Home Blog Pagina 1332

Diario del #5maggio da Pistoia a Roma “la buona scuola siamo noi”

La melodia la conosciamo tutti. Quindi cantiamo. Nessuno se ne avrà a male, dato che siamo in vena di deformazione degli Inni. “Una mattina, mi sono alzata e ho detto ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao, a settant’euro di stipendio, per andare a Roma a protestar! Son le quattro e mezza, siamo parecchi, anche assonnati, o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao, c’ho anche paura che la infangheranno tre black block da dietro l’angolo…”.

Buongiorno, si parte. La luna è piena. È il 5 maggio 2015. Ripasso a mente qualche verso. “Ei fu. Siccome immobile,/dato il mortal sospiro,/stette la spoglia immemore/orba di tanto spiro,/così percossa, attonita/la terra al nunzio sta,/muta pensando all’ultima/ora dell’uom fatale;/né sa quando una simile/orma di piè mortale/la sua cruenta polvere/a calpestar verrà./Lui folgorante in solio/vide il mio genio e tacque;/quando, con vece assidua,/cadde, risorse e giacque,/di mille voci al sònito/mista la sua non ha:/vergin di servo encomio/e di codardo oltraggio,/sorge or commosso al sùbito/sparir di tanto raggio;/e scioglie all’urna un cantico/che forse non morrà. Povero Manzoni, se sapesse che ne farebbe Renzi…meglio se dormicchio due ore. La notte appena trascorsa l’ho vissuta a veglia.

Foto di Valerio Muscella

Corteo, inizio da piazza della Repubblica. Tutto bene. Volevo fare uno striscione “”. Non ho provveduto, ma altri lo hanno fatto meglio di me. Piazza della Repubblica, a corteo già iniziato, stracolma di studenti, striscioni, bandiere, tanta gente comune…non siamo soli.

Ore 10.52, ho raggiunto la testa del corteo sul Pincio a Villa Borghese. Siamo sopra i tetti di Roma. Ci guardo passare. Una marea umana impressionante che canta (non urla): “Renzi, Renzi, scioperiamo, 80 euro te li ridiamo!”. “Meglio spesi non potevamo”…questo l’ho aggiunto io. Tutto legittimo, chiaro e limpido. Una moltitudine di operatori della scuola, studenti e genitori. Da ascoltare. “Renzi, beccati ‘sti tre fischi!” ha scritto sulla maglietta una signora.

Ore 11.30, sono ancora ferma quassù e del corteo non ne vedo la fine. Studenti intonano: “La scuola pubblica non si vende, le nostre scuole non sono aziende!”. “Siamo i lavoratori della conoscenza” rispondono i docenti. Intravedo il mio gruppo e mi avvio in Piazza del Popolo.

Ore 12.30, arrivano in piazza gli ultimi, studenti. Il comizio dei rappresentanti delle varie sigle sindacali praticamente concluso. C’è la musica. Ho intravisto qualche politico, ma non farò pubblicità a nessuno. Ha scioperato quasi l’80% del mondo della scuola di ogni ordine, grado e ruolo. Dicono che siamo 100.000 a Roma. 500.000 nelle piazze di sei città italiane. Molti Istituti chiusi. Qualche irriducibile che non ha capito, non vuole capire e fa orecchi da mercante. Fine della scuola pubblica, della trasparenza nelle assunzioni, fine degli organi collegiali, del Preside garante di imparzialità, fine della libertà di insegnamento, dell’uguaglianza fra discenti. Avanti al Dirigente di azienda, nominato e non assunto per concorso, ai caporalati, all’assimilazione fra scuole private paritarie e scuole pubbliche privatizzate, agli Istituti che ricevono il 5×1000 e a quelli che non interesseranno a nessuno. Le assunzioni di migliaia di precari? Dovere dello Stato e non concessione o baratto per riformulare i principi costituzionali dell’Istruzione, perché grazie al lavoro dei precari la scuola pubblica ha potuto da anni aprire i battenti e garantire il suo servizio. Senza contare il parere della Corte Europea. Idonei a tutti gli effetti, quindi.

Foto di Valerio Muscella

Ci ripetiamo, rientrando, per chiarirli definitivamente nella nostra mente, tutti i difetti di questo Ddl, degli emendamenti che in queste ore passano dalla Commissione e vengono respinti o approvati con riformulazioni semantiche che non cambiano la sostanza ed i contenuti. E come un mantra i rappresentanti di questo Governo ed il Premier rispondono a frasi fatte, tre, altro che i tre fischi, sempre gli stessi slogan per nascondere la reale intenzione della Riforma. Tv e stampa sembrano obnubilati dai refrain. Non so cosa abbiano riportato di questa giornata, se la verità interessa ancora a qualcuno in questo Paese.

Stiamo tornando a Pistoia. Ho lasciato mia figlia in autogestione tutto il giorno, per difendere il suo futuro, quello dei suoi figli e miei nipoti. Domattina sette ore di scuola e due di Interclasse. Chi è che si azzarda a dire che noi insegnanti non ci guadagniamo il pane?!

Domani è un altro giorno, grande slogan-verità coniato da Rosella O’ Hara-Margaret Mitchell, e di lotta, voglio dire, perché ognuno ha la sua Tara da difendere e ricostruire.

Buon Risorgimento a tutti. E buonanotte.

Le cinque delle 20.00

#ScioperoScuola Decine di migliaia di persone sono scese in piazza in sette città d’Italia per protestare contro la riforma della scuola del governo Renzi. Uno sciopero generale che alcuni sindacalisti hanno definito il più grande di sempre. Il premier Matteo Renzi ha aperto al confronto facendo sapere di voler ascoltare la protesta.

Centinaia di migranti soccorsi sulle coste della Sicilia. Si teme un nuovo dramma, secondo i racconti fatti dai sopravvissuti a Save the children, a decine potrebbero essere morti nel canale di Sicilia.

#Ecoreati sì dell’Aula della Camera alla proposta di legge sugli Ecoreati. Il testo, approvato a Montecitorio con 353 sì, 19 no e 34 astenuti, torna al Senato.

Niente calo della disoccupazione per l’Italia nel 2016 in un quadro di prospettive di crescita economica per l’Unione Europea, come assicura il commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici.

Ei Towers: tutto il cda indagato. Perquisizione delle Fiamme Gialle negli uffici di Ei Towers (gruppo Mediaset) su disposizione della procura di Milano.Tutti i componenti del cda sono indagati per aggiotaggio nell’ambito dell’inchiesta sull’operazione Rai Way.

Ritornano i marchigiani Gang dopo 14 anni con “Sangue e cenere” rock, folk e denuncia

Anno 1984, in quel di Ancona si registra l’uscita di un album autoprodotto, si tratta di Tribes’ Union e la band in questione sono i Gang.

Sulla scia del punk di metà anni Settanta (quello dei Sex Pistols), intrisi di atmosfere e ribellione londinese, i fratelli Sandro e Marino Severini importano in Italia il folk rock militante (per qualcuno oggi chiamato combat folk, ispirato dalla definizione dei Modena city ramblers).

Dopo gli inizi sulle orme degli inglesi Clash – i primi lavori sono apertamente ispirati a London Calling del 1979 e Sandinista! – nel 1991 arriva la svolta: passaggio alla lingua italiana e narrazione sociale, il Sud del mondo gli sfruttati, gli emarginati.

Oggi, dopo 14 anni di assenza – non dai palcoscenici ma dalle sale di registrazione – la band torna con un album di inediti: Sangue e cenere. Per realizzarlo, i Gang hanno chiesto la partecipazione ai loro stessi fan (e non solo), affidandosi al crowdfunding: alla chiamata – servivano 6.000 euro – i raiser hanno risposto con 56.000 euro, raggiungendo così molto di più della somma richiesta sulla piattaforma Be Crowdy.

Undici nuove tracce prodotte da Jono Manson per la Rumble Beat e distribuite con Sony music. Ancora temi scottanti, ancora chitarre, ancora fisarmoniche e mandolini. Quello che rimane è la fusione di rock, folk e contenuti sociali. E rimangono anche i due fratelli Severini, Marino alla voce e chitarra e Sandro alle chitarre elettrica e acustica. Quello che cambia, invece, è il resto della formazione, completamente rinnovata, con Marzio Del Testa (batteria, percussioni), Charlie Cinelli (basso elettrico, contrabbasso) e Jono Manson (chitarre, cori e piano) e numerose collaborazioni, tra cui quella – doverosa da segnalare – della sezione fiati abitualmente sul palco di Bruce Springsteen and The E-Street Band, che partecipa al primo singolo, “Nel mio giardino”.

L’album, già acquistabile sia in digitale che nei negozi di dischi, sarà in tour in estate, quando la band riprenderà a girare l’Italia in formazione elettrica. Niente nostalgia, i Gang suoneranno anche i classici del loro, ribelle, repertorio.

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/TizianaBarilla” target=”on” ][/social_link] @TizianaBarilla

Prego?

Il fenomeno è comparso un mese fa sulla pagina facebook di Noi per Salvini – Palermo (come baldanzosamente rivendicano nel sottopancia). Purtroppo ce ne siamo accorti solo ora, ma merita di essere condiviso.

Noi con Salvini PalermoIl messaggio criptato ha il suo fascino. Dev’essere quel “genitore 1” misteriosamente piazzato in giallo, o forse il senso intrinseco della comunicazione: perché Renzi dovrebbe voler essere pregato e in quale modo, esattamente? Mistero. Ampi interrogativi si aprono accedendo alle menti dei salviniani.

Ora, anche volendo lasciar perdere che i “salviniani palermitani” sembrano un’etnia aliena pronta a invadere la terra (per poi probabilmente darci dei terroni e dicendoci di tornare a casa nostra), esattamente, questo montaggio pubblicitario…cosa vorrebbe significare?

Giacché pare che per la Lega Nord (e sud, non facciamo distinzioni, noi) le parole possano trovare libera collocazione all’interno delle frasi, a voi le libere interpretazioni.

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/Giuppsi” target=”on” ][/social_link] @Giuppsi

La classe operaia va in paradiso

Primo Maggio su coraggio, cantava Umberto Tozzi in una delle sue canzoni più celebri, una populistica sfilza di versi d’amore ispirati da un maschilistico sentimento patriarcale filo-poetico tipico del Novecento.

Con quel coraggio e con un barile di sincretismo goliardico di cui ci sentiamo alfieri, siamo andati a cercare il protagonista di questa settimana in una ben precisa categoria: i lavoratori. Spulciando fra i mestieri desueti, ne abbiamo trovato uno che, anche a causa dell’avvento dell’industria, delle sue rivoluzioni e delle sue rivendicazioni, ha rischiato l’estinzione: l’artigiano. E siamo andati a ricercare i personaggi che, attraverso le loro umane peculiarità, potessero meglio rappresentare la purezza della nostra dedica: i falegnami.

Ci siamo concentrati su due protagonisti d’eccellenza di due delle storie più belle di sempre. Entrambi accomunati, inverosimilmente, da una stacanovista fede che li ha portati ad assolvere al meglio, l’inaspettato ruolo di genitore. Il primo falegname aveva un figlio che diceva sempre la verità, l’altro no.

Con la volontà di rafforzare il già citato sincretismo goliardico, la nostra scelta è ricaduta proprio sul primo dei due, Giuseppe. Un uomo di stirpe reale che, in età avanzata, accettò di buon grado il ruolo che la storia gli aveva riservato. Stiamo parlando di San Giuseppe, marito di Maria, madre di Gesù.

Lo dedichiamo a quel palestinese che più di due millenni fa si accollò la responsabilità più grande di sempre: diventare il padre putativo del figlio di Dio. San Giuseppe mise a disposizione la sua onorabilità di uomo e di lavoratore per garantire a suo figlio e alla sua famiglia tutto quello di cui avesse avuto bisogno per realizzare il proprio destino. Destino da cui dipendeva la sorte di tutto un popolo, di un’umanità intera.

L’artigiano San Giuseppe è quindi il personaggio ideale tramite cui, senza alcuna distinzione di razza, di genere o di religione rendere omaggio alla classe operaia tutta. Quella classe operaia che, attraverso sforzi, lotte e sacrifici biblici, ha costruito gli strumenti, i mezzi e le condizioni per la realizzazione della nostra società civile con i suoi diritti e con i suoi doveri. Quella classe operaia che ha compiuto un vero e proprio miracolo, meritandosi a pieno diritto un posto in paradiso.

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/SaroLanucara” target=”on” ][/social_link] @SaroLanucara

[social_link type=”facebook” url=”https://www.facebook.com/antoniopronostico” target=”on” ][/social_link] Antonio Pronostico

I bambini non si toccano

giornata nazionale contro la pedofilia

Oggi, 5 maggio, è la Giornata nazionale per la lotta alla pedofilia. Si ha il dubbio che giornate come queste, ideate a scopo della cosiddetta “sensibilizzazione” (questa nasce con una legge, la n.41 del 2009, sotto il governo Berlusconi), servano a ben poco, se non quantomeno alle associazioni impegnate a vario titolo nelle diverse battaglie per promuovere il lavoro svolto. Che certo, poco non è. Soprattutto quando portato avanti in completa solitudine istituzionale.

Tuttavia, per altri temi, diventano un modo per pulirsi la coscienza e ricordarsi, aderendo celebrativamente alla Giornata (rigorosamente e solennemente scritta con la maiuscola), di essere persone (o istituzioni) che ripudiano e aborrono questo o quell’altro. Si guardano foto, si scuote la testa, magari con l’aggiunta di una smorfia empatica, qualche commento sugli orrori della nostra società e: fatto. Siamo contro.

Sul contrasto alla pedofilia però, ci sentiamo di aderire anche noi. I bambini non si toccano. Ed è responsabilità di ciascuno di noi che questo non avvenga. Certo, noi non li chiudiamo in una cantina, non li facciamo cucire palloni in cuoio perché le ditina sono più piccole e quindi più efficaci, non li facciamo sposare col collega di papà. E soprattutto non li facciamo diventare vittime o protagoniste di pedopornografia e cyberpornografia. Crimine o malattia, la condanna per quanto ci riguarda è senz’appello.

Sempre da Oriente a Occidente, la violenza può essere anche di tipo materiale, commerciale o economico se vogliamo: il lavoro minorile, se pagato mezzo dollaro o meno non fa differenza. Certo, non è pedofilia, ci mancherebbe. Ma è schiavitù. Schiavitù di coloro i quali non hanno armi per contrattare la propria dignità, difendere la propria identità, ancora così impegnata nell’arduo compito di formarsi. Secondo le stime dell’ultimo rapporto dell’Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro), nel mondo sono 215 milioni i bambini coinvolti nel lavoro minorile. 12 giugno infatti è stata istituita l’apposita Giornata mondiale contro il lavoro minorile. Così come il 20 novembre si celebra la Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (giorno in cui, nel 1989, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza).

Ma è violenza, anche, attribuire ai bambini un senso deviato della famiglia, tale da costringerli a imbracciare la pistola molto presto per difendere l’onore, e ancor prima magari a iniziare con qualche spaccio, qualche piccola rapina, qualche atto di bullismo. Avere la sopraffazione come valore ereditario, significa aver trasmesso un abuso.

Impedirgli il piacere, diritto e dovere della lettura, dell’apprendimento, della formazione, anche questa è sopraffazione – sul presente ma anche sul futuro: oggi gli si stanno sottraendo le armi per difendersi domani.

Per quanto riguarda i dati, qualora facessero una ben che minima differenza nella condanna della violazione, citiamo le parole del Telefono azzurro, più che mai esplicite della differenza fra le celebrazioni e le pratiche: «In Italia, purtroppo, non viene attuato un monitoraggio sistematico da parte di organi istituzionali che consenta di avere un quadro aggiornato, completo ed esaustivo della diffusione dell’abuso in danno di bambini e adolescenti. I dati a nostra disposizione non ci permettono di avere un quadro preciso del numero dei bambini maltrattati e abusati nel nostro Paese».

Garanzia Giovani, il caso Lazio

Marco Noccioli, direttore della Direzione Regionale Lavoro, e Pietro Orazio Ferlito, dirigente dell’area attuazione interventi del lavoro, raccontano il primo anno di Garanzia Giovani, il programma europeo per l’occupazione giovanile lanciato nel Maggio 2014.

Un anno di Garanzia Giovani. Com’è andata?

Noccioli: “ La riflessione è che c’è stato un grosso equivoco su questo programma, che dovrebbe aiutare chi ha smesso di cercare lavoro e non studia (i NEET) a migliorare la propria occupabilità: invece si sono infilati ragazzi che NEET non sono, mentre quelli che vivono veramente questa condizione non sono seguiti appropriatamente. Questo mi preoccupa: siamo stati coinvolti dai problemi burocratici e non abbiamo pensato a rendere fruibile questo percorso a chi ha più bisogno.”

Poco più della metà degli iscritti è stata effettivamente presa in carico nei Centri per l’impiego, stando ai dati nazionali. Perché?

Ferlito: “E’ importante capire che tutti gli Istituti e le Istituzioni coinvolti si sono sobbarcati Garanzia Giovani senza alcun aumento delle risorse organiche. L’impatto è stato fortissimo. Soprattutto per quanto riguarda i Cpi (centri per l’impiego), che non hanno i mezzi degli omologhi europei per gestire questa mole di lavoro”.

Noccioli: “Per quanto riguarda la Regione Lazio, ad ogni modo, i dati sono molto diversi, la discrepanza è più bassa: qui abbiamo perso circa 20.000 ragazzi tra la registrazione e la stipula del Patto di Servizio: alcuni non si sono presentati alla convocazione, per esempio. Il problema della presa in carico mi sembra sia stato circoscritto all’anno scorso, quando abbiamo aperto le iscrizioni: c’è stato un boom difficile da gestire. Ora il flusso è stato regolarizzato, e la procedura scorre senza intoppi. Sui Cpi vorrei aggiungere che continuano a svolgere le loro funzioni  nonostante la legge Del Rio sullo scioglimento delle Province – e quindi anche dei Cpi – non dia indicazioni fattibili riguardo al futuro di questi dipendenti. Sono lavoratori che, senza un giorno di sciopero, seguono Garanzia Giovani quando dal primo giugno saranno dipendenti pubblici senza un’Istituzione che gli garantisca lo stipendio”.

Entro 4 mesi dall’iscrizione l’Europa chiede di offrire al giovane delle opportunità concrete. Una scadenza stringente, viene rispettata?

Noccioli: “Innanzitutto noi abbiamo deciso che questo termine decorra dalla firma del Patto di Servizio, per fortuna. Se poi al giovane non viene proposto nulla, allora la procedura decade, non si resta appesi tutta la vita. Bisogna iscriversi nuovamente, perdendo però il punteggio di anzianità”.

Ci sono ragazzi che si iscrivono a Garanzia Giovani avendo già un’offerta di lavoro, trovata autonomamente o tramite interinali: la loro procedura scorre più velocemente di chi invece aspetta il suo turno e rischia di dover ricominciare da capo. Che ne pensate?

Noccioli: “E’ un compromesso: le aziende hanno l’esigenza di assumere velocemente la risorsa individuata anche fuori dal percorso di Garanzia Giovani e noi cerchiamo di non danneggiare il processo di assunzione del singolo, purché si abbia a tutela la firma del Patto di Servizio”.

Abbiamo detto, però, che il programma dovrebbe essere riservato ai NEET, che sono per definizione individui che hanno smesso di cercare lavoro, non ai giovani che autonomamente già lo hanno trovato.

Noccioli: “C’è da dire che per i NEET veri e propri bisogna fare un altro tipo di accompagnamento, forse non diretto all’assunzione immediata. Nel Lazio lo scorso anno sono stati registrati 9 milioni di posti di lavoro in più, anche occasionali: quindi il mercato del lavoro non è bloccato, solamente non passa attraverso i Centri per l’Impiego. Tramite Garanzia Giovani le imprese che aderiscono ricevono un bonus per l’assunzione: così abbiamo provato a far rientrare l’offerta di lavoro nei Cpi. Quindi nessuna petizione morale se l’azienda si prende un bonus per una risorsa che forse avrebbe impiegato comunque: è un altro compromesso accettato, che si somma agli sgravi fiscali del Jobs Act purché nei limiti dei minimis. Nel Lazio ad oggi sono stati elargiti solo 300 bonus: un fiasco, ma bisogna vedere come proseguirà ora che Garanzia Giovani sta iniziando ad entrare a pieno regime e le informazioni iniziano ad essere più chiare per tutti.

Molti tirocini altro non sono che offerte di lavoro alle quali i ragazzi si sono candidati autonomamente, salvo poi essere indotti all’iscrizione visto che con Garanzia Giovani il tirocinio viene pagato direttamente dallo Stato.

Noccioli: “Quando finirà Garanzia Giovani penso si debba fare una valutazione molto serena in tal senso: prima di questo programma, quanti tirocini avevamo attivato nel Lazio dal 2013? Circa 10.000. Nel 2016 quanti ne avremo fatti? Se superiamo questo numero – come le nostre stime suggeriscono – allora la misura avrà funzionato, altrimenti non ci sarà stato nessun miglioramento, solo un sussidio statale. Cito il 2013 perché in quell’anno abbiamo disciplinato la normativa dei tirocini, stabilendo una retribuzione minima di 400 € e il percorso formativo connesso. Abbiamo chiesto al Ministero, inoltre, che i tirocini attivati con Garanzia Giovani nella nostra Regione vengano retribuiti 500 € e ci aspettiamo una risposta positiva in tal senso.

Secondo la delibera regionale del Lazio, un tirocinio deve avere un percorso formativo. Così come non deve diventare una sostituzione per la cassa integrazione, malattie e ferie di altri dipendenti. Chi deve controllare che questi parametri vengano rispettati? Ci sono state denunce da parte dei tirocinanti?

Noccioli: “La Regione ha un compito di controllo e i tutor dei CPI o delle agenzie interinali che accompagnano il tirocinante devono svolgerlo per conto nostro, in maniera attiva e costante, così come sta scritto nelle convenzioni firmate dagli enti accreditati: per noi vale quella, e siamo disposti a farla rispettare anche facendo partire procedure di controllo interne.

Ci sono arrivate della mail anonime di tirocinanti insoddisfatti della loro condizione, ai quali vorrei dire di metterci in condizione di circoscrivere i fatti, in modo tale da poter intervenire: convocando le parti, mandando l’ispezione del lavoro. Le aziende che non rispettano le norme sui tirocini rischiano una multa fino a 8.000 €. Altra cosa che vorrei aggiungere: nessun ragazzo deve pagarsi l’assicurazione sanitaria, che è a carico dell’azienda. Mi rendo conto che per il ragazzo non è facile denunciare il proprio datore di lavoro, però è indispensabile la collaborazione. Dobbiamo dire chiaramente che questa è una fase iniziale sia per i tirocini che per le altre tipologie di contratto. Siamo presi da molte cose e non riusciamo, per esempio, a verificare l’aspetto della qualità delle proposte lavorative, che è un requisito presente negli indirizzi operativi ma che per ora rimane un tema aperto”.

A proposito dell’aspetto qualitativo, la Corte dei Conti Europea ha bacchettato la Commissione e i paesi membri sull’attuazione del progetto, mettendo in discussione anche le procedure tecniche e finanziarie degli stessi.

Ferlito: “Verissimo. Per questo la Commissione europea ha convocato i paesi membri a maggio per verificare le procedure di gestione, rendicontazione e controllo. L’Italia ha scelto di mandare in rappresentanza la nostra regione, e noi ci aspettiamo di fare bella figura”.

Noccioli: “Il punto è che abbiamo iniziato troppo presto. Questo programma era un impegno del governo Letta. Il governo Renzi ha deciso di rispettare questo impegno inaugurandolo il primo maggio 2014, in concomitanza con la festa dei lavoratori. A settembre il Ministero è andato letteralmente in tilt, i sistemi informatici non comunicavano, dovevamo mandare i documenti in forma cartacea. Ad un anno dall’attuazione, stiamo ricevendo ora le direttive per far partire tre delle nove misure del programma, ossia: l’autoimpiego, l’apprendistato e i tirocini extra territoriali. Un ritardo clamoroso. A gennaio ci è stato chiesto di cambiare i parametri della profilazione dei ragazzi, che sono quelli che delineano i profili di criticità d’inserimento al lavoro. Questo perché risultavano livelli di criticità troppo bassi e quindi gli stanziamenti economici preventivati sarebbero stati eccessivi. Invece di attaccare il problema alla radice, si è preferito optare per stravolgere la prassi burocratica. Il mio personale parere è che saremmo dovuti partire a gennaio 2015: dopodiché, è anche vero che in Italia finché non si parte, nessuno è realmente pronto”.

Cosa dite sui ritardi dei rimborsi dei tirocini? L’Inps dice che la prima trance per liquidare i rimborsi è arrivata solo a Gennaio.

Noccioli: “A luglio abbiamo chiesto al Ministero di girare i fondi destinati a tale scopo direttamente all’Inps. Il problema sta nel fatto che l’Europa non aveva mandato i fondi all’Italia per Garanzia Giovani, e quindi questi soldi li avrebbe dovuti anticipare il Ministero che non aveva disponibilità liquida. Da qui i ritardi. Quindi di chi è la colpa, del Ministero, della Regione o dell’Inps? L’unica cosa certa è che il sistema non funziona, e a farne le spese è il tirocinante”.

Ferlito: “D’altro canto, far pagare direttamente la Regione è impossibile. Ogni euro che entra nelle casse regionali deve andare per legge ai creditori. Mentre il modello Lombardia, che fa anticipare i soldi alle aziende, non ci ha mai convinti del tutto: è rischioso e presenta problematiche amministrative”.

Che giudizio date quindi al primo anno di Garanzia Giovani?

Noccioli: “Luci e ombre. Stendiamo un velo pietoso sul passato: fino a questo momento è stato uno scarico di responsabilità. Ora stanno arrivando le ultime misure che attendiamo, quindi sarà possibile iniziare a giudicare la Regione Lazio come organismo intermedio da adesso in poi”.

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/sinistra_europa” target=”on” ][/social_link] @sinistra_europa

[social_link type=”wordpress” url=”http://www.sinistraineuropa.it/” target=”on” ][/social_link] www.sinistraineuropa.it

#5Maggio in piazza contro la Buona scuola del governo Renzi

L’hanno già definito «il più grande sciopero di sempre». Un fiume di studenti e professori, genitori e semplici cittadini. Per difendere la scuola pubblica, la scuola che non vuole assoggettarsi alle regole del mercato e del decisionismo dell’uomo solo al comando. Il ddl 2994, alias della Buona scuola ha ottenuto il risultato di provocare una manifestazione dalla larghissima partecipazione, visto che tutte le sigle sindacali  hanno aderito, dalla cgil, Cisl e Ul ai Cobas, Unicobas, Snals e Gilda. Sette manifestazioni in tutta Italia. A Roma un corteo festoso ha attraversato la città. Piazza del Popolo gremitissima: «siamo in centomila», dicono gli organizzatori.

Foto di Enrica Birardi

Tra gli striscioni, quelli con il premier Renzi vestito da Napoleone, vista la data del 5 maggio, altri in cui si attacca il Pd, e poi: «Né abulici né violenti, solo rispetto per i docenti», «Riforma sì, ma non così», «La cultura non si vende». Applausi per il segretario della Fiom Landini tra la folla.

Foto di Enrica Birardi

Tra i primi commenti politici allo sciopero, quello del parlamentare Pd Pippo Civati, in piazza a Roma, secondo il quale «questo è uno sciopero non politico, perché la politica non rappresenta più nessuno, perché il Pd ha tradito i suoi impegni elettorali e ha fatto una riforma della scuola lontanissima dalla nostra cultura politica». Con lui anche Stefano Fassina, che ha subito anche una contestazione. Riferendosi ai presidi, l’esponente della minoranza Pd ha dichiarato: «la scuola non può essere una caserma con un capo che comanda».

#labuonascuola Il perché dello #scioperoscuola del #5maggio

perché gli insegnanti scioperano

Il ddl scuola, varato dal governo Renzi, sarà discusso alla Camera a partire dal 15 maggio,  il voto finale è previsto entro martedì 19. Quindi il provvedimento passerà al Senato. Oggi #5maggio nelle varie piazze d’Italia il mondo della scuola è in sciopero. Ecco i punti salienti del ddl che ha scatenato lo #scioperoscuola:

Il preside-sceriffo

L’ossessione del governo Renzi per il modello sindaco continua. L’art. 7 del ddl inserisce la figura del preside-sindaco o preside-sceriffo. In sostanza i presidi possono scegliere con chiamata diretta i docenti della scuola sugli albi regionali. Niente graduatorie, nessun punteggio, si viene scelti sulla base della convinzione del dirigente scolastico che il docente sia adatto alla scuola o meno. Il preside ha lo stesso potere assoluto quando si tratta di premiare i docenti.  Sul piano triennale dell’offerta formativa i suoi poteri invece sono stati “addolciti” con un emendamento in Commissione cultura e istruzione della Camera. Sarà il collegio dei docenti ad approvare il Pof, anche se su linee e indirizzi definiti dal dirigente scolastico.

Lavorare in più scuole molto distanti le une dalle altre

La chiamata diretta avviene sulla base di elenchi presenti in albi che possono avere anche una competenza territoriale molto ampia, decisa dall’Ufficio scolastico regionale sulla base anche della popolazione scolastica. I docenti quindi non possono più indicare lo loro preferenza sulla scuola in cui insegnare e potrebbero essere costretti a lavorare anche a molti chilometri da casa. È stato presentato un emendamento del Pd che verrà discusso nei prossimi giorni che mantenere la prerogativa del dirigente nella chiamata diretta, ma fa coincidere gli albi con reti di scuole in modo da ridurre la possibilità per i docenti di essere impiegati in scuole lontane le une dalle altre.

Formazione

Diventa obbligatoria, strutturale e permanente. Previste 50 ore l’anno da sovolgersi in orari extrascolastici e non retribuite.

Chi ha lavorato per più di 36 mesi rimarrà precario

È l’opposto di quanto era stato stabilito dalla sentenza di novembre scorso dalla Corte di Giustizia Europea da cui sono scaturite già alcune assunzioni nelle scuole.

A casa gli oltre 6mila precari che hanno vinto il concorso

Non è prevista l’assunzione degli oltre 6mila che hanno vinto il concorso del 2012 superando prove scritte e orali ma non hanno ottenuto la cattedra perché non esisteva un numero sufficiente di posti liberi.

166mila abilitati all’insegnamento esclusi  dalle graduatorie

Sono 166mila gli abilitati che hanno investito risorse per ottenere i titoli necessari ad avanzare nelle graduatorie. Le graduatorie sono però bloccate dal 2007, quindi non essendo iscritti nelle graduatorie provinciali ad esaurimento resteranno fuori dalle 100mila assunzioni programmate (fonte: Uil Scuola). «Stiamo elaborando emendamenti che risolveranno anche questa situazione» ha promesso il sottosegretario Davide Faraone in un’intervista rilasciata a La Stampa.

La delega al Governo

Nel ddl l’art.21 prevede una serie di deleghe in bianco al Governo. Approvato il ddl dal Parlamento sarà poi il governo a legiferare su semplificazione, compresa la possibilità di modificare il Testo Unico della Scuola, mettendo mano all’intero sistema scolastico senza ulteriori avalli del Parlamento.

Finanziamenti: 5 per mille e detrazioni fiscali per le private

Uno dei punti più contestati è quello della possibilità di devolvere il 5 per mille alle scuole. Le famiglie avranno la possibilità di destinarlo alle scuole dei propri figli, non alla scuola in generale. Aumenteranno così le disuguaglianze fra gli istituti poichè il fondo non sarà nazionale e non verrà ripartito a tutte le scuole. Prevista anche la detrazione fiscale a favore delle paritarie fino a 400 euro all’anno per le spese sostenute per le rette.

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/GioGolightly” target=”on” ][/social_link] @GioGolightly