Bergoglio benedice la linea di Minniti e la tolleranza zero nei riguardi delle Ong colpevoli di «estremismo umanitario», ovvero di fare tutto il possibile per salvare vite umane. Di più: il papa raccomanda «prudenza» nell’accogliere migranti e rifugiati che scappano da guerre, devastazioni, carestie, epidemie... «Non si possono accogliere tutti». Ipse dixit. I giornali di destra esultano. La sinistra che non perde occasione di citare il papa aprirà gli occhi? La maschera è caduta. Bergoglio finalmente dice ciò che pensa e da sempre fa, in accordo con la legislazione vigente in Vaticano, blindatissimo rispetto a migranti e rifugiati. Ritroviamo in queste recenti esternazioni del pontefice in viaggio dalla Colombia quel tono tutt’altro che misericordioso che in passato gli abbiamo sentito usare in più occasioni. «Se uno mi offende la madre gli do un pugno» ebbe a dire nel gennaio del 2015 dopo la strage nella redazione di Charlie Hebdo. Puntando il dito contro gli evasori fiscali nel 2013 disse che andrebbero gettati in mare. Evocando l’immagine da brivido di quei voli della morte che negli anni 70 in Argentina furono usati dalla dittatura per far sparire nel nulla una intera generazione di giovani oppositori al regime di Videla. All’epoca Bergoglio era il capo dei gesuiti argentini. Ora quella storia agghiacciante, che speravamo di poterci lasciare definitivamente alle spalle, purtroppo, si riaffaccia. Il caso di Santiago Maldonado, attivista pro indios Mapuche è tragicamente emblematico: di lui non si sa più nulla dopo l’arresto avvenuto il primo agosto. Lo scrittore argentino Marcelo Figueras in queste pagine ricostruisce questo nuovo caso di desaparición che getta inquietanti ombre sulla amministrazione Macri. Il presidente dell’Argentina ha demonizzato i Mapuche, colpevoli di rivendicare le proprie terre che oggi fanno gola a grandi gruppi commerciali. Milagro Sala intanto è ingiustamente detenuta ormai da quasi due anni e il caso di Santiago non è l’unico. L’atlante della nuova desaparición è vasta: comprende l’Argentina, il Messico, l’Egitto e oltre. Appare subito evidente se si mettono insieme le denunce di Amnesty international e quelle di altre organizzazioni che lottano per i diritti umani. La sparizione forzata di Maldonado denunciata su Left anche da Estela Carlotto, presidente delle Abuelas di Plaza de Majo trova analogie in Egitto, dove spariscono tre persone al giorno. Ed è “svanito” dal web il sito che di giorno in giorno tracciava il quadro delle sparizioni di Stato. Anche Giulio Regeni è stato desaparecido prima che ne venisse ritrovato il cadavere. Il governo di Al-Sisi non ha fornito informazioni necessarie a fare giustizia. Nonostante ciò il ministro Minniti, lo stesso del codice di comportamento delle Ong, ha deciso di rimandare al Cairo l’ambasciatore italiano. E qui torniamo all’inizio. Il cerchio drammaticamente si chiude nel Mediterraneo dove non si contano nemmeno più i migranti che sono desaparecidos. Annegati in mare, dispersi nel Sahara, inghiottiti dai lager libici, dove i diritti umani non hanno alcuna cittadinanza, come hanno documentato gli attivisti di Medici senza frontiere. Illuminanti, nelle pagine che seguono, sono le parole di Enrico Calamai, l’ex diplomatico dell’Ambasciata italiana a Buenos Aires che riuscì a far fuggire in Italia 412 persone e che oggi si batte per ottenere verità e la giustizia per i nuovi desaparecidos nel Mediterraneo. La dittatura civico militare argentina non si accontentava di torturare e uccidere, ma puntava a far sparire la persona; il corpo doveva scomparire e così la memoria dei giovani oppositori, come se non fossero mai esistiti. Allo stesso modo i nazisti, con la soluzione finale, avrebbero voluto cancellare l’esistenza degli ebrei dalla storia. «Far sparire significa la non esistenza. Viene agita una violenza che è più forte di quella fisica», dice lo psichiatra Andrea Masini in questo nuovo numero di Left. Per capire quel che accadde e quel che sta accadendo occorrono lenti nuove. [su_divider text="In edicola " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

L'editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola

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Bergoglio benedice la linea di Minniti e la tolleranza zero nei riguardi delle Ong colpevoli di «estremismo umanitario», ovvero di fare tutto il possibile per salvare vite umane. Di più: il papa raccomanda «prudenza» nell’accogliere migranti e rifugiati che scappano da guerre, devastazioni, carestie, epidemie… «Non si possono accogliere tutti». Ipse dixit. I giornali di destra esultano. La sinistra che non perde occasione di citare il papa aprirà gli occhi? La maschera è caduta. Bergoglio finalmente dice ciò che pensa e da sempre fa, in accordo con la legislazione vigente in Vaticano, blindatissimo rispetto a migranti e rifugiati. Ritroviamo in queste recenti esternazioni del pontefice in viaggio dalla Colombia quel tono tutt’altro che misericordioso che in passato gli abbiamo sentito usare in più occasioni. «Se uno mi offende la madre gli do un pugno» ebbe a dire nel gennaio del 2015 dopo la strage nella redazione di Charlie Hebdo. Puntando il dito contro gli evasori fiscali nel 2013 disse che andrebbero gettati in mare. Evocando l’immagine da brivido di quei voli della morte che negli anni 70 in Argentina furono usati dalla dittatura per far sparire nel nulla una intera generazione di giovani oppositori al regime di Videla. All’epoca Bergoglio era il capo dei gesuiti argentini.

Ora quella storia agghiacciante, che speravamo di poterci lasciare definitivamente alle spalle, purtroppo, si riaffaccia. Il caso di Santiago Maldonado, attivista pro indios Mapuche è tragicamente emblematico: di lui non si sa più nulla dopo l’arresto avvenuto il primo agosto. Lo scrittore argentino Marcelo Figueras in queste pagine ricostruisce questo nuovo caso di desaparición che getta inquietanti ombre sulla amministrazione Macri. Il presidente dell’Argentina ha demonizzato i Mapuche, colpevoli di rivendicare le proprie terre che oggi fanno gola a grandi gruppi commerciali. Milagro Sala intanto è ingiustamente detenuta ormai da quasi due anni e il caso di Santiago non è l’unico. L’atlante della nuova desaparición è vasta: comprende l’Argentina, il Messico, l’Egitto e oltre. Appare subito evidente se si mettono insieme le denunce di Amnesty international e quelle di altre organizzazioni che lottano per i diritti umani. La sparizione forzata di Maldonado denunciata su Left anche da Estela Carlotto, presidente delle Abuelas di Plaza de Majo trova analogie in Egitto, dove spariscono tre persone al giorno. Ed è “svanito” dal web il sito che di giorno in giorno tracciava il quadro delle sparizioni di Stato. Anche Giulio Regeni è stato desaparecido prima che ne venisse ritrovato il cadavere. Il governo di Al-Sisi non ha fornito informazioni necessarie a fare giustizia. Nonostante ciò il ministro Minniti, lo stesso del codice di comportamento delle Ong, ha deciso di rimandare al Cairo l’ambasciatore italiano. E qui torniamo all’inizio. Il cerchio drammaticamente si chiude nel Mediterraneo dove non si contano nemmeno più i migranti che sono desaparecidos. Annegati in mare, dispersi nel Sahara, inghiottiti dai lager libici, dove i diritti umani non hanno alcuna cittadinanza, come hanno documentato gli attivisti di Medici senza frontiere.

Illuminanti, nelle pagine che seguono, sono le parole di Enrico Calamai, l’ex diplomatico dell’Ambasciata italiana a Buenos Aires che riuscì a far fuggire in Italia 412 persone e che oggi si batte per ottenere verità e la giustizia per i nuovi desaparecidos nel Mediterraneo. La dittatura civico militare argentina non si accontentava di torturare e uccidere, ma puntava a far sparire la persona; il corpo doveva scomparire e così la memoria dei giovani oppositori, come se non fossero mai esistiti. Allo stesso modo i nazisti, con la soluzione finale, avrebbero voluto cancellare l’esistenza degli ebrei dalla storia. «Far sparire significa la non esistenza. Viene agita una violenza che è più forte di quella fisica», dice lo psichiatra Andrea Masini in questo nuovo numero di Left. Per capire quel che accadde e quel che sta accadendo occorrono lenti nuove.

L’editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola


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