Approvato il piano di riforme presentato dal governo greco ai ministri delle Finanze della zona euro che apre la strada all’estensione di quattro mesi del piano di bailout. Ecco l’infografica che riassume le proposte di riforma in 14 punti.
E’ sempre più urgente cambiare strada
Non serve uno Tsipras italiano, è sbagliato inseguire una storia diversa dalla propria: lo ha scritto un ventenne, Andreas Iacarella, nella lettera pubblicata su Left sabato scorso: una lettera molto bella. Se Vittorio Foa fosse ancora tra noi riconoscerebbe qualcosa di suo nell’invito a capire, a studiare, a riprendere tempo nei momenti della sconfitta, a studiare di nuovo la mossa del cavallo.
Questa lezione l’aveva imparata quando, nell’Italia fascista, aveva condiviso con altri giovani il fastidio verso gli «innocui democratici brontoloni, superati dal tempo che cammina» (frase attribuita a Leone Ginzburg). Il tempo cammina ancora ed è giusto fastidio quello di un ventenne che non ne può più di prediche e di guazzabugli ideologici di una sinistra che macina solo parole.
No, Andreas, non da Tsipras ci verrà la salvezza. Chi ha tentato alle elezioni europee di far tornate al voto un po’ di elettorato aggrappandosi a quel nome ha dovuto imparare che per una vera alternativa di sinistra ci vorrà pazienza. Oggi Alexis Tsipras è al governo di un popolo intero e conduce una bella e sacrosanta battaglia. In Italia invece va avanti un’ennesima rivoluzione passiva sotto il segno degli interessi del capitalismo finanziario e di un ceto politico-affaristico profondamente corrotto, con un governo che accumula consensi stravolgendo la Costituzione e premiando gli evasori in misura direttamente proporzionale all’ammontare dell’evasione, mentre il mondo dei giovani, lavoratori e studenti, è unito solo dal disastro del lavoro e della cultura. E’ proprio a questo Paese corrotto e devastato dalla speculazione che intanto la storia presenta il suo conto.
Con quest’anno 2015 si conclude il nostro ’900: un secolo che sembrò breve a Eric Hobsbawn solo perché lo misurò con dati eterogenei – la cesura storica iniziale della Grande Guerra e la cesura cronologica finale del 2000. Ma è oggi che si conclude il ’900 col tornare davanti a noi di una crisi generale simile a quella che fu avviata proprio in Libia dalle imprese del colonialismo straccione e feroce dell’Italietta. E bisognerà fare attenzione alla deriva bellica che ci minaccia per il fascino che la parola “guerra” riscuote in molti ambienti italiani non solo di destra. Dovremmo pur sapere che i disastri dell’oggi sono nati dalla sciagurata dottrina americana della “crociata contro il terrore”.
Una nuova guerra nostrana in Libia farebbe il paio con quella di cui una Germania egemonica ha creato le premesse al confine orientale d’Europa. Bisognerà tener fermo il rifiuto costituzionale della guerra come mezzo di soluzione delle controversie internazionali. E intanto è sempre più urgente cambiare strada rispetto alla non-politica mediterranea ed europea di un Paese che è per vocazione storica e dato di natura il cuore europeo del Mediterraneo – un mare diventato da anni un grande cimitero.
Qui decine di migliaia di vittime senza nome e senza sepoltura sono state lasciate affogare dalla criminale indifferenza del resto d’Europa e da governi leghisti e forzitalioti e piddini, mentre una serie di norme raffazzonate trasformavano la disperazione di masse di profughi e di rifugiati in reato penale e coprivano l’Italia intera di carceri improprie, mentre vecchie e nuove mafie si arricchivano coi fondi europei per l’immigrazione. Oggi dalle sponde africane ancora una volta, come ai primordi dell’umanità, è in atto una migrazione collettiva che assume di giorno in giorno dimensioni imponenti. E se i mezzi navali avessero seguito le regole dell’Operazione Triton, già domenica scorsa quelle duemila persone tratte in salvo sarebbero morte. Partiamo da qui.
Le cinque delle 20.00
Grecia, zona euro approva piano riforme Atene
I ministri delle Finanze della zona euro hanno approvato il piano di riforme proposto da Atene, che apre la strada all’estensione di quattro mesi del piano di bailout, decidendo di sottoporlo all’approvazione degli Stati membri, alcuni dei quali richiedono ratifiche parlamentari. Tuttavia “occorre sviluppare ulteriormente e ad ampliare la lista dei provvedimenti di riforma, sulla base dell’attuale accordo, in stretta collaborazione con le istituzioni al fine di consentire una conclusione rapida e positiva della revisione” è la nota dell’Eurogruppo, in cui si fa riferimento alla revisione che dovrebbe essere ultimata entro la fine di aprile.
CRONACA
Antimafia, la relazione: La ‘Ndrangheta domina al Nord
«Predominio al nord di organizzazioni criminali di origine calabrese a discapito di altre compagini associative, come quella di origine siciliana». Questo uno dei passaggi della relazione annuale della Dna per il 2014 presentata nella Sala degli atti parlamentari della biblioteca del Senato dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e dalla presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi. Nella relazione si sottolinea la necessità di inasprire le pene per i boss che reiterano i reati, e anche quella di sforzi maggiori contro la corruzione «mai combattuta veramente».
TAV
Vertice Renzi-Hollande, firmato accordo sulla Tav: «Tappa fondamentale»
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, oggi impegnato nel vertice intergovernativo Francia-Italia all’Eliseo ha sottolineato la Libia è una priorità per tutta l’Europa. In agenda, oltre alla situazione in Libia, anche il piano di aiuti alla Grecia, la lotta al terrorismo e la firma per l’avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della Tav Torino-Lione. Una firma definita da Renzi un «passaggio importante». Mentre Hollande ha dichiarato che ora «non c’è più nessun freno, nessun ostacolo» alla realizzazione della Tav.
PD
Sinistra unita, forse l’assemblea a marzo
Il via libera del Cdm al jobs act, con la decisione del governo di non tener presente i pareri delle Camere ha riaperto lo scontro nel partito di largo del Nazareno e portato alla riorganizzazione delle ali a sinistra. E mentre si studia un’iniziativa per pressare il governo su alcuni punti programmatici alla quale parteciperanno bersaniani, cuperliani, civatiani, ma anche una parte dell’area cattolica del Pd, con uno sguardo a Vendola e a Landini, a inizio marzo si terrà una nuova assemblea organizzata dalla minoranza. L’obiettivo dichiarato è quello di riunire la sinistra «pur stando dentro al Pd», spiegano fonti parlamentari.
MUSICA
Jovanotti, oggi il nuovo album “Lorenzo 2015 CC”, «Ma non chiamatelo disco»
Da oggi “Lorenzo 2015 CC” è disponibile da oggi in cd, doppio cd, triplo vinile, digital download e streaming online. Trenta tracce, tutte inedite, funk e dance, elettronica e pop, afro beat e soul. «Ha una forma reticolare, si può saltare da una parte all’altra, compilare come si vuole, questo gira attorno alla parola libertà perché concepito lontano da ogni tipo di condizionamento.
Il debutto di Preite: quando la musica arriva “per caso”
Classe ’85, cantautore. Paolo Preite lo è “da sempre”. Non c’è stato un momento in cui ha iniziato a scrivere canzoni ma un periodo in cui ha cominciato a pensare che poteva fare della musica l’attività principale della vita anche da adulto.
Come è arrivato l’album Don’t Stop Dreaming, in uscita a primavera?
Per caso, come spesso accade per le cose più belle della vita. Questo album è nato dalla mia folle idea di contattare e coinvolgere due grandi artisti americani: Fernando Saunders, bassista di Lou Reed e mio attuale produttore, e Kenny Aronoff, batterista di fama mondiale che ha lavorato, tra gli altri, con gli Smashing Pumpkins, Bob Dylan, i Rolling Stones, Vasco Rossi. Dopo cinque anni di duro lavoro e sacrifici, il disco è pronto e non vedo l’ora di tornare a suonare dal vivo: i miei ultimi concerti risalgono ad un anno fa. Un tour in Danimarca e un live al Circolo degli artisti a Roma.
Hai scelto di cantare in lingua inglese.
Cantare e scrivere in inglese perché ho una estrema passione per questa lingua, che coltivo quotidianamente; ma ciò non significa che in futuro non possa cantare anche in italiano o in altre lingue. Nell’album in uscita, ad esempio, c’è un brano in italiano, si chiama “Io re di me” e devo ammettere che sono molto soddisfatto e sorpreso per come è uscito.
Quali sono i musicisti ai quali ti ispiri?
Ho ascoltato tonnellate di musica sin da quando ero bambino. È impossibile fare un elenco degli artisti che ho nel mio background musicale, i primi dieci che mi vengono in men- te: Neil Young, i Queen, Bruce Springsteen, Bob Dylan, Van Morrison, i Beatles, Al Green, Bobby Womack, Lou Reed e Leonard Cohen. Com’è stato lavorare con Fernando Saunders e con Kenny Aronoff? È stata un’esperienza indescrivibile e che porterò sempre con me. Mi hanno trasmesso le basi per poter essere un buon songwriter. Avere i loro nomi in questo mio debutto discografico mi inorgoglisce moltissimo perché hanno contribuito a scrivere le più belle pagine della musica rock e pop internazionale. E poi nel disco hanno suonato altri musicisti professionisti provenienti da varie zone del mondo… È uno dei migliori risultati prodotti dalla globalizzazione, un melting pot musicale.
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Le cinque delle 13.00
Mattarella a Firenze alla scuola della magistratura di Scandicci
«Non siate né burocrati né protagonisti» ha ammonito il Presidente della Repubblica, aggiungendo che le sfide che attendono i magistrati italiani «sono più impegnative in un contesto di crescenti attese da parte dei cittadini, sempre più esigenti verso un servizio essenziale come la giustizia, chiamata a definire ogni giorno l’equilibrio tra diritti e doveri». Singolare la scelta dei mezzi di trasporto durante il viaggio in treno fino alla stazione del capoluogo toscano e poi in tram verso Scandicci, dove si è tenuta la cerimonia.
GRECIA
Presentato il piano di riforme all’Ue, la Commissione: «È un buon punto di partenza»
Il presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem ha confermato che: «I greci hanno presentato la lista delle misure ieri, tardi ma nei tempi». Il lavoro durerà quattro mesi, durante i quali la Grecia si impegnerà a ridurre i ministeri – da 16 a 10 – i consulenti e i benefit di ministri e parlamentari e avvierà una spending review in ogni area della spesa pubblica. In programma la revisione della spesa sanitaria, la riforma del sistema fiscale, l’estensione del salario minimo e l’estensione di buoni pasto-energia e sanità per i poveri. Per la Commissione Ue la lista è sufficientemente completa per essere un valido punto di partenza.
SINISTRA
Landini (Fiom): ho le mie idee, ma non farò un partito
Il numero uno dei metalmeccanici, in una intervista a ‘Otto e mezzo’ commenta le recenti notizie di stampa su una sua possibile discesa in politica e afferma: “Voglio continuare a fare il sindacalista”. Poi va all’attacco: “C’è un Parlamento eletto con una legge incostituzionale, un premier che non è stato eletto e che cancella lo Statuto dei lavoratori: a rischio tenuta democratica del Paese”.
POLITICA
Salvini si «incazza» con Tosi, sindaco di Verona
«Dobbiamo tutti lavorare a testa bassa, fare polemiche e mettere in discussione Zaia danneggiano la Lega e i cittadini Veneti» così il leader della Lega Matteo Salvini interviene in un’intervista a Rtl per frenare la faida padana tra il sindaco di Verona Flavio Tosi e il Governatore Luca Zaia in corsa per le elezioni regionali nella speranza di un rinnovo di mandato. Tra i due litiganti potrebbe guadagnarci la candidata Pd Alessandra Moretti che non partiva esattamente favorita dato che il Veneto è storicamente una regione ad egemonia leghista.
CRONACA
Gino Paoli si dimette da Presidente della Siae
Con una lettera presentata al consiglio di gestione in corso a Milano, Gino Paoli si è dimesso dalla presidenza della Siae: «Rassegno al presente Consiglio le mie dimissioni irrevocabili, con la certezza che la Siae saprà continuare la sua missione di tutela della creatività italiana. Sono certo dei miei comportamenti – scrive – e di non aver commesso reati. Voglio difendere la mia dignità di persona perbene».
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Che cosa dovrebbe muoverci all’azione politica?
Sono ormai settimane che ho smesso di seguire l’attualità italiana. I dibattiti sul presidente della Repubblica e le solite discussioni fra partiti e movimenti che ormai non rappresentano più la società mi hanno portato a staccare la spina per qualche settimana. Sullo sfondo un Paese sempre più disinteressato che si arrabatta e tira a campare, sempre più sfiduciato, sempre più cinico e disincantato.
Per questa ragione mi voglio concentrare su una questione che è passata di moda. Una questione però centrale per capire l’incapacità dei partiti progressisti di reagire intellettualmente, politicamente ed economicamente a politiche di austerità competitiva assurde e disfunzionali. Si tratta della questione del valore. Che cosa dovrebbe muoverci all’azione politica? Per quale ragione dovremmo rimettere completamente in gioco le nostre convinzioni, la nostra visione del mondo? Quale obiettivo dovrebbe farci agire collettivamente?
La questione del valore è completamente sparita dal dibattito politico italiano (in particolare a “sinistra”), e la sua elusione rende questo governo un ennesimo passaggio inutile verso un futuro disastroso. Renzi mi ricorda sempre più quelle marionette che tanto mi piacevano da bambino; fili che muovono una figura di legno giocosa in mille direzioni, una figura però che non può uscire da una scatola.
La questione del valore non si poneva in epoca fordista. Dal dopoguerra agli anni Settanta lo schema era semplice. L’uomo lavorava in fabbrica o nel pubblico impiego, la donna restava a casa a prendersi cura dei bambini e degli anziani, e tutti (o quasi) giovavano direttamente e indirettamente della crescita economica attraverso aumenti salariali negoziati dalle forze sindacali. Certo sotto la superficie consensuale del compromesso fordista, si celava la questione dell’uguaglianza di genere e del ruolo della donna; ma ogni famiglia poteva arrivare alla fine del mese contenta, magari risparmiando un gruzzoletto da investire nella casa al mare o nell’acquisto di una bella Fiat. E questi acquisti sostenevano a loro volta la crescita.
Con la crisi degli anni Settanta, la crescita stagnante e la fine di un mondo basato sulla produzione estensiva in fabbrica (quantomeno nel mondo occidentale) è però crollato, assieme al potere di acquisto degli operai, anche quello di contrattazione di sindacati e partiti socialdemocratici. Fino a quando gli operai sono stati centrali nel sistema di produzione industriale, i sindacati sono stati in posizione di contrattare buoni salari e contratti collettivi per tutti. Con la fine progressiva di quel mondo economico, le condizioni sono cambiate radicalmente, e in un’economia dominata dai servizi si è ridotto lo spazio per la contrattazione collettiva, perché il lavoratore non garantisce più incrementi costanti di produttività.
Guardatela schematicamente. L’operaio che lavora con macchine sempre più sofisticate riesce ad accrescere la sua produttività. Questa crescita della produttività produce un reddito maggiore fra gli operai, ma progressivamente genera la riduzione della manodopera necessaria per produrre un bene. E così chi prima lavorava in fabbrica inizia piano piano a spostarsi nell’economia dei servizi. Servizi di alto livello e ben remunerati per alcuni (pochi direi), servizi di basso livello per la maggioranza.
Prendete come esempio gli impiegati di un fast food o quelli di un call center. Certo si potranno rendere efficienti le tecniche di suddivisione del lavoro, ma c’è un numero massimo di hamburger da servire o di telefonate a cui rispondere in un’ora, oltre cui nessun lavoratore può andare. E allora colpo di scena, il neoliberismo si adatta perfettamente a questo schema, rimpiazza progressivamente il keynesianismo, il consumo continua, ma non più sulla base della crescita economica, ma piuttosto su quella del debito (quello dei cittadini in alcuni Paesi e quello dello Stato in altri). I redditi stagnanti guadagnati nei servizi vengono sussidiati dal debito per continuare a consumare e tenere in piedi la baracca (fino alla crisi del 2008, durante la quale questo schema salta).
Nel passaggio dal fordismo all’economia dei servizi, in tanti abbiamo perso di vista uno dei più grandi insegnamenti di Marx: non si può comprendere un sistema economico e mettere in azione una forza sociale contrapposta a quella dominante se non si definisce che cosa ha valore. Se non si definiscono le ragioni per le quali individui con storie di vita diverse dovrebbero farsi racconto collettivo. E così le élite dominanti (tanto di destra, quanto di “sinistra”) continuano a proporre politiche di austerità competitiva che non hanno più alcun senso in un contesto economico di crollo della domanda interna, e i sindacati si arroccano sulla difesa dei contratti e dei diritti dell’era industriale. Nel contempo il Paese “reale” sbuffa e soffre, con precari senza protezione alcuna dal rischio di disoccupazione, pensionati poveri che stentano ad arrivare a fine mese, migranti che sostengono settori economici al collasso lavorando per quindici euro al giorno e disoccupati sempre più coscienti del fatto che non troveranno mai un lavoro. E nessuno riesce a mobilitare questa forza sociale repressa, che tutti ci dicono essere “una classe troppo eterogenea” per essere rappresentata da un nuovo progetto progressista.
Eppure, questa “maggioranza invisibile” ha tutto l’interesse a lottare collettivamente per misure redistributive e universalistiche. Per questa ragione resto profondamente convinto, in direzione ostinata e contraria alla vulgata dominante ed egemonica, che questa maggioranza invisibile può essere rappresentata da un progetto politico e sociale capace di dare valore all’individuo e alle sue attività sociali al di fuori dell’economia formale. Per farlo serve unirsi sotto la bandiera dei diritti universali, superando l’idea che i diritti siano un “bene” solo per chi è impiegato nell’economia formale.
Dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che il genitore che si prende cura di suo figlio, l’anziano che racconta al nipote una storia, il migrante che lavora in nero hanno pari dignità del lavoratore con contratto a tempo indeterminato (ove questo ancora esista…). È solo ripartendo dall’universalismo e dalla questione del valore tanto a lungo ignorata che si può ridare forma all’idea progressista e collettiva, dando così rappresentazione sociale e politica alla maggioranza invisibile. È solo mettendo nel cassetto il keynesianismo, come una parentesi storica, che potremmo opporci al mantra neoliberista e andare al di là della società lavorista. è un passaggio complesso, molti “vecchi compagni” non lo capiranno, ma la maggioranza invisibile non ha altre strade da percorrere. Per fortuna, qualcuno in Europa pare averlo capito.
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Ben detto vecchio Kurt
Lo scrittore Kurt Vonnegut è il mio eroe culturale, e vorrei che lo fosse per tutti i lettori. Questo scintillante libretto – Quando siete felici, fateci caso (Minimum Fax) – ne è una prova. A metà tra Adorno e Woody Allen, tra critica della società e gusto della battuta.
A volte è puro cabaret, venato sempre da una saggezza filosofica o persino da un soffio metafisico-surreale: «Quando le cose vanno bene per diversi giorni di fila, è un incidente esilarante», o «Dobbiamo costantemente buttarci giù dagli strapiombi e farci crescere le ali mentre precipitiamo». Altre volte ci imbattiamo in una riflessione sulla nostra civiltà: ciò che è andato storto è che «troppe persone obbediscono al Codice di Hammurabi – occhio per occhio, dente per dente».
Ogni azione violenta celebra il Codice. Unico antidoto, per un laico non credente come Vonnegut, è il Discorso della Montagna di Gesù Cristo: «di regola io ne conosco una sola: bisogna essere buoni, cazzo». Il mondo contemporaneo, il progresso tecnologico non gli piace: «Non cercate di crearvi una famiglia allargata fatta di fantasmi trovati su Internet». Fino a sfiorare una visione apocalittica: «La buona terra – avremmo potuto salvarla, maledizione, ma siamo stati troppo avari e pigri».
Eppure Vonnegut non dispera mai, è troppo americano per indulgere al nichilismo o alla retorica del bel tempo passato. Riferendosi alle nuove generazioni così si esprime: «Non sono indifferenti, non sono apatici. Stanno solo portando avanti l’esperimento di fare a meno dell’odio». La sua è una filosofia stoicheggiante, che ci invita a concentrarci sul presente, dare valore a ciò che si ha, prestare attenzione alle piccole cose, insomma “ricordarsi di vivere”(per usare una espressione di Hadot).
Quando d’estate erano seduti all’ombra di un melo a bere limonata lo zio Alex diceva «Cosa c’è di più bello di questo?». Ecco, se non abbiamo esperienza di momenti di concreta felicità per quale motivo dovremmo opporci all’esistente e combattere il potere?




























