori avalli del Parlamento.

Finanziamenti: 5 per mille e detrazioni fiscali per le private

Uno dei punti più contestati è quello della possibilità di devolvere il 5 per mille alle scuole. Le famiglie avranno la possibilità di destinarlo alle scuole dei propri figli, non alla scuola in generale. Aumenteranno così le disuguaglianze fra gli istituti poichè il fondo non sarà nazionale e non verrà ripartito a tutte le scuole. Prevista anche la detrazione fiscale a favore delle paritarie fino a 400 euro all’anno per le spese sostenute per le rette.

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Le cinque delle 20.00

#Italicum sì definitivo alla Camera. Approvata in via definitiva, a scrutinio segreto, la legge elettorale: 334 sì, 61 no, 4 astensioni. Le opposizioni escono dall’aula prima del voto. M5S lancia un appello a Mattarella: Non firmi legge, ma la rinvii alle Camere.

L’hanno chiamata Francesca Marina. Pesa poco più di 3 chili e sta bene quella che Left ha definito la nostra #RoyalBaby la bimba nata in mare su una delle navi della Marina Militare che nel fine settimana hanno soccorso 1656 migranti.

Immigrazione, il Viminale scrive ai prefetti di tutta Italia: servono 8-9mila posti per accogliere i migranti arrivati in massa negli ultimi giorni. Con un contributo da tutte le province italiane escluse quelle siciliane. È il contenuto di una nuova circolare che il Viminale ha inviato a tutte le prefetture.

Domani, martedì 5 maggio, lo sciopero generale nazionale della scuola indetto unitariamente, dopo 7 anni dall’ultimo, dai sindacati più rappresentativi del comparto: Flc Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda. In sei piazze si terranno altrettante manifestazioni: Bari, Cagliari, Catania, Milano, Palermo, Roma vedranno sfilare docenti, personale ausiliario, tecnico e amministrativo (Ata) e studenti, anche universitari.

Scontri No Expo a Milano, il Gip ha convalidato gli arresti e disposto la misura cautelare in carcere per le 5 persone fermate il primo maggio. L’accusa di resistenza aggravata, lancio di oggetti e uso di armi improprie; tra loro un 27enne lodigiano che respinge le accuse.

Vins Gallico ci dà un taglio. E va allo Strega

Final cut di Vins Gallico (Fandango), entrato nella cinquina dello Strega, sembra già un film, una fiction tv, una commedia ironico sentimentale da far girare, poniamo, al giovante talentuoso Sydney Sibilia (Smetto quando voglio). Ma alcuni passi evocano Muccino, ad esempio l’immagine che torna nel finale, e che prelude all’happy end: «Mery annuisce, sistema dietro l’orecchio una ciocca di capelli. Un istante dopo il ciuffo le oscilla di nuovo davanti la fronte…».

Libri, Final cut, Vins GallicoNella nostra narrativa e nel nostro cinema c’è un gran ritorno del genere (peraltro italianissimo) della commedia: l’attitudine a rappresentare cioè i conflitti, anche aspri, del nostro presente, ma trovando sempre un lato comico (ed effusivo). Agli italiani, si sa, piace ridere, come diceva Flaiano. Penso ai romanzi di De Silva, Piccolo, Serra, Pascale, e ora dei più giovani Viola e Gallico (poi, sul versante opposto, raccontano la morte della madre, da Peano a Moretti). Ma torniamo alla commedia. La domanda è: perché non usare il genere – la sua “retorica” – per andare un po’oltre, per sfiorare la verità tragica che pure le cose contengono? Gallico ci prova, ma solo in parte.

L’idea narrativa è strepitosa. Lui ha una piccola eredità, acquista un’Ape e mette su una società – la Final Cut – che si occupa di restituire beni e effetti personali quando una coppia finisce. Il vero soccorso è psicologico più che materiale: la Final cut aiuta a dare il taglio finale. Il protagonista è armato di scatoloni e di una impeccabile professionalità che si traduce in sospensione di giudizio e soltanto un minimo umano di empatia. Ma il romanzo non è sempre all’altezza di questa straordinaria trovata iniziale, per ritmo e sviluppo delle storie. Solo qui e là affiora una riflessione meno effimera sull’effimero dell’amore, che è eterno finché dura, come recitava un film verdoniano, e sulla saggezza dell’accettare la fine di ogni cosa, in questo unico mondo sublunare in cui ci è dato vivere.

La battaglia dei prof non è di retroguardia

L’uccellino di Matteo Renzi sta perdendo la pazienza, soprattutto dopo la notizia dello sciopero del 5 maggio. In un tweet ha manifestato sorpresa per la “paradossale” e “incomprensibile” opposizione del mondo della scuola a un ddl che prevede l’assunzione di migliaia di docenti. Se fosse così, avrebbe ragione, anche se il bersaglio di quell’ostinata opposizione sarebbe stata la Corte di giustizia europea e non il governo italiano, che si limita a eseguire un atto dovuto.

Ma il ddl sulla scuola, oltre al reclutamento del personale utilizzato ogni anno, per il quale le opposizioni chiedono lo stralcio, contempla una serie di interventi diretti a scardinare il sistema disegnato dalla Costituzione. Con l’organizzazione gerarchica profilata dal ddl, si finisce, inoltre, per precarizzare tutti i docenti, anche quelli di ruolo, caso unico nello Stato e addirittura dentro lo stesso comparto, perché dalla mobilità decontrattualizzata che si vuole introdurre si salva solo il personale tecnico-amministrativo e ausiliario.

Di fronte alla resistenza del mondo della scuola al ddl, a turno, Renzi, Giannini, Faraone e Puglisi, hanno ripetuto che il disegno di legge non è stato capito per i suoi contenuti “rivoluzionari” ed è stato contestato per pregiudizio ideologico o per tornaconto politico. Con la stessa leggerezza si è detto che le proteste più veementi, come quelle alla festa dell’Unità di Bologna contro il ministro Giannini, sono scaturite da un gruppetto di provocatori estranei alla professione di “educatori”.

Insomma, si continua a ignorare la realtà del mondo della scuola e, conseguentemente, a trattare gli insegnanti come una massa di ritardati o di autolesionisti a cui occorre spiegare la riforma. A questo scopo Renzi ha promesso di scrivere una lettera agli insegnanti. Eppure il progetto della “buona scuola” è stato presentato lo scorso settembre e il ministero ha impiegato tutti i mezzi a disposizione per diffonderlo, anche venendo meno al dovere di neutralità istituzionale. Da allora la proposta è stata minutamente studiata dagli insegnanti, che hanno elaborato e diffuso documenti per argomentare il loro netto dissenso.

Ma chi, negli uffici di Viale Trastevere li ha presi in considerazione? E la Legge di iniziativa popolare sulla scuola della Repubblica è mai comparsa in un tweet di Renzi o in una dichiarazione di Giannini? Allora il difetto di ascolto non va cercato tra gli insegnanti, che sarebbero incapaci di afferrare la validità della riforma per arretratezza culturale o difesa corporativa. Il difetto di ascolto è in una classe dirigente che non sa cosa farsene della conoscenza della scuola vera e del contributo unico che a tale scopo può arrivare dagli insegnanti, veri e propri “organismi sentinella” dell’ambiente scolastico.

Così i membri del governo evitano di entrare nel merito di un ddl che deve tener conto delle direttive di Bruxelles, degli aggiustamenti di Confindustria e delle benedizioni del Vaticano. Piuttosto che meravigliarsi della contestazione, provino a spiegare a chi rischia ogni giorno l’incolumità in strutture vecchie e senza manutenzione perché il Def toglie quasi 500 milioni di euro all’edilizia scolastica e li assegna alle scuole private.

Le cinque delle 13.00

Texas, sparatoria alla mostra delle vignette su Maometto: due morti. Non sono ancora stati identificati i due uomini uccisi dalla Polizia a Garland, dopo che avevano aperto il fuoco nei pressi di un evento dedicato a vignette raffiguranti il profeta Maometto a cui partecipava il politico ultraconservatore olandese Geert Wilders noto per le sue posizioni anti-Islam.

Renzi interviene alla Borsa di Milano e dice agli imprenditori: apritevi a nuove alleanze, lasciatevi alle spalle la mentalità dell’impresa familiare. Provate a governare assieme ad altri partner, aziende più grandi di quelle che avete avuto fino a oggi.

Italicum, stasera il voto finale alla Camera sulla nuova legge elettorale su cui il governo ed il premier Matteo Renzi ha posto il voto di fiducia. L’appuntamento a Montecitorio è per la tarda serata, il responso dell’Aula dovrebbe arrivare infatti intorno alle 22. Nel Pd la minoranza deve scegliere se votare contro la riforma o astenersi, le opposizioni hanno scelto che non parteciperanno alle votazioni.

Sisma in Nepal: salvate 2 persone a Gorkha dopo 10 giorni. Un uomo di 60 anni ed una suora di 23 sono stati estratti vivi dalle macerie di due edifici dai villaggi di Sirdibas e Chhekampar nel distretto di Gorkha.

Cortina ospiterà i mondiali di sci del 2021. Lo ha stabilito la Federazione internazionale Sci (Fis) accettando Cortina come unica candidatura. Il capoluogo ampezzano ha centrato l’obiettivo al quinto tentativo dopo il fallimento delle candidature 2013, 2015, 2017 e 2019.

Numeri alla mano, il problema dell’Italia non è il costo dell’immigrazione

Solo in un periodo triste come questo si potevano levare tante critiche per le parole di buon senso pronunciate da Gianni Morandi sulla questione sbarchi. La crisi batte sempre più forte e i nodi vengono al pettine nel nostro Paese. L’istinto spinge molti alla guerra tra poveri, così come le sedicenti parole di alcuni leader politici a caccia di facile consenso.

Il divide et impera è una carta classica giocata dalle élite per offuscare i veri problemi,e frammentare così la maggioranza invisibile. Sarebbe facile quindi assumere le posizioni classiche della “sinistra benpensante”, quella che sta con gli immigrati e i lavoratori, senza aver mai speso un giorno incondizione di disagio, e asserire ma chi sono questi abbrutiti che criticano il buon senso di Gianni Morandi e magari allo stesso tempo votano per Matteo Salvini? O dall’altra parte si potrebbe sposare il pensiero di chi crede che, provando a bloccare i barconi “alla fonte” si risolva il problema.

Da un lato ci si rinchiuderebbe nel moralismo spicciolo di chi da lungo tempo ha smesso di ascoltare il disagio montante della maggioranza invisibile, e dall’altro si vorrebbe fermare l’acqua con le mani. Una marea di problemi che si riversa verso l’Europa, ricordandogli tanti errori e ingiustizie perpetrate nel recente passato. Ma con la Storia, purtroppo o per fortuna, bisogna sempre fare i conti. Uno sguardo attento, ci porterebbe a essere più cauti nelle analisi e forse anche a capire le ragioni della rabbia verso i migranti. Attenzione capirla questa rabbia, analizzarla in modo approfondito e non certo giustificarla o condannarla sulla base di pregiudizi ahimé sempre più consolidati.

La rabbia della maggioranza invisibile è reale, fomentata da anni di cattiva amministrazione e sprechi, e da una crisi economica sempre più profonda. Si levano alte le voci: “Ma perché dovremmo aiutare questa gente quando siamo sempre più poveri e in crisi?” È una domanda legittima alla quale serve dare una risposta articolata e credibile. Spiegando magari numeri alla mano, che il problema dell’Italia non è certo il costo dell’immigrazione. Tutt’altro l’immigrazione come mostrato da dati inconfutabili apporta benessere al Paese.

Invece, la maggioranza invisibile dovrebbe dirigere la sua rabbia verso chi ha favorito la deregolamentazione dei mercati finanziari, chi ha svenduto (e continua a svendere) il patrimonio pubblico, verso chi ha forgiato (e continua a difendere imperterrito) un sistema di protezione sociale che da tanto a chi ha troppo, e non da nulla, anzi toglie, a chi non ha niente. E allora, avere il coraggio di guardare alla realtà e chiamare le cose con il proprio nome ci porterebbe a capire il disagio di chi se la prende con i migranti per cercare di indirizzare la loro rabbia e voglia di rivalsa sociale verso qualcun altro, e dire chiaramente ai benpensanti che, se davvero sono progressisti, forse sarebbe il caso di ridurre con decisione i propri privilegi prima di distillare giudizi sul mondo.

Poi un ultimo passaggio, lo dobbiamo all’uso della Storia e a quanti hanno una memoria corta. Servirebbe ricordare, in queste tristi occasioni, i nostri connazionali partiti con mezzi di fortuna per fare lavori duri e malpagati a migliaia di chilometri da casa, ricordare magari Sacco e Vanzetti, o quelli che, per rimediare un tozzo di pane ci hanno rimesso la vita. Quelli che ci hanno rimesso la vita ieri nelle acque del Mediterraneo e quasi sessant’anni fa a Marcinelle erano in fondo, e tristemente, sulla stessa barca.

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Miracolo a Milano firmato Camerun

Come la Coca Cola e la Carlsberg, anche i vini italiani figurano tra gli sponsor dell’evento più atteso del 1990. Eppure la partita inaugurale non è affidata né all’americano Vincent Mauro né al danese Peter Mikkelsen. E nemmeno a Tullio Lanese o Gigi Agnolin. La Fifa sceglie Michel Vautrot, fischietto di Borgogna, vendemmia 1945.

Calcio Mancino, Omam-BiyikA Milano sono le sei del pomeriggio dell’8 giugno, le cinque ora solare, e fa quasi 30 gradi per la gioia dei camerunensi vestiti color del prato e pronti a sfidare l’Argentina detentrice del titolo e capitanata da Maradona, campione d’Italia con il Napoli, accolto dagli insulti di tutto lo stadio eccezion fatta per il loggione ove siede Bettino Craxi, cognato del sindaco Pillitteri e triste nel dover lasciare la finalissima al Teatro dell’Opera di Roma, comunemente detto Olimpico. I mondiali di Italia ’90, canto del cigno della Prima Repubblica, tagliano il nastro in mondovisione. Nei cantieri per costruire i nuovi stadi si sono contati 24 morti e oltre 600 infortuni sul lavoro. Il sorteggio dei gironi, condotto da Pippo Baudo e da Sofia Loren, ha stabilito: azzurri a Roma, inglesi a Cagliari per ordine del ministro dell’Interno Gava, Brasile a Torino, Germania a Milano e Argentina a Napoli tranne la gara d’esordio prevista in coda alla cerimonia d’apertura, firmata dai grandi nomi della moda.

Carlos Bilardo schiera Pumpido in porta; Lorenzo, Simòn, Ruggeri e Fabbri in difesa; Sensini, Basualdo e Batista a centrocampo; Maradona, Balbo e Burruchaga in attacco. Il sovietico Nepomniachi si affida al vecchio N’Kono tra i pali; difensori: Kana-Biyik, Massing, Ebwelle e Tataw; centrocampisti: M’Bouh, M’Fede, Kunde e N’Dip; attaccanti: Omam-Biyik e Makanaky. Il primo tempo finisce 0-0. Nell’intervallo, dentro Caniggia e fuori Ruggeri, ma il Camerun continua a resistere anche in dieci dopo la severa espulsione di Kana-Biyik. Al ventesimo della ripresa, Lorenzo stende Makanaky vicino al vertice dell’area grande: punizione. Nepomniachi temporeggia e sostituisce M’Fede con Libiih. Kunde attende il fischio di Vautrot e crossa in mezzo dove Makanaky stesso, spalle alla porta, anticipa il marcatore con il destro e alza la palla all’indietro, a campanile, a metà strada tra il dischetto del rigore e il limite dell’area piccola. Omam-Biyik, il numero 7, sguscia imprendibile come un leopardo in mezzo a Fabbri e Simòn e fiuta la preda che scende dal cielo prima di saltare sui tendini. Sensini prova a contrastarlo ma ormai è tagliato fuori, l’avversario gli ha preso il tempo. Omam- Biyik vola e resta sospeso con i piedi all’altezza delle spalle del difensore, impatta la sfera con la fronte e la schiaccia a terra dopo una perfetta rotazione del busto. Pumpido accenna la parata ma né le ginocchia né le mani impediscono all’ultimo gioiello griffato Adidas di rotolare in rete.

Sugli spalti è un tripudio di africani veri e di convenienza. Bandiere rosse, verdi e gialle fanno da cornice alla rabbia dei biancocelesti e alla sofferenza di Maradona che tanto piace al pubblico di San Siro. Miracolo a Milano: il Camerun batte l’Argentina e vola in testa al girone B. L’Italia gioca domani, sabato sera, perfetto per i caroselli in macchina con le bandiere al finestrino. Inizia la carnevalata.

Ddl Buona scuola, il 5 maggio prof e studenti insieme contro la riforma di Renzi. Lo scenario della protesta

Nel silenzio generale, si avvicina a grandi passi il 5 maggio. Il giorno della mobilitazione contro il ddl della Buona scuola viene snobbato dalla “grande” stampa, eppure è tutto il sistema scolastico che è in fermento. Impossibile non avvertire il terremoto in atto. Un evento epocale che forse non si era verificato nemmeno negli anni dopo il fatidico 2008, l’inizio della mannaia Tremonti-Gelmini (8 miliardi di tagli all’istruzione).

20150503_Sciopero_Scuola_LocandinaLe fiamme covano sotto le ceneri che il ddl avrebbe sparso ridisegnando la scuola italiana. E tutto questo avviene tra flashmob, assemblee, incontri e mille iniziative in rete, mentre in commissione Cultura e Istruzione della Camera si sta procedendo a tappe forzate per approvare il ddl 2994 alias della Buona scuola. Giorni decisivi per la scuola del futuro. E se la partecipazione alla sciopero generale “L’unione fa la scuola”, questo lo slogan del 5 maggio, sarà massiccia e le scuole rimanessero chiuse, il governo e la maggioranza che faranno? Come non tenerne conto? Se così accadesse, se il governo dovesse andare avanti per la propria strada, incurante delle voci provenienti dalla società, allora avremo un’altra prova della deriva che sta prendendo questo Paese.

I protagonisti della protesta: 750mila docenti

  1. Per la prima volta dopo sette anni scenderanno in piazza tutte le sigle sindacali. E cioè: Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda, oltre a Cobas e Unicobas, che pure aveva scioperato il 24 aprile. Sono state organizzate manifestazioni in alcune città dove confluiranno i manifestanti di altre regioni. Eccole: Aosta, Bari, Cagliari, Catania, Milano, Palermo, Roma. Le mappe e i percorsi delle singole manifestazioni. A Roma un corteo partirà da piazza della Repubblica alle ore 9.30 per arrivare a piazza del Popolo verso le 11.
  2. Sono coinvolti docenti precari ma anche quelli di ruolo che vedono peggiorare la loro situazione. Il ddl, ricordiamo, che doveva stabilizzare all’origine 151mila precari delle Gae, poi è riuscito nell’impresa di lasciarne a casa cinquantamila, oltre agli idonei e coloro con più di 36 mesi di insegnamento. E il famoso decreto legge riservato solo per loro, in modo da garantirne l’assunzione a settembre, non è mai arrivato. Anzi, il fatto che la questione “precari” sia rimasta all’interno del ddl è visto come una forzatura, una sorta di ricatto, per far approvare rapidamente il testo in toto, pena la non stabilizzazione tanto attesa. Tra l’altro, sono previste anche molte deleghe lasciate al governo  in materia di semplificazione che ridisegneranno il testo unico della scuola. E quindi tanto affanno sugli emendamenti ma poi alla fine deciderà il governo sui temi che contano, come segnala molto bene Roars.
  3. Partecipano allo sciopero anche i dirigenti scolastici. “Alla “Buona scuola” non serve il preside nominato dai politici e da loro revocabile. In ognuna delle 8.500 scuole della Repubblica deve esserci un dirigente scolastico selezionato secondo il merito e attraverso un pubblico concorso”, dicono i dirigenti dei sindacati che promuovono lo sciopero. Una presa di posizione contro l’articolo più contestato del ddl, che trasformerà la scuola italiana in un’azienda guidata da un manager con tutti i poteri, sia di scelta degli insegnanti, che della loro valutazione.
  4. Partecipano in massa anche gli studenti. Con un bell’appello i ragazzi dell’Uds invitano a scendere in piazza insieme ai prof per difendere la democrazia. Mobilitati anche gli studenti universitari del coordinamento Link che per domani 4 maggio hanno convocato alla Camera una conferenza stampa sulle modalità dell’abilitazione e del reclutamento futuro. E’ la campagna #iovoglioinsegnare. Sì, perché molti giovani che frequentano l’università vorrebbero insegnare… Il 5 maggio ci sarà anche il coordinamento Link-Rete della conoscenza in piazza: Università e Scuola insieme.

Il ddl Buona scuola e le “truffe semantiche”

Mentre il mondo della scuola si prepara a scendere in piazza il ddl è oggetto di una vera e propria prova di forza della maggioranza. Lo dice senza mezzi termini la delegazione M5s che durante la conferenza stampa del 30 aprile alla Camera, ha comunicato la propria decisione di lasciare i lavori della commissione insieme a Sel e alle altre forze d’opposizione. Il deputato Gianluca Vacca parla di “truffe semantiche”: non è vero che gli emendamenti presentati dal Pd rendono più soft la figura del preside-sceriffo. Per esempio, sostiene Vacca, l’articolo 2, comma 8 e 9, nell’emendamento della relatrice Coscia sembra che “l’elaborazione del piano triennale passi dal dirigente scolastico al collegio dei docenti, ma solo in apparenza – continua l’esponente M5s – perché i criteri generali verranno definiti dal dirigente scolastico”. Per la chiamata diretta da parte del dirigente, inoltre, il Pd farà muro, sostiene Vacca. Inoltre a partire da domani entra in funzione la “ghigliottina” per cui si potranno presentare solo 2 emendamenti per articolo. I tempi sono contingentati per permettere la votazione finale in aula il 19 maggio. E allora i Cinque stelle hanno deciso di abbandonare la Commissione, definita una farsa.

Critiche al ddl, per come è stato scritto e per le irregolarità contenute che renderebbero il suo percorso a ostacoli giungono anche dal Comitato per la legislazione della Camera, come scrive il Fatto quotidiano.

In una tale situazione di confusione arriva la giornata del 5 maggio. Per la quale un gruppo di insegnanti ha pensato un ipotetico Consiglio di classe per un ipotetico alunno chiamato Matteo, come leggiamo nel bel post di Marina Boscaino, che è, ricordiamo, tra i promotori della Lip, la legge di iniziativa popolare (relatori M5s e Sel, tra gli altri) che scritta dopo anni di consultazione dal basso, è approdata in Commissione Istruzione, nel totale disinteresse dei deputati Pd e dei burocrati della Buona scuola. La Lip promuove una Buona scuola per la Repubblica e sarebbe stato interessante vedere come poteva integrare il ddl della Buona scuola.

Cosa scrivono i prof  sull’alunno Matteo:

“Giorno 5 maggio consiglio di classe straordinario: 750.000 docenti si riuniranno per discutere sul caso dell’alunno Matteo. L’alunno mostra poca partecipazione alle diverse attività, poco sensibile ai richiami, conosce le norme che regolano la vita della comunità, ma non sempre le rispetta.  Non ha ben sviluppato la capacità di ascolto: si distrae facilmente. Maggiori lacune si manifestano nello sviluppo delle competenze della lettura e comprensione di diversi testi scritti.  Gli insegnanti, al fine di potenziare e facilitare lo sviluppo delle capacità apprenditive, presentano un programma /percorso di recupero individualizzato volto a guidare l’alunno alla conquista di capacità logiche , scientifiche ed operative, ed alla progressiva maturazione della coscienza di sé e del proprio rapporto con il mondo esterno”.